Umanità Nova, n.32 del 14 ottobre 2007, anno 87

Crisi sociale. Tra tensioni dal basso e conflitti interni alle élite



Come è noto, un segno certo di crisi sociale è l'intrecciarsi di tensioni dal basso e di conflitti interni alle élite dominanti. Infatti, se è vero che le classi dominanti tendono a fare blocco a fronte di rivendicazioni radicali di quelle subalterne, è altrettanto vero che il conflitto di classe accentua le difficoltà dei gruppi dominanti a far funzionare ordinatamente la macchina del dominio.
In situazioni del genere, le iniziative del blocco dominante o di sue frazioni particolari possono determinare contraccolpi imprevisti e nocive agli stessi che le promuovono.
Se, come nella situazione presente, si intreccia una forte tensione antifiscale che unifica, in qualche modo lavoro autonomo, lavoro dipendente e lo stesso sistema delle imprese con una domanda di salario e di reddito da parte del lavoro dipendente, se la classe politica è caduta nel discredito generale e si mostra incapace, in una qualche misura, di mediare le pressioni contrastanti che subisce e le sue stesse lacerazioni interne, se lo stesso, più robusto, apparato sindacale deve fare i conti con una serie di pressioni sul fronte salariale è evidente che siamo in una classica situazione di crisi.
Naturalmente crisi non vuol dire affatto che si diano meccanicamente possibilità di sviluppo di conflitto aperto, al contrario è assolutamente possibile che se ne esca mediante una qualche razionalizzazione del dominio a scapito delle sue frazioni meno adeguate alla fase che attraversiamo ma è altrettanto evidente che le fasi di crisi aprono prospettive interessanti alla critica radicale dell'esistente.
Può essere interessante, in fasi come l'attuale, ragionare sui controfuochi che frazioni dell'élite possono attivare.
Abbiamo, nel periodo passato, assistito a varie ed interessanti operazioni.
- l'indizione da parte della sinistra della maggioranza di una manifestazione a favore e contro il governo per il 20 ottobre. Un caso di manifestazione schizofrenica come raramente se ne sono viste;
- l'adozione di misure blandamente, assai blandamente, antifiscali in finanziaria da parte del governo intrecciate a qualche operazione di moralizzazione della classe politica;
- la richiesta, da parte della confindustria, di tagliare le tasse sui salari in modo da ridurre la pressione dei lavoratori sulle imprese;
- l'indizione, miracolo della democrazia reale, da parte di CGIL-CISL-UIL sugli accordi presi a luglio con il governo.
È, insomma, evidente, lo sforzo di dare sfogo, in direzione democratica, alla tensione che sale dal basso. Una presa di posizione, un voto, una promessa, uno schiaffo ed una carezza non si negano a nessuno.
D'altro canto, piaccia o meno a lor signori, milioni di lavoratori e diverse importanti categorie sono in attesa della chiusura di contratti importanti e la questione è assolutamente centrale in questo periodo.
CGIL-CISL-UIL hanno, di conseguenza, deciso, almeno nel settore del pubblico impiego e della scuola, di mostrare la faccia feroce e, visto che la contrattazione non si chiudeva, di chiamare i lavoratori allo sciopero.
È interessante rilevare che l'indizione di sciopero per il pubblico impiego era per venerdì 26 ottobre e, per la scuola, per sabato 27 ottobre. Non si è, di conseguenza, nemmeno ipotizzata l'unificazione dei lavoratori e si è corteggiata una dimensione corporativa che i sindacati istituzionali denunciano con forza quando settori di lavoratori entrano in lotta sfuggendo al loro controllo. Per di più, indire lo sciopero della scuola il sabato significa, in partenza, coinvolgere circa la metà del personale.
Insomma, un'indizione di sciopero meramente formale che tale si è compiutamente dimostrata con la firma di un contratto della scuola. Lo sciopero della scuola di CGIL-CISL-UIL è, a questo punto scomparso nei cieli d'Albania.
Si tratterà ora di entrare nel merito di un contratto che non recupera l'inflazione e non garantisce, non è una novità, nemmeno il recupero dell'inflazione mentre, e questa è una parziale novità, non copre nemmeno gli arretrati normalmente previsti dai contratti.
Questo a livello categoriale mentre è aperta la vertenza generale su salari, pensioni, welfare.
Vedremo nei fatti se i controfuochi che i diversi soggetti istituzionali hanno messo in campo funzioneranno o saranno, come a volte capita, fonte di estensione dell'incendio.

Cosimo Scarinzi

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti