A parte i soliti fanatici marxisti-leninisti irriducibilmente fedeli al
motto infantile "i nemici dei miei nemici sono i miei amici" che si
sono scoperti dalla parte dei militari birmani appena questi sono stati
criticati moderatamente dal Governo USA, proprio nei giorni in cui
venivano scatenate la violenza e la repressione a Rangoon e nelle altre
principali città del paese, la giunta birmana ha trovato altri
amici in Italia: i torturatori del lager di San Patrignano. Sul suo
sito e attraverso un comunicato-stampa, la Comunità di San
Patrignano ha invitato a non demonizzare il governo birmano ed ha
elogiato la dittatura del Myanmar per i risultati ottenuti contro il
traffico di droga. Negli ultimi anni, le coltivazioni di oppio
sarebbero infatti diminuite dell'80%, grazie anche ai finanziamenti
delle Nazioni Unite.
I metodi e i risultati della Junta birmana nella lotta al narcotraffico
sono stati così efficacemente riassunti dal sito droghe.aduc.it:
"- sospetti narcotrafficanti torturati e uccisi dagli agenti antinarcotici;
- il Governo lascia che alcuni capi del narcotraffico continuino a
produrre oppio in cambio di un loro aiuto a reprimere la resistenza;
- eradicazione selettiva, ovvero eradicazione esclusiva dei coltivatori
nelle zone in cui operano organizzazioni antigovernative;
- campi espropriati a contadini ora coltivati da ex ufficiali dell'esercito;
- su 22 cittadine dichiarate "liberate da oppio" da Governo e Unodc
(l'agenzia Onu sulledroghe), almeno 11 continuano a coltivarlo;
- se una città viene liberata dall'oppio, le altre vicine cominciano a produrre lontano dagli occhi dell'Unodc;
- esodo di massa di contadini dalle aree che rientrano nel progetto
delle Nazioni Unite sulle colture alternative a causa dell'imposizione
di tasse troppo alte (The Transnational Institute). Secondo l'Onu ed il
Governo Usa, sarebbero un milioni i rifugiati nei Paesi limitrofi e
all'interno del Paese;
- il Myanmar ha il più alto numero di bambini soldati al mondo (Rapporto Onu);
- I bambini soldato partono dall'età di 11 anni (Human Rights Watch);
- Il 20 percento dell'esercito è composto di minori (Coalition to Stop the Use of Child Soldiers);
- uso militare della violenza sessuale su donne e bambini come strumento di repressione;
- la produzione di metanfetamine, prodotte in laboratori nascosti, continua a crescere;
- per tre anni consecutivi, la Casa Bianca giudica gli sforzi antidroga
della dittatura di Burma "dimostrabilmente falliti", e definisce il
Paese uno dei maggiori centri del narcotraffico al mondo;
- lo stesso programma dell'Unodc che oggi finanzia le colture
alternative in Myanmar, ha finanziato per anni la dittatura talebana in
Afganistan (oggi il primo produttore di oppio al mondo);
- servizi segreti militari coinvolti nel narcotraffico;
- arresti e tortura dei familiari dei contadini per "incoraggiarli" a scegliere colture alternative all'oppio;
- arresto di giovani donne che hanno denunciato violenze sessuali dei soldati".
È comprensibile che i metodi del regime birmano (che ogni anno
celebra con un grande falò di sostanze sequestrate e parate
militari il suo impegno contro il narcotraffico) piacciano a quelli di
San Patrignano. In fin dei conti, la storia della comunità
"terapeutica" fondata da Vincenzo Muccioli è la storia delle
torture, delle botte, degli stupri, dei metodi più crudeli di
lavaggio del cervello e di privazione della dignità umana di cui
hanno dato testimonianza decine di inchieste giornalistiche e
giudiziarie.
Nel nome della guerra alla droga ogni crudeltà può essere
giustificata. Il 26 giugno scorso, in occasione della celebrazione
della Giornata Internazionale contro le Droghe, la Rete asiatica contro
la Pena di Morte (ADPAN), membro di Amnesty International, ha espresso
la sua crescente preoccupazione per il fatto che in vari Paesi di Asia
e Oceania, la pena di morte venga comminata più per reati legati
alla droga che per altri delitti, quando la tendenza mondiale è
di limitare la pena capitale. Sono 16 i Paesi dell'Asia e del Pacifico
che applicano la pena di morte per reati di traffico e possesso di
droghe e non esistono peraltro prove convincenti che questi metodi
abbiano prodotto un calo nel consumo e nel traffico di stupefacenti. In
Cina, per esempio, le cifre della polizia mostrano che il numero di
consumatori è aumentato del 35% tra il 2000 e il 2005. In
Vietnam, la BBC ha citato un funzionario, il quale ha dichiarato che,
nel 2005, la quantità di droga sequestrata dai servizi doganali
è aumentata del 400% sul 2004, malgrado l'uso della pena di
morte.
Poiché in molti Paesi dell'Asia la pena capitale è
circondata dal segreto, non si può sapere esattamente quante
siano le condanne eseguite per reati legati alla droga, ma numerosi
rapporti dimostrerebbero che nei Paesi del Sudest Asiatico come
Indonesia, Malaysia, Singapore, Thailandia e Vietnam, la maggioranza
dei casi di pena di morte sono legati alla droga. Inoltre, nel Brunei,
in India, Laos, Thailandia, Corea del Nord, Singapore e Malaysia, la
pena capitale è obbligatoria per alcuni reati di droga,
ciò che impedisce ai giudici di tener conto delle circostanze
attenuanti. Addirittura Malaysia, Cina e Singapore, non applicano la
presunzione d'innocenza ai reati legati alla droga, bensì la
presunzione di colpevolezza. In Cina, le autorità negli ultimi
anni hanno approfittato della Giornata Internazionale contro le Droghe
per realizzare un gran numero di esecuzioni. Tra il 13 e il 26 giugno
del 2006, Amnesty International ne ha registrate 55 per reati di droga.
Tutto questo avviene nella più totale indifferenza dei governi
del cosiddetto Occidente che quando parla di esportazione dei diritti
umani, intende dire bombardamenti e tappeto e invasioni militari. Solo
pochi mesi fa, al termine di una visita di tre giorni in Iran, Antonio
Maria Costa, direttore dell'Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga
e il Crimine (Unodc), ha riempito di apprezzamenti il Governo di quel
Paese (dove coloro che sono accusati di traffico di droga vengono
impiccati pubblicamente nelle piazze) proprio per l'impegno nella lotta
al narcotraffico. D'altra parte anche in Italia, con la Legge Fini
attualmente in vigore la pena da 6 a 20 anni (che può essere
ridotta a da uno a 6 anni se il giudice a propria totale discrezione
stabilisce che si tratta di "fatti di lieve entità") per la
detenzione di tutte le droghe proibite supera quelle previste dal
Codice Penale per reati come il tentato omicidio, lo stupro e le
lesioni gravissime...
robertino