Umanità Nova, n.30 del 30 settembre 2007, anno 87

Aviano. Una strage scampata


Un F16 decollato dalla base di Aviano, precipitando, ha sfiorato le abitazioni di Fusine e Soramaè, piccole frazioni di Zoldo Alto, in provincia di Belluno, per poi disintegrarsi nelle vicinanze, sotto gli occhi sbalorditi di diversi testimoni.
Dai giornali apprendiamo che fino al termine delle operazioni, condotte dall'aeronautica americana, di recupero dei pezzi del caccia e della successiva bonifica, un'area di 150 metri di diametro attorno al punto di impatto sarà considerata "zona rossa"; non solo, tutti gli interessati e i testimoni sono stati intimati al silenzio, gli sono stati sequestrati oggetti e vestiario ed ancora s'è venuti a sapere che una certa quantità di idrazina (tossica e cancerogena) è fuoriuscita dopo l'impatto. Per ora l'ASL competente dichiara che i prelievi hanno dato esito negativo.
Il 3 febbraio 1998, un aereo militare partito sempre dalla base di Aviano tranciò il cavo della funivia del Cermis, in Val di Fiemme e provoco la morte di 20 persone.
Quanti ricordano del Cermis gli esiti post strage? L'assoluzione dei responsabili da parte del tribunale militare USA, lo scatto di grado militare per tutti i diretti interessati a pochi anni dalla tragedia e il risarcimento per "danno d'immagine" che gli stessi hanno preteso verso molti quotidiani nazionali italiani che "mal" parlarono di loro?
La cronologia dei fatti pur nella sua sinteticità racchiude in se quella sorta di spietata etica che sostanzia il militarismo nella sua universale applicazione: violenza, assassinio e impunità.
Chi credeva, e tutt'ora s'indigna, che all'Italia fosse stata scippata la possibilità di rendere giustizia alle vittime di allora, dopo il diritto di prelazione statunitense, dovrebbe rassegnarsi all'idea che i tribunali militari, in quanto tali, non saranno mai disposti ad abiurare il proprio assunto gerarchico, equiparando civili e militari. La gerarchia va sempre riaffermata e basta riferirsi all'aeronautica italiana e alla sciagura di Casalecchio sul Reno per appurarlo, anche allora la sentenza fu una sola e cioè "tutti assolti". In realtà la finta indignazione del governo e dei suoi rappresentati (centrosinistra), dopo che il processo si spostò in America, altro non mascherò che un alleviamento di responsabilità, ben sapendo che l'esito del processo italiano avrebbe avuto la stessa assoluzione ed una indignazione vera e maggiore presso la popolazione.
È importante sottolineare il difetto d'interpretazione, anche presso il movimento pacifista, che spesso accompagna il dibattito sulle basi USA/NATO e sulla giurisdizione connessa.
Le basi, tutte le basi, sono italiane e ospitano sotto varia veste altri paesi o coalizioni, implicando quindi una responsabilità in primis italiana. Il Cermis doveva prevedere una forte mobilitazione contro i vertici militari italiani e il colonnello di stanza ad Aviano, così come per il processo intentato contro gli Stati Uniti per la presenza sul suolo italiano di ordigni nucleari (in violazione del trattato di non proliferazione sottoscritto anche dall'Italia), pur rimettendo la questione al centro dell'interesse generale, si sbaglia obiettivo: a essere imputato dovrebbe essere lo stato italiano.
I costi che siamo costretti a pagare per subire la presenza sul nostro territorio di strutture militari come quella di Aviano, che è diventata la più importante base nucleare d'Europa, è lì a ricordarci il rapporto di sudditanza dell'Italia alla politica estera degli Stati Uniti.
I rischi per le popolazioni dovuti alle esercitazioni giornaliere degli aerei che decollano e che inquinano l'aria, la terra, violentando le nostre vite con il loro rumore assordante, lo sversamento di carburante e bromacile nelle falde acquifere, lo stravolgimento viario e urbanistico presso i paesi contermini, sono solo l'aspetto locale di queste basi.
A Vicenza la popolazione è riuscita a mettere in campo un'importante resistenza civile contro l'apertura della nuova base militare Dal Molin ed è oggi un punto di riferimento a cui rifarsi per allargare l'opposizione e irrobustirne il consenso, come sta succedendo a Novara contro la produzione di F-35 made in Italy e in Sardegna contro la presenza diffusa della marina statunitense.
La permanenza e peggio l'incremento di basi militari nei nostri territori va rimessa al centro di un opposizione determinata e allo stesso tempo aggiornata, che sappia coinvolgere la popolazione nella difesa d'interessi concreti come la salute e l'ambiente, che sappia svelare questi interessi come parziali obiettivi di un più ampio disegno che riguarda tutta l'umanità.
Un disegno globale di affrancamento dalla violenza costante degli eserciti, degli stati e del capitale che si servono del network di basi sparse sul globo per bombardare, occupare e saccheggiare ovunque, opponendo apparenti interessi occidentali a popolazioni povere e incivili e bisognose di democrazia e libertà confezionata.
Un'opposizione aggiornata perché riesca a porre nella lotta concrete idee di conversione dal militare al civile di queste strutture, in una progettualità che pone le comunità interessate attrici di questa riappropriazione collettiva di vaste aree di territorio da bonificare e diversificare nella loro utilità sociale, fungendo da deterrenti delle possibili speculazioni capitalistiche e statuali a cui altrimenti ambirebbero le solite autorità preposte. In quest'ottica esistono esperienze positive da Vieques al Giappone e ancora alla vicina Germania, si tratta di coglierne il nesso in un percorso di lotta globale nel senso e locale nell'azione diretta.

Comitato Unitario contro Aviano 2000


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