La notizia era cominciata a girare, seppure sottovoce, su alcuni
giornali nello scorso luglio, eppure a tutt'oggi nel sito web del
ministero della Difesa, non ve ne è ancora una seria conferma.
Da tale sito, è pur vero, si apprende che tra le operazioni
all'estero in corso vi è quella in Iraq "con il Deputy Commander
della NTM-I, il generale di divisione Alessandro Pompegnani, e un team
impiegato prevalentemente nell'ambito del Joint Staff College, ove sono
in corso di svolgimento corsi per Senior Staff Officer e per Junior
Staff Office"; ma da tale vaga descrizione non si può certo
comprendere a cosa esattamente ci si riferisce.
In realtà si tratta di una missione Nato, iniziata nel 2004, per
l'addestramento e l'assistenza alle forze militari e di sicurezza
irachene, a cui da settembre partecipano 41 carabinieri. Lo stato
italiano, infatti, ricopre un ruolo di primo piano nell'Accademia
istituita dalla Nato a Rustamyah, nei pressi di Baghdad, e con la legge
38 approvata dal Parlamento il 29 marzo scorso ha finanziato la
missione con oltre 10 milioni di euro.
Compito dei carabinieri-addestratori selezionare e istruire in due anni
8 battaglioni, di 400 agenti iracheni ciascuno, alle tecniche
antisommossa e antiguerriglia e anti-terrorismo. Il personale iracheno
a sua volta svolgerà compiti di istruttore per altre 6 brigate
(24 battaglioni) che rappresenteranno l'elite della Iraqi National
Police.
Nonostante le rassicuranti dichiarazioni ufficiali, si tratterà
di costituire reparti simili come struttura e formazione alle
unità Msu (Multinational Specialized Unit) che l'Arma dei
carabinieri ha creato dieci anni or sono per l'impiego nei Balcani in
ambito Nato e che hanno operato anche in Iraq durante l'operazione
Antica Babilonia.
Gli istruttori italiani distaccati a Camp Dublin, una base Usa situata
nei pressi dell'aeroporto di Baghdad, proverranno quindi in gran parte
dalla Seconda Brigata Mobile, la grande unità dei carabinieri
per le operazioni all'estero con comando a Livorno e composta dai
reggimenti 13° e 7° di Laives (Bz) e Gorizia e dalle forze
d'élite del reggimento paracadutisti Tuscania, mentre per le
specializzazioni più tecniche potrebbero essere impiegati in
Iraq anche istruttori del Gis.
In realtà, questa missione si ricollega a quella
d'addestramento, conclusasi il 2 febbraio 2007, realizzata a Baghdad da
un team denominato MALT (Military Advise & Liaison Team) con
compiti di affiancamento, tutoring e mentoring del personale dell'Iraqi
Base Defense Unit; inoltre, tutt'ora, opera, presso il ministero della
difesa iracheno, un ufficiale della marina militare italiana quale
consulente del comandante delle forze navali irachene.
Continua così, con il silenzio imbarazzato e colpevole dei
partiti di sinistra, la politica interventista italiana in Iraq dopo
che il governo Prodi si era vantato d'averla conclusa.
Ma se tutto appare rimosso attorno alla missione di guerra in Iraq, la
strage di Nassiriya rimane una questione aperta, anche se l'inchiesta
della procura di Roma è destinata all'archiviazione, dopo
l'impiccagione avvenuta il 13 settembre dell'unico indagato, Abu Omar
Al Kurdi. Resta aperta, infatti, l'inchiesta avviata dalla magistratura
militare e, proprio negli ultimi giorni di settembre, ancora una volta
in un silenzio pressoché totale dell'informazione ufficiale,
è stato reso noto che i familiari degli italiani, militari e
civili, morti nell'attentato contro la base Maestrale, così come
alcuni dei feriti, sono stati ammessi come parti civili nel
procedimento penale a carico contro tre alti gradi dell'esercito e dei
carabinieri, incriminati per "omissione aggravata di provvedimento per
la difesa militare", responsabilità ben più grave di
quella imputata a quanti non vollero associarsi alla retorica
militarista del lutto nazionale, così come accaduto al romano
Salvatore Vampo condannato a sette mesi di reclusione e diecimila euro
di multa, per i reati di vilipendio del tricolore e resistenza a
pubblico ufficiale commessi in occasione dei funerali di stato.
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