Due recenti circostanze hanno indotto chi scrive queste brevi note a
riconsiderare il talento trasformistico di Fregoli e a ridimensionarne
la portata in rapporto alle qualità dei suoi odierni epigoni. La
prima è la ripresa frequentazione (non cercata, ma imposta da
motivi sindacali) del milieu di Rifondazione Comunista, la seconda
è un manifesto di una non precisata rete di discepoli di Beppe
Grillo tesa alla costituzione di una altrettanto non precisata lista
civica.
Nel primo caso ho scoperto con un certo stupore e con un discreto
ritardo (cerco di astrarmi dalle vicende della politica così
come da quelle calcistiche), nell'ordine: il mitico Ferrando (quando
mai Savona produrrà personaggi men che straordinari?) con i suoi
discepoli, essere uscito da RC e aver fondato un altro partito
comunista, preceduto in ciò da un manipolo di altri discepoli
convinti di interpretare il pensiero del leader in modo più
verace del leader stesso; esistere un'altra orda di dissidenti detti
turigliattiani (dal nome di un certo Turigliatto) che non sono
più dentro RC, ma non ne sono ancora usciti. Alcuni di loro, i
più radicali, quelli che interpetano il verace pensiero del capo
più del capo stesso (vedi sopra) sembrano già essere
usciti, ma non si capisce dove sono andati. Ora, poiché è
da presumere che all'interno di RC rimarranno frazioni di
tardo-ferrandiani e tardo-turigliattiani (anch'essi convinti di
interpretare ecc. ecc.) siamo di fronte ad un quadro assolutamente
dinamico, che potrebbe sconcertare solo chi non fosse avezzo alla
storica attitudine alla transumanza politica (entrismo, uscitismo,
collateralismo) dei trotskisti nostrani. Questi fenomeni, letti con la
chiave di lettura tradizionale, appaiono di un'estrema
semplicità: si manifestano come una delle ultime tappe di
disgregazione di un partito, fin dalle origini, "impossibile", o meglio
di impossibile sintesi tra anime contraddittorie e confliggenti
(ex-stalinisti, trotskisti, movimentisti e chi più ne ha ne
metta). In realtà, altre letture sono possibili, da quella dello
scivolamento dall'iperseriosità con cui tradizionalmente sono
condotte queste operazioni, alla crescente comicità degli esiti;
a quella dell'iterazione progressiva della forma-partito rivoluzionario
che nel tentativo di emendarsi dalle sue pecche, si ripropone, sempre
più in piccolo, ma sempre più uguale a sé stessa.
Ma passiamo oltre e andiamo alla "grilleide". Non mi soffermo sul
personaggio, di figure di predicatori messianici già ne abbiamo
avute, anche di più sostanziose, sebbene solo di celluloide
(basti come esempio il grande Peter Finch, in "Quinto potere", con la
sua straordinaria interpretazione del commentatore televisivo Howard).
Nemmeno sulle cose che dice, sull'impasto di demagogia, populismo e,
purtroppo, xenofobia che permea le sue sparate; altri l'hanno fatto e
lo fanno meglio di me, anche su queste pagine. Neppure sulla
consistenza della dimensione "bloggastica" del fenomeno: non mi piace
sparare sulla croce rossa. Quello che semmai mi preme sottolineare
è il seguito concreto della "crociata grillesca" che si misura,
più che nel consenso "virtuale" di massa, nell'identità e
nelle attività dei personaggi "noti" che sono saliti sul suo
carrozzone. Leggo su un noto quotidiano che tali Elio Veltri, Oliviero
Beha e Pancho Pardi - raccolta la fiaccola di Grillo - stanno migrando
per l'Italia propagandando una lista civica nazionale per una "riforma
della politica" e contro i suoi "comitati d'affari". Riedizione dei non
rimpianti "girotondi"? Nuova lobby politico-culturale per un nascente
soggetto politico "riformato e depurato"? Un panchopardesco (chiedo
perdono alla buonanima di Giuseppe Tomasi di Lampedusa) "cambiare tutto
per non cambiare nulla"? Direi di tutto un po'. L'elemento centrale
è tuttavia ben chiaro: non si esce dall'ambito del gioco
istituzionale e della delega totale che questo richiede alla massa dei
suoi partecipanti, anche e soprattutto quando si plaude al protagonismo
"popolare".
Detto questo è anche chiaro che cosa, molto semplicemente,
accomuna gli "svicolamenti laterali" dei rifondaroli arrabbiati con le
"contorsioni progressive" degli odierni intellettualsinistri:
l'iterazione ad libitum del tradizionale contesto, all'interno del
quale si possono rimescolare le carte senza mettere in discussione
più di tanto ruoli e privilegi. Parafrasando Louis Scoutenaire:
"Proletari! Non ho consigli da darvi, ma qualche altro partito
sì..."
W. K.