Immediatamente dopo la conclusione delle ultime iniziative di lotta
contro il progetto Dal Molin, la caserma Ederle e le servitù
militari Usa nel territorio berico, sono giunte tramite la stampa le
dichiarazioni del commissario straordinario nominato dal governo, Paolo
Costa, e del questore della città Dario Rotondi.
L'eurodeputato Costa, che quando era sindaco di Venezia volle varare il
contestato progetto del Mose, ha da parte sua delineato la posizione
politica e persino etica del governo: «Sono in discussione due
categorie di valori. Il primo è quello, legittimo, della pace.
Il secondo è dato dal rispetto formale e sostanziale delle
nostre leggi, dei principi democratici che non possono essere giocati
in alternativa alle ragioni del pacifismo, le quali devono essere
canalizzate verso i luoghi decisionali deputati a compiere le scelte,
ovvero governo e Parlamento».
In altre parole: essere per la pace è legittimo, opporsi
concretamente alla guerra invece no, in quanto viola la legalità.
Ed ha aggiunto che «Su questo bisogna essere fermissimi».
A sostegno di tale indirizzo ha citato, a sproposito, Gandhi, ma ha
ulteriormente ribadito che «non devo convincere nessuno
perché la decisione è stata presa. Ma ricordo che l'uso
di strumenti diversi da quelli che ho indicato pone un problema di
democrazia e di illegalità».
La pratica non-violenta gandhiana, come tutti sanno, comprendeva anche
boicottaggi, non collaborazione attiva e persino il sabotaggio; ma
evidentemente Costa fa finta di ignorarlo e insiste sul fatto che
«se i dissensi si trasformano in atti non legati, di rifiuto, di
insubordinazione, di non rispetto, si rischia la democrazia».
Quindi ha tentato di dividere i cittadini di Vicenza dai
«professionisti delle contestazioni» sostenendo anche che
«la credibilità dell'opposizione sia molto più
modesta quando ci troviamo di fronte gente già vista come i
No-Tav o i No-Mose (…) Non c'è solo un movimento
vicentino. Mi pongo il problema se espressioni o persone che vengono
dall'esterno appartengano o meno alla democrazia (…) È la
maturità di una comunità che impedisce di fare delle cose
nell'illegalità. Anche su questo sono in gioco i fondamenti
della democrazia e della convivenza civile. Stiamo correndo qualche
rischio, ma se dovessimo cadere in situazioni di illegalità,
sarebbe una sconfitta per tutta la comunità vicentina».
Per cercare di assolvere al suo, improbabile, ruolo di mediazione ha
pure lanciato un appello ai vicentini: «Mi aiutino a trasformare
questa cosa nel modo migliore possibile». Ma rispetto al ricorso
del Codacons al Tar contro il progetto, ha avvisato che: «Il Dal
Molin è un'opera di difesa nazionale. Lo stabiliscono le leggi
in materia di Patti Atlantici. E se qualcuno la pensa in modo diverso
può rivolgersi alla magistratura. Ma dal '54 in poi, in
centinaia di casi, la legge è stata interpretata sempre in
questo senso».
Così, se qualche cittadino nutriva ancora delle illusioni
legalitarie, di certo adesso saprà che per far valere la sua
contrarietà non gli rimane che l'azione diretta.
Ben misere peraltro le trasformazioni urbanistiche prospettate da
Costa: «Non posso entrare nel dettaglio perché da luglio
è in corso il bando per la scelta del soggetto che dovrà
fare il progetto e realizzarlo. Abbiamo fatto i sopralluoghi. Faremo le
bonifiche su tutta l'area. È in corso un percorso autorizzativo,
la valutazione d'impatto ambientale. Ne discuteremo con la Commissione
mista paritetica regionale (…) Abbiamo inserito due emendamenti
al bando. Il primo prevede per il progetto l'individuazione alternativa
degli edifici sia ad est che ad ovest della pista, mentre l'ipotesi
originaria riguardava solo la collocazione ad est. Il secondo
emendamento riguarda il posizionamento dell'ingresso a nord
anziché a sud, in modo da interferire di meno con la
viabilità cittadina».
«Mi auguro - ha continuato Costa - che la bonifica del Dal Molin
possa essere effettuata senza invasioni o altre azioni illegali da
parte di contestatori: sarà un banco di prova della
maturità della comunità vicentina».
Riguardo poi le conseguenze devastanti relative all'impatto della base,
ha quindi raggiunto il ridicolo: «Sono paure legittime ma io sono
qui per far valere il diritto alla compensazione: sono qui per
occuparmi di mitigazioni e risarcimenti, ma posso dire che il Dal Molin
sarà semplicemente un luogo di ricreazione per i soldati
americani, un progetto molto meno spaventoso di quanto si creda».
In perfetta sintonia col commissario del governo, lo stesso giorno si
sono aggiunte le dichiarazioni del questore, accusato da destra di
essere stato troppo tollerante: «Per quello che mi compete la
base americana si deve fare perché così ha stabilito il
Governo della Repubblica Italiana, questo adesso è l'obiettivo
da raggiungere. Non credo che chiederò scusa a qualcuno se
cercherò di farlo impiegando la forza soltanto se e quando essa
sarà assolutamente indispensabile, nei limiti stretti previsti
dall'ordinamento. Ma non possono esserci dubbi che le "ruspe",
così si dice oggi, dovranno passare».
Più chiari di così non potevano essere, altrettanto
chiara la responsabilità politica e morale che si stanno
assumendo.
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