Umanità Nova, n.33 del 21 ottobre 2007, anno 87

Nuovi partiti, nuove liste. Mescolate le carte, non cambia il gioco


Due recenti circostanze hanno indotto chi scrive queste brevi note a riconsiderare il talento trasformistico di Fregoli e a ridimensionarne la portata in rapporto alle qualità dei suoi odierni epigoni. La prima è la ripresa frequentazione (non cercata, ma imposta da motivi sindacali) del milieu di Rifondazione Comunista, la seconda è un manifesto di una non precisata rete di discepoli di Beppe Grillo tesa alla costituzione di una altrettanto non precisata lista civica.
Nel primo caso ho scoperto con un certo stupore e con un discreto ritardo (cerco di astrarmi dalle vicende della politica così come da quelle calcistiche), nell'ordine: il mitico Ferrando (quando mai Savona produrrà personaggi men che straordinari?) con i suoi discepoli, essere uscito da RC e aver fondato un altro partito comunista, preceduto in ciò da un manipolo di altri discepoli convinti di interpretare il pensiero del leader in modo più verace del leader stesso; esistere un'altra orda di dissidenti detti turigliattiani (dal nome di un certo Turigliatto) che non sono più dentro RC, ma non ne sono ancora usciti. Alcuni di loro, i più radicali, quelli che interpetano il verace pensiero del capo più del capo stesso (vedi sopra) sembrano già essere usciti, ma non si capisce dove sono andati. Ora, poiché è da presumere che all'interno di RC rimarranno frazioni di tardo-ferrandiani e tardo-turigliattiani (anch'essi convinti di interpretare ecc. ecc.) siamo di fronte ad un quadro assolutamente dinamico, che potrebbe sconcertare solo chi non fosse avezzo alla storica attitudine alla transumanza politica (entrismo, uscitismo, collateralismo) dei trotskisti nostrani. Questi fenomeni, letti con la chiave di lettura tradizionale, appaiono di un'estrema semplicità: si manifestano come una delle ultime tappe di disgregazione di un partito, fin dalle origini, "impossibile", o meglio di impossibile sintesi tra anime contraddittorie e confliggenti (ex-stalinisti, trotskisti, movimentisti e chi più ne ha ne metta). In realtà, altre letture sono possibili, da quella dello scivolamento dall'iperseriosità con cui tradizionalmente sono condotte queste operazioni, alla crescente comicità degli esiti; a quella dell'iterazione progressiva della forma-partito rivoluzionario che nel tentativo di emendarsi dalle sue pecche, si ripropone, sempre più in piccolo, ma sempre più uguale a sé stessa.
Ma passiamo oltre e andiamo alla "grilleide". Non mi soffermo sul personaggio, di figure di predicatori messianici già ne abbiamo avute, anche di più sostanziose, sebbene solo di celluloide (basti come esempio il grande Peter Finch, in "Quinto potere", con la sua straordinaria interpretazione del commentatore televisivo Howard). Nemmeno sulle cose che dice, sull'impasto di demagogia, populismo e, purtroppo, xenofobia che permea le sue sparate; altri l'hanno fatto e lo fanno meglio di me, anche su queste pagine. Neppure sulla consistenza della dimensione "bloggastica" del fenomeno: non mi piace sparare sulla croce rossa. Quello che semmai mi preme sottolineare è il seguito concreto della "crociata grillesca" che si misura, più che nel consenso "virtuale" di massa, nell'identità e nelle attività dei personaggi "noti" che sono saliti sul suo carrozzone. Leggo su un noto quotidiano che tali Elio Veltri, Oliviero Beha e Pancho Pardi - raccolta la fiaccola di Grillo - stanno migrando per l'Italia propagandando una lista civica nazionale per una "riforma della politica" e contro i suoi "comitati d'affari". Riedizione dei non rimpianti "girotondi"? Nuova lobby politico-culturale per un nascente soggetto politico "riformato e depurato"? Un panchopardesco (chiedo perdono alla buonanima di Giuseppe Tomasi di Lampedusa) "cambiare tutto per non cambiare nulla"? Direi di tutto un po'. L'elemento centrale è tuttavia ben chiaro: non si esce dall'ambito del gioco istituzionale e della delega totale che questo richiede alla massa dei suoi partecipanti, anche e soprattutto quando si plaude al protagonismo "popolare".
Detto questo è anche chiaro che cosa, molto semplicemente, accomuna gli "svicolamenti laterali" dei rifondaroli arrabbiati con le "contorsioni progressive" degli odierni intellettualsinistri: l'iterazione ad libitum del tradizionale contesto, all'interno del quale si possono rimescolare le carte senza mettere in discussione più di tanto ruoli e privilegi. Parafrasando Louis Scoutenaire: "Proletari! Non ho consigli da darvi, ma qualche altro partito sì..." 

W. K.

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