Umanità Nova, n.31 del 7 ottobre 2007, anno 87

Iraq. Chi nuota nell'acqua sporca



Il governo iracheno ha, prevedibilmente, deciso di non intraprendere alcuna azione giudiziaria nei confronti della società privata statunitense Blackwater Security Consulting, i cui agenti il 16 settembre hanno ucciso 11 persone (dieci civili e un agente) e ferite altre 13, almeno sino a quando non sarà conclusa l'inchiesta congiunta avviata con i militari Usa.
Il primo ministro Nuri al-Maliki aveva minacciato di congelare l'attività della Blackwater, incaricata tra l'altro della vigilanza all'ambasciata Usa a Baghdad dove era avvenuta la strage, e perseguire i mercenari per quello che aveva definito "una lampante aggressione". L'indiscriminata sparatoria nella zona occidentale della capitale aveva infatti sollevato la rabbia popolare contro le migliaia di guardie private presenti nel paese, ormai a tutti gli effetti un esercito privato, che godono di totale impunità in base all'Ordine n. 17 diffuso dall'Autorità provvisoria della coalizione dopo l'invasione del 2003; impunità garantita anche dal Pentagono che si è più volte rifiutato di applicare il codice militare alla security privata di aziende come la Blackwater, la DynCorp International o la Triple Canopy, ossia le tre principali società cui la difesa Usa ha appaltato buona parte dell'occupazione militare.
Poco dopo l'eccidio, Maliki aveva protestato e chiesto all'ambasciata Usa di non utilizzare più la Blackwater, avvertendo che non avrebbe più permesso che degli iracheni venissero uccisi a sangue freddo. Ma dopo che il segretario di Stato Usa Condoleezza Rice ha promesso una piena revisione delle procedure e dei comportamenti delle attività di sicurezza americane, i funzionari iracheni hanno servilmente finito per far proprie le parole della Rice sull'importante ruolo svolto dalle guardie private in Iraq, la cui presenza stimata oscilla tra le 25 mila e le 50 mila unità.
Facile quindi prevedere che, dopo una dovuta sospensione della licenza (che secondo alcune fonti non esiste neppure), una compiacente inchiesta "aperta e trasparente" e una formale revisione dei contratti, la Blackwater continuerà a svolgere la propria attività senza eccessivi problemi, nonostante che risulti coinvolta in almeno 8 gravi episodi di violenza, sia perché i suoi uomini sono direttamente assoldati dal Dipartimento di Stato sia perché il governo statunitense sta programmando un parziale ritiro delle truppe Usa progressivamente sostituite da contractor, chiamati a svolgere anche ruoli combattenti di prima linea.
D'altronde è risaputo che la Blackwater, la maggiore delle compagnie militari private, gode di forti coperture: il suo fondatore, Erik Prince, è un donatore storico del partito repubblicano (ha contribuito con 276mila dollari in 17 anni), ed è stato ampiamente ricompensato da quando Bush è al potere. Per quanto riguarda l'ammontare dei suoi contratti iracheni si parla di 300 milioni di dollari e "The New York Times" ha ribadito, il 18 settembre, che "La Blackwater svolge un ruolo centrale nelle operazioni Usa in Iraq".
La prima volta che la presenza e l'operato della Blackwater vennero a conoscenza dell'opinione pubblica internazionale fu quando, il 31 marzo 2004, quattro suoi contractor furono linciati, bruciati e appesi a un ponte dalla folla inferocita di Falluja, la città ribelle sunnita, poi spietatamente distrutta dalle forze Usa.
Due anni dopo, i familiari dei quattro contractor uccisi fecero causa alla Blackwater, accusando la compagnia privata di aver mandato i suoi dipendenti allo sbaraglio, su veicoli non blindati, in una zona dove il rischio era altissimo. E l'avrebbe fatto non per incompetenza, ma al fine di risparmiare fino a 1,5 milioni di dollari (1,2 milioni di euro) sui costi, nel tentativo di lucrare sui bilanci dichiarati al dipartimento della Difesa.
In seguito a varie inchieste giornalistiche, si apprese anche che la Blackwater aveva assunto a buon prezzo (3-4 mila dollari al mese, contro gli 8-10 mila degli specialisti anglo-americani) centinaia di mercenari appartenenti ad altre agenzie cilene, quali la Red Tactica e il Grupo Tactico, costituiti da veterani dei famigerati reparti speciali di Santiago; secondo fonti dell'Onu, che a riguardo aprì anche un'indagine, risultavano esserci circa 1.200 fra ex soldati e ex poliziotti del regime di Pinochet tra i contractor in Iraq.
Specialisti indubbi di operazioni umanitarie.

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