Umanità Nova, n.33 del 21 ottobre 2007, anno 87

Il caso della Pirelli di Bollate. Il no dalle fabbriche


Un sonoro no al 79.9% è stata la risposta dei lavoratori nello stabilimento Pirelli di Bollate, alla consultazione farsa su pensioni e mercato del lavoro. Oltre a questa manifesta contrarietà va tenuto conto del forte astensionismo che ha riguardato circa il 30% dei 449 aventi diritto al voto.
Questi dati mostrano il forte malessere che c'è in questa fabbrica, come in altre, e che chiaramente non riguarda solamente questo protocollo d'intesa firmato da governo e sindacati confederali, ma va a toccare l'intera politica del centro sinistra.
Questo disagio diffuso ha potuto mostrarsi anche per l'intervento portato avanti da alcuni lavoratori, interni ed esterni alla fabbrica, che tramite volantinaggi, occupazione quotidiana delle bacheche sindacali con materiale contrario all'accordo, esposizione delle proprie opinioni nelle assemblee organizzate a tal proposito, hanno cercato di render chiaro, informando, cosa si nascondeva dietro il protocollo. Alcuni di noi, pur schierandoci per il no, hanno ritenuto importante esporre le ragioni di chi, ritenendo per niente democratico questo referendum, ha dato indicazione per l'astensione, in primis la CUB.
La rsu di fabbrica, con i suoi 9 membri, in maggioranza Cgil, non ha dato una chiara indicazione di voto. Un delegato ha affermato che il testo presentato faceva "schifo", ma andava approvato per evitare il Berlusca. Il delegato più "combattivo" facente riferimento all'area Lavoro e Società della Cgil, ha dato indicazione per il no, ma non si è impegnato nei volantinaggi, seguendo la linea della sua area che sì era per il no, ma senza opporsi più di tanto per non dare troppi grattacapi sia al governo sia al proprio sindacato. In maggioranza sono stati zitti, perché da una parte portatori della linea dell'apparato, dall'altra forse non se la sentivano di scontrarsi con il malessere degli operai.
In tante realtà produttive il no è prevalso e sicuramente dove le informazioni sono circolate i risultati non sono stati positivi per Epifani e compagnia bella, che hanno utilizzato pensionati disinformati e paure di una possibile caduta del governo con ritorno del diavolo Berlusconi per poter vincere, almeno nei numeri.
Certo, non possiamo però pensare che questi dati denotino un risveglio della classe operaia.
Se guardo alla situazione odierna in questo stabilimento dove si producono più di 10.500 pneumatici al giorno, vedo una certa paura diffusa dovuta ad una situazione generale preoccupante amplificata dal rischio che lo stabilimento chiuda per trasferimento produzione all'estero, in primo luogo nella nuova fabbrica in Romania.
Abbiamo una cinquantina di lavoratori interinali, un numero sopra la dozzina di colleghi con contratto a termine, senza dimenticare i lavoratori della mensa, i vigilantes, alcuni della manutenzione e del magazzino, che fanno parte d'aziende esterne.
Uno dei temi dominanti nella nostra realtà è sicuramente la sicurezza, tenendo conto tra l'altro che la maggioranza di noi lavora a ciclo continuo e quindi l'essere maggiormente usurati facilita infortuni. Ultimamente ci sono state cadute di macchinari dall'alto, pioggia sugli impianti nei giorni di maltempo e addirittura un incendio, non di scarsa entità con intervento dei vigili del fuoco. Ci sono stati scioperi anche spontanei, ma l'atteggiamento sindacale è stato quello di tranquillizzare i lavoratori senza neanche organizzare assemblee per permettere di discutere di questo tema.
L'azienda a parole sembra molto impegnata a tal proposito, ma invece di occuparsi di eseguire la manutenzione ordinaria e quella straordinaria in modo decente, opta per un'opera di sensibilizzazione della manodopera che si esplica, tra l'altro, distribuendo magliette con la scritta "sicurezza, sì grazie" o mettendo all'entrata dello stabilimento un gran pannello che ci ricorda quanti infortuni ci sono stati quest'anno e il record dei giorni senza nessun ferito.
In passato ci sono state delle lotte di una certa intensità che hanno riguardato più che altro motivi salariali, ma anche la messa in discussione dell'utilizzo del lavoro interinale.
Ci si trova ora a dover affrontare paure ed egoismi che sconfinano in rassegnazione da "tiriamo a campare" accontentandosi di poco, ma così non è vita.
Alcuni lavoratori stanno cercando di mettere in discussione tutto questo cercando di auto-organizzarsi: la solidarietà come elemento basilare e sentire da contrapporre ad egoismi e paure, contro-informazione e tutte quelle attività che si possono sviluppare, che fanno parte della tradizione operaia. Chiaramente siamo in una fase embrionale e abbiamo bisogno che anche coloro che non vogliono partecipare attivamente a questo progetto facciano sentire la loro vicinanza, facendo tutto il possibile per migliorare lo status quo.
Dopo la consultazione, la lotta dovrà proseguire con l'impegno per la partecipazione allo sciopero generale indetto a novembre dai sindacati extra-confederali.

Fabrizio Portaluri

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