Negli scorsi giorni il buon popolo è stato informato del fatto
che la maggioranza di governo ha visto una ricomposizione fra
riformisti – nel senso delle riforme al contrario – e
radicali – nel senso degli amanti del radicchio - e che da questo
clima rasserenato è sortita una legge finanziaria volta al
risarcimento sociale.
Essendo noi notoriamente maliziosi, riteniamo opportuno fare una
sintetica valutazione su chi è stato risarcito e in che misura.
Naturalmente il soggetto che ha ottenuto di più è stato
il padronato che godrà di ulteriori sgravi fiscali. A questo
proposito il buon Eugenio Scalfari, in una poderosa articolessa
recentemente apparsa su “La Repubblica”, ha rilevato che
sicuramente il padronato non si mostrerà grato sebbene abbia
ottenuto più di quanto il governo tedesco abbia dato ai
“suoi” imprenditori. È, in questo caso, buon
profeta. I nostri imprenditori, infatti, sono cultori del chiagni e
fotti e lo praticano, questo dobbiamo riconoscerlo, sia con i governi
di destra che con quelli di sinistra.
Fatto il proprio dovere nei confronti delle imprese, il governo ha
fatto una, modesta, concessione ai proprietari della propria casa e, in
misura minore, agli inquilini. Una risposta evidente alla rivolta anti
fiscale che unifica tutti i ceti sociali.
Sempre per quanto riguarda le imprese, non vanno dimenticati gli investimenti in grandi opere ed appalti.
Una qualche concessione viene fatta ai detentori di redditi minimi, una
vasta area che comprende, vista la struttura della macchina fiscale, un
blocco indistinto di poveri veri e falsi che vanno dai pensionati
sociali agli evasori.
Tanto per venire incontro ai supporter di Beppe Grillo, si provvede ad
un taglio della spesa per il ceto politico presumibilmente per un
miliardo di euro.
Anche ad una prima lettura, appare chiaro che il governo ha scelto di
accontentare, in qualche misura, tutti con l'effetto che, soprattutto
per quanto riguarderà i redditi medio bassi, le modifiche
saranno più simboliche che sostanziali.
Vale la pena di rilevare che resta sostanzialmente esclusa da questa
pioggia di benefit proprio la working class, in quanto tale, che,
almeno a quanto ci dicono, è l'area sociale di riferimento di
PRC, PdCI, SD e Verdi.
Infatti, per quanto riguarda i lavoratori del settore pubblico le
risorse per i contratti sono modestissime e i tagli dell'organico
proseguono nei ministeri, nella scuola ecc. e, per quanto riguarda
tutti è evidente che il reddito di un operaio o di un impiegato
lo colloca fuori dalla fascia che ottiene miglioramenti effettivi.
Una spiegazione di questo mistero è comunque possibile. Il
governo ha scelto di privilegiare, per un verso, i cittadini intesi
come massa indifferenziata mediante una, modestissima, riduzione della
pressione fiscale e, per l'altro, i settori più deboli che,
almeno nei loro calcoli, potrebbero apprezzare anche le cifre irrisorie
che otterranno dalla manovra.
Un misto, insomma, di populismo e di cittadinismo che, a loro avviso, potrebbe permettere di recuperare consenso con poca spesa.
I quattro nani, che sono, nonostante le sparate “radicali”,
personcine ragionevoli, hanno evidentemente deciso di abbozzare
mantenendo aperto il confronto sulle misure su welfare, pensioni
ecc… D'altro canto, viste le premesse, possiamo ritenere che
anche su questi fronti cercheranno un qualche compromesso.
Fra l'altro, il 20 ottobre, sebbene nel frattempo si siano ridotti a
due, cercheranno di segnare un punto con la manifestazione indetta da
tempo, e passata la sfilata e la successiva gita a Trastevere,
cercheranno di agire compattamente.
Intanto, nonostante tutto ciò, qualcosa sta succedendo.
CGIL-CISL-UIL hanno indetto un referendum sugli accordi di luglio, un
bizzarro referendum al quale si vota anche nei mercati e senza
documenti e nel quale il computo dei voti si fa nelle sedi sindacali.
È, però, un fatto, che le assemblee che si stanno tenendo
sono un'occasione di discussione e di confronto e che molti lavoratori
manifestano il loro disagio al punto che Guglielmo Epifani parla di
antipolitica nelle fabbriche e di rischio di una caduta del governo se
il referendum andrà, cosa implausibile viste le modalità
di gestione, male per loro.
Lo sciopero indetto unitariamente dal sindacalismo di base per il 9
novembre sarà un'altra occasione di verifica della
disponibilità alla mobilitazione dei lavoratori e, in qualche
misura, dello stato di crisi interno alla CGIL. Se, infatti,
sciopereranno in misura consistente delegati ed iscritti ai sindacati
concertativi si determinerà una situazione interessante.
Cosimo Scarinzi