Umanità Nova, n.30 del 30 settembre 2007, anno 87

Vicenza. Il commissario e il questore


Immediatamente dopo la conclusione delle ultime iniziative di lotta contro il progetto Dal Molin, la caserma Ederle e le servitù militari Usa nel territorio berico, sono giunte tramite la stampa le dichiarazioni del commissario straordinario nominato dal governo, Paolo Costa, e del questore della città Dario Rotondi.
L'eurodeputato Costa, che quando era sindaco di Venezia volle varare il contestato progetto del Mose, ha da parte sua delineato la posizione politica e persino etica del governo: «Sono in discussione due categorie di valori. Il primo è quello, legittimo, della pace. Il secondo è dato dal rispetto formale e sostanziale delle nostre leggi, dei principi democratici che non possono essere giocati in alternativa alle ragioni del pacifismo, le quali devono essere canalizzate verso i luoghi decisionali deputati a compiere le scelte, ovvero governo e Parlamento».
In altre parole: essere per la pace è legittimo, opporsi concretamente alla guerra invece no, in quanto viola la legalità.
Ed ha aggiunto che «Su questo bisogna essere fermissimi».
A sostegno di tale indirizzo ha citato, a sproposito, Gandhi, ma ha ulteriormente ribadito che «non devo convincere nessuno perché la decisione è stata presa. Ma ricordo che l'uso di strumenti diversi da quelli che ho indicato pone un problema di democrazia e di illegalità».
La pratica non-violenta gandhiana, come tutti sanno, comprendeva anche boicottaggi, non collaborazione attiva e persino il sabotaggio; ma evidentemente Costa fa finta di ignorarlo e insiste sul fatto che «se i dissensi si trasformano in atti non legati, di rifiuto, di insubordinazione, di non rispetto, si rischia la democrazia».
Quindi ha tentato di dividere i cittadini di Vicenza dai «professionisti delle contestazioni» sostenendo anche che «la credibilità dell'opposizione sia molto più modesta quando ci troviamo di fronte gente già vista come i No-Tav o i No-Mose (…) Non c'è solo un movimento vicentino. Mi pongo il problema se espressioni o persone che vengono dall'esterno appartengano o meno alla democrazia (…) È la maturità di una comunità che impedisce di fare delle cose nell'illegalità. Anche su questo sono in gioco i fondamenti della democrazia e della convivenza civile. Stiamo correndo qualche rischio, ma se dovessimo cadere in situazioni di illegalità, sarebbe una sconfitta per tutta la comunità vicentina».
Per cercare di assolvere al suo, improbabile, ruolo di mediazione ha pure lanciato un appello ai vicentini: «Mi aiutino a trasformare questa cosa nel modo migliore possibile». Ma rispetto al ricorso del Codacons al Tar contro il progetto, ha avvisato che: «Il Dal Molin è un'opera di difesa nazionale. Lo stabiliscono le leggi in materia di Patti Atlantici. E se qualcuno la pensa in modo diverso può rivolgersi alla magistratura. Ma dal '54 in poi, in centinaia di casi, la legge è stata interpretata sempre in questo senso».
Così, se qualche cittadino nutriva ancora delle illusioni legalitarie, di certo adesso saprà che per far valere la sua contrarietà non gli rimane che l'azione diretta.
Ben misere peraltro le trasformazioni urbanistiche prospettate da Costa: «Non posso entrare nel dettaglio perché da luglio è in corso il bando per la scelta del soggetto che dovrà fare il progetto e realizzarlo. Abbiamo fatto i sopralluoghi. Faremo le bonifiche su tutta l'area. È in corso un percorso autorizzativo, la valutazione d'impatto ambientale. Ne discuteremo con la Commissione mista paritetica regionale (…) Abbiamo inserito due emendamenti al bando. Il primo prevede per il progetto l'individuazione alternativa degli edifici sia ad est che ad ovest della pista, mentre l'ipotesi originaria riguardava solo la collocazione ad est. Il secondo emendamento riguarda il posizionamento dell'ingresso a nord anziché a sud, in modo da interferire di meno con la viabilità cittadina».
«Mi auguro - ha continuato Costa - che la bonifica del Dal Molin possa essere effettuata senza invasioni o altre azioni illegali da parte di contestatori: sarà un banco di prova della maturità della comunità vicentina».
Riguardo poi le conseguenze devastanti relative all'impatto della base, ha quindi raggiunto il ridicolo: «Sono paure legittime ma io sono qui per far valere il diritto alla compensazione: sono qui per occuparmi di mitigazioni e risarcimenti, ma posso dire che il Dal Molin sarà semplicemente un luogo di ricreazione per i soldati americani, un progetto molto meno spaventoso di quanto si creda».
In perfetta sintonia col commissario del governo, lo stesso giorno si sono aggiunte le dichiarazioni del questore, accusato da destra di essere stato troppo tollerante: «Per quello che mi compete la base americana si deve fare perché così ha stabilito il Governo della Repubblica Italiana, questo adesso è l'obiettivo da raggiungere. Non credo che chiederò scusa a qualcuno se cercherò di farlo impiegando la forza soltanto se e quando essa sarà assolutamente indispensabile, nei limiti stretti previsti dall'ordinamento. Ma non possono esserci dubbi che le "ruspe", così si dice oggi, dovranno passare».
Più chiari di così non potevano essere, altrettanto chiara la responsabilità politica e morale che si stanno assumendo.

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