Il governo iracheno ha, prevedibilmente, deciso di non intraprendere
alcuna azione giudiziaria nei confronti della società privata
statunitense Blackwater Security Consulting, i cui agenti il 16
settembre hanno ucciso 11 persone (dieci civili e un agente) e ferite
altre 13, almeno sino a quando non sarà conclusa l'inchiesta
congiunta avviata con i militari Usa.
Il primo ministro Nuri al-Maliki aveva minacciato di congelare
l'attività della Blackwater, incaricata tra l'altro della
vigilanza all'ambasciata Usa a Baghdad dove era avvenuta la strage, e
perseguire i mercenari per quello che aveva definito "una lampante
aggressione". L'indiscriminata sparatoria nella zona occidentale della
capitale aveva infatti sollevato la rabbia popolare contro le migliaia
di guardie private presenti nel paese, ormai a tutti gli effetti un
esercito privato, che godono di totale impunità in base
all'Ordine n. 17 diffuso dall'Autorità provvisoria della
coalizione dopo l'invasione del 2003; impunità garantita anche
dal Pentagono che si è più volte rifiutato di applicare
il codice militare alla security privata di aziende come la Blackwater,
la DynCorp International o la Triple Canopy, ossia le tre principali
società cui la difesa Usa ha appaltato buona parte
dell'occupazione militare.
Poco dopo l'eccidio, Maliki aveva protestato e chiesto all'ambasciata
Usa di non utilizzare più la Blackwater, avvertendo che non
avrebbe più permesso che degli iracheni venissero uccisi a
sangue freddo. Ma dopo che il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice
ha promesso una piena revisione delle procedure e dei comportamenti
delle attività di sicurezza americane, i funzionari iracheni
hanno servilmente finito per far proprie le parole della Rice
sull'importante ruolo svolto dalle guardie private in Iraq, la cui
presenza stimata oscilla tra le 25 mila e le 50 mila unità.
Facile quindi prevedere che, dopo una dovuta sospensione della licenza
(che secondo alcune fonti non esiste neppure), una compiacente
inchiesta "aperta e trasparente" e una formale revisione dei contratti,
la Blackwater continuerà a svolgere la propria attività
senza eccessivi problemi, nonostante che risulti coinvolta in almeno 8
gravi episodi di violenza, sia perché i suoi uomini sono
direttamente assoldati dal Dipartimento di Stato sia perché il
governo statunitense sta programmando un parziale ritiro delle truppe
Usa progressivamente sostituite da contractor, chiamati a svolgere
anche ruoli combattenti di prima linea.
D'altronde è risaputo che la Blackwater, la maggiore delle
compagnie militari private, gode di forti coperture: il suo fondatore,
Erik Prince, è un donatore storico del partito repubblicano (ha
contribuito con 276mila dollari in 17 anni), ed è stato
ampiamente ricompensato da quando Bush è al potere. Per quanto
riguarda l'ammontare dei suoi contratti iracheni si parla di 300
milioni di dollari e "The New York Times" ha ribadito, il 18 settembre,
che "La Blackwater svolge un ruolo centrale nelle operazioni Usa in
Iraq".
La prima volta che la presenza e l'operato della Blackwater vennero a
conoscenza dell'opinione pubblica internazionale fu quando, il 31 marzo
2004, quattro suoi contractor furono linciati, bruciati e appesi a un
ponte dalla folla inferocita di Falluja, la città ribelle
sunnita, poi spietatamente distrutta dalle forze Usa.
Due anni dopo, i familiari dei quattro contractor uccisi fecero causa
alla Blackwater, accusando la compagnia privata di aver mandato i suoi
dipendenti allo sbaraglio, su veicoli non blindati, in una zona dove il
rischio era altissimo. E l'avrebbe fatto non per incompetenza, ma al
fine di risparmiare fino a 1,5 milioni di dollari (1,2 milioni di euro)
sui costi, nel tentativo di lucrare sui bilanci dichiarati al
dipartimento della Difesa.
In seguito a varie inchieste giornalistiche, si apprese anche che la
Blackwater aveva assunto a buon prezzo (3-4 mila dollari al mese,
contro gli 8-10 mila degli specialisti anglo-americani) centinaia di
mercenari appartenenti ad altre agenzie cilene, quali la Red Tactica e
il Grupo Tactico, costituiti da veterani dei famigerati reparti
speciali di Santiago; secondo fonti dell'Onu, che a riguardo
aprì anche un'indagine, risultavano esserci circa 1.200 fra ex
soldati e ex poliziotti del regime di Pinochet tra i contractor in Iraq.
Specialisti indubbi di operazioni umanitarie.
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