Un F16 decollato dalla base di Aviano, precipitando, ha sfiorato le
abitazioni di Fusine e Soramaè, piccole frazioni di Zoldo Alto,
in provincia di Belluno, per poi disintegrarsi nelle vicinanze, sotto
gli occhi sbalorditi di diversi testimoni.
Dai giornali apprendiamo che fino al termine delle operazioni, condotte
dall'aeronautica americana, di recupero dei pezzi del caccia e della
successiva bonifica, un'area di 150 metri di diametro attorno al punto
di impatto sarà considerata "zona rossa"; non solo, tutti gli
interessati e i testimoni sono stati intimati al silenzio, gli sono
stati sequestrati oggetti e vestiario ed ancora s'è venuti a
sapere che una certa quantità di idrazina (tossica e
cancerogena) è fuoriuscita dopo l'impatto. Per ora l'ASL
competente dichiara che i prelievi hanno dato esito negativo.
Il 3 febbraio 1998, un aereo militare partito sempre dalla base di
Aviano tranciò il cavo della funivia del Cermis, in Val di
Fiemme e provoco la morte di 20 persone.
Quanti ricordano del Cermis gli esiti post strage? L'assoluzione dei
responsabili da parte del tribunale militare USA, lo scatto di grado
militare per tutti i diretti interessati a pochi anni dalla tragedia e
il risarcimento per "danno d'immagine" che gli stessi hanno preteso
verso molti quotidiani nazionali italiani che "mal" parlarono di loro?
La cronologia dei fatti pur nella sua sinteticità racchiude in
se quella sorta di spietata etica che sostanzia il militarismo nella
sua universale applicazione: violenza, assassinio e impunità.
Chi credeva, e tutt'ora s'indigna, che all'Italia fosse stata scippata
la possibilità di rendere giustizia alle vittime di allora, dopo
il diritto di prelazione statunitense, dovrebbe rassegnarsi all'idea
che i tribunali militari, in quanto tali, non saranno mai disposti ad
abiurare il proprio assunto gerarchico, equiparando civili e militari.
La gerarchia va sempre riaffermata e basta riferirsi all'aeronautica
italiana e alla sciagura di Casalecchio sul Reno per appurarlo, anche
allora la sentenza fu una sola e cioè "tutti assolti". In
realtà la finta indignazione del governo e dei suoi
rappresentati (centrosinistra), dopo che il processo si spostò
in America, altro non mascherò che un alleviamento di
responsabilità, ben sapendo che l'esito del processo italiano
avrebbe avuto la stessa assoluzione ed una indignazione vera e maggiore
presso la popolazione.
È importante sottolineare il difetto d'interpretazione, anche
presso il movimento pacifista, che spesso accompagna il dibattito sulle
basi USA/NATO e sulla giurisdizione connessa.
Le basi, tutte le basi, sono italiane e ospitano sotto varia veste
altri paesi o coalizioni, implicando quindi una responsabilità
in primis italiana. Il Cermis doveva prevedere una forte mobilitazione
contro i vertici militari italiani e il colonnello di stanza ad Aviano,
così come per il processo intentato contro gli Stati Uniti per
la presenza sul suolo italiano di ordigni nucleari (in violazione del
trattato di non proliferazione sottoscritto anche dall'Italia), pur
rimettendo la questione al centro dell'interesse generale, si sbaglia
obiettivo: a essere imputato dovrebbe essere lo stato italiano.
I costi che siamo costretti a pagare per subire la presenza sul nostro
territorio di strutture militari come quella di Aviano, che è
diventata la più importante base nucleare d'Europa, è
lì a ricordarci il rapporto di sudditanza dell'Italia alla
politica estera degli Stati Uniti.
I rischi per le popolazioni dovuti alle esercitazioni giornaliere degli
aerei che decollano e che inquinano l'aria, la terra, violentando le
nostre vite con il loro rumore assordante, lo sversamento di carburante
e bromacile nelle falde acquifere, lo stravolgimento viario e
urbanistico presso i paesi contermini, sono solo l'aspetto locale di
queste basi.
A Vicenza la popolazione è riuscita a mettere in campo
un'importante resistenza civile contro l'apertura della nuova base
militare Dal Molin ed è oggi un punto di riferimento a cui
rifarsi per allargare l'opposizione e irrobustirne il consenso, come
sta succedendo a Novara contro la produzione di F-35 made in Italy e in
Sardegna contro la presenza diffusa della marina statunitense.
La permanenza e peggio l'incremento di basi militari nei nostri
territori va rimessa al centro di un opposizione determinata e allo
stesso tempo aggiornata, che sappia coinvolgere la popolazione nella
difesa d'interessi concreti come la salute e l'ambiente, che sappia
svelare questi interessi come parziali obiettivi di un più ampio
disegno che riguarda tutta l'umanità.
Un disegno globale di affrancamento dalla violenza costante degli
eserciti, degli stati e del capitale che si servono del network di basi
sparse sul globo per bombardare, occupare e saccheggiare ovunque,
opponendo apparenti interessi occidentali a popolazioni povere e
incivili e bisognose di democrazia e libertà confezionata.
Un'opposizione aggiornata perché riesca a porre nella lotta
concrete idee di conversione dal militare al civile di queste
strutture, in una progettualità che pone le comunità
interessate attrici di questa riappropriazione collettiva di vaste aree
di territorio da bonificare e diversificare nella loro utilità
sociale, fungendo da deterrenti delle possibili speculazioni
capitalistiche e statuali a cui altrimenti ambirebbero le solite
autorità preposte. In quest'ottica esistono esperienze positive
da Vieques al Giappone e ancora alla vicina Germania, si tratta di
coglierne il nesso in un percorso di lotta globale nel senso e locale
nell'azione diretta.
Comitato Unitario contro Aviano 2000