La sera di domenica 7 ottobre ha inizio alle ore 21,30, senza alcun
preavviso, lo sciopero autorganizzato dai lavoratori dell'Ortomercato.
Un picchetto ai cancelli viene da subito organizzato in difesa dello
sciopero e per impedire l'entrata dei camion addetti alla distribuzione
delle merci.
Gli obbiettivi che lo sciopero si propone sono: un aumento di 300 euro
lordi in busta paga, la messa fuori gioco del criminale operato degli
sfruttatori del lavoro nero, garantire maggior sicurezza e salute dei
lavoratori (nell'anno in corso ci sono stati 3 morti), porre fine ai
licenziamenti arbitrari.
L'Ortomercato è il punto centrale a Milano della distribuzione delle merci ortofrutticole, ittiche e delle carni.
Vi lavorano in circa 3mila, di cui una metà sono in nero o precari.
La mafia ha le sue diramazioni e il caporalato è una struttura
portante. Pertanto lo sciopero è anche una sfida aperta
all'attuale gestione dell'Ortomercato e ci vuole coraggio,
perché non si rischia solo il posto di lavoro. Non molto tempo
fa ad un attivista sindacale, in prima fila nell'organizzare le lotte
per i diritti dei lavoratori, hanno bruciato la macchina come segno di
evidente intimidazione.
Lo sciopero improvviso del 7 ottobre, il secondo a distanza di tempo
fatto con le stesse modalità, è riuscito a cogliere di
sorpresa i padroni che gestiscono l'Ortomercato. Centinaia di
lavoratori hanno aderito massicciamente allo sciopero spontaneo,
paralizzando l'attività e bloccando centinaia di camion nelle
vie esterne.
Molti sono i lavoratori e le lavoratrici di altri luoghi di lavoro e
compagni dei centri sociali che sono arrivati ai cancelli, in
solidarietà con il picchetto dei scioperanti.
Le forze di polizia, evidentemente anch'esse colte di sorpresa, sono
arrivate verso la mezzanotte, ma in forze ridotte e non hanno potuto
intervenire per portare "ordine".
Ci sono state, invece, pesanti minacce di ritorsioni emesse nei
confronti di lavoratori da parte di alcuni padroncini raggruppati con
personaggi del caporalato.
Un comunicato a firma di "Tutti i lavoratori dell'Ortomercato" avverte:
"A queste minacce, a queste urla sguaiate, sin da ora replichiamo che
nessun lavoratore sarà lasciato solo. Se dovesse accadere anche
ad un solo lavoratore di subire ritorsioni… ogni ritorsione
avrà la giusta e adeguata reazione." La mobilitazione termina
all'alba di lunedì 8 ottobre.
L'importante lotta esplosa all'Ortomercato sta ancora una volta a
dimostrare che la determinazione e l'autorganizzazione da parte dei
lavoratori può contrastare con efficacia anche le situazioni di
sfruttamento più violente e che godono delle coperture da parte
dello Stato.
Enrico
Lunedì 8 ottobre si è tenuta a Benevento una
fiaccolata di Forza Nuova, il partito neofascista che nell'ultimo
periodo sta tentando, per fortuna senza successo, di mettere radici in
città.
Per l'ennesima volta le autorità cittadine hanno concesso ai
fascisti di sfilare. Per l'ennesima volta un nutrito gruppo di
antifascisti è stato deciso ad impedirglielo. Ma come negli anni
venti, quando la protezione e la connivenza dello Stato permisero a
Mussolini di diventare il duce d'Italia, assecondando e spesso aiutando
le squadracce nell'incendiare le sedi anarchiche e comuniste,
nell'uccidere i lavoratori che in quel periodo occupavano le fabbriche,
nel reprimere chi voleva abbattere il Capitalismo per godere di una
vita degna di essere vissuta, le forze dell'ordine borghese hanno
preferito difendere a spada tratta i nostalgici, scortandoli per tutta
la durata della loro ridicola parata, e "sgomberando" (la carica ha
provocato svariati feriti fra le fila antifasciste) piazza Matteotti
(una delle innumerevoli vittime della violenza fascista), concedendo a
Forza Nuova l'agibilità politica di cui sicuramente non potrebbe
godere.
Mai a Benevento si era visto un simile schieramento di polizia e
carabinieri. Sin dalle 17 (la manifestazione di Forza Nuova sarebbe
dovuta incominciare alle 19) l'intero percorso della fiaccolata era
disseminato di divise. Piazza Roma era occupata da due camionette della
celere ed una volante della polizia, piazza Matteotti era presidiata da
tre volanti dei carabinieri ed una macchina della Digos, polizia
presente anche nei pressi del duomo, ed un centinaio gli agenti a
difesa dei fascisti, che in quattro gatti ultrablindati hanno deciso
comunque di dare inizio alla loro pagliacciata, partita con più
di un'ora di ritardo, ferma per lungo tempo lungo corso Garibaldi in
attesa che la polizia disperdesse gli antifascisti.
Spazio anarchico "Senza Patria" di Benevento
Martedì 9 ottobre un'esplosione nello stabilimento di
Colleferro, dove si preparano esplosivi e propellenti per razzi
militari, ha causato un morto e dodici feriti, insieme ad un fungo,
formato dai fumi dell'esplosione, ed una coltre di ceneri e particelle.
"L'incidente" ha riproposto in modo drammatico un problema che nella
Valle del Sacco è presente da circa cent'anni - 100 anni! Le
fabbriche di morte, prolungamento delle servitù militari, causa
ed effetto di un ciclo industriale che vede nel nostro territorio il
rapporto tra chimica , potere , profitto attraverso un utilizzo
scellerato della scienza e delle tecnologie. Scellerato fin dalle
scelte d'indirizzo della ricerca, coerentemente infame con le
volontà di dominio delle classi "padrone".
Volontà di dominio e sfruttamento che si traduce, dentro i
territori di produzione, in inquinamento del territorio, morte di
lavoratori per incidente e\o malattie professionali, malasalute per i
residenti. Che si traduce, fuori? in guerra per le popolazioni che
vivono in luoghi interessanti per i padroni del mondo. Dentro e fuori
che il potere rende omogenei.
Le ore ed i giorni successivi hanno visto retoriche istituzionali
contemporanee alla pietas popolare ed a una incazzatura crescente per
questo disastro annunciato. Ci sono state quattro ore di sciopero il
mercoledì 10, volantinaggi ed assemblee. Da tempo nella valle
esistono situazioni che denunciano, in vario modo,
l'insostenibilità materiale ed etica di un modello di sviluppo
(?) che per produrre profitti e potere distrugge tutto ciò che
sfiora.
Residui tossici interrati dalla SNIA a suo tempo, (casamadre della
Simmel), un fiume inquinato da Colleferro fino al mar Tirreno,
cementifici – inceneritori - cantieri dell'alta velocità
– discariche.
Fin'ora l'incidenza delle iniziative di denuncia e lotta nella valle,
nonostante la puntualità e la continuità, si sono
scontrate con un muro, a volte di pietra a volte di gomma. Le
sperimentazioni autoritarie tengono insieme il controllo sociale e le
innovazioni tecnologiche.
Il coordinamento contro la guerra della Valle del Sacco ha indetto
un'assemblea a Colleferro per il 27 ottobre, coinvolgendo l'intero
territorio, ricevendo adesioni a livello nazionale.
I libertari e gli anarchici del territorio, presenti nel coordinamento
e nelle altre istanze ed iniziative locali, intendono proseguire ed
incrementare l'attività di collegamento tra i diversi centri
della valle, tra i soggetti sociali subalterni, tra le lotte, le
riflessioni ed i progetti di liberazione e di giustizia sociale,
sapendo che le risposte alla guerra debbono avvenire tutti i giorni, a
partire dai luoghi di vita e di lavoro, rifiutando la delega e lottando
direttamente.
Enrico Ranieri, bakunino
Bologna, piazza Verdi nella notte tra venerdì 12 e sabato 13
otttobre. Una ragazza sta male per il troppo alcool bevuto. Una cosa
normale, si dirà. Invece accorre la polizia con ambulanza
appresso, provando a prelevarla di forza e a imporle un Trattamento
Sanitario Obbligatorio. Cinque compagni che erano nei paraggi chiedono
spiegazioni e provano ad opporsi all'arbitrio. La polizia probabilmente
li riconosce come anarchici, fatto sta che comincia ad usare le maniere
forti, scatenando la reazione della piazza: manganelli, calci, la
solita dose di coca e alla fine spuntano le pistole. I compagni si
allontanano, cercano di mettersi in fuga dagli sbirri inferociti.
Arrivano sei volanti che inseguono e catturano i compagni: chi viene
messo contro il muro, chi pestato a sangue: i residenti vengono
invitati a farsi i fatti loro e continuano le violenze. Portati in
questura e poi in carcere sono accusati di una sfilza inverosimile di
accuse: lesioni, resistenza e violenza a pubblico ufficiale,
interruzione di pubblico servizio, istigazione a delinquere… e
rapina (delle ricetrasmittenti che gli sbirri nella foga del pestaggio
si sono persi) e tentata rapina (di una pistola!). Evidente è la
montatura e la falsità della versione degli sbirri, l'unica che
è passata nei mass media. Giornali e telegiornali hanno
così provato a completare l'opera dando l'immagine di poveri
agenti aggrediti da una folla inferocita capeggiata (?) dagli
anarchici. Il giorno dopo una manifestazione spontanea di
solidarietà è stata circondata e sciolta
d'autorità dalla polizia, che nella notte tra domenica e
lunedì ha anche effettuato alcune perquisizioni nelle case di
compagni. La stessa sera un presidio di 50 persone con musica ha dato
la sua solidarietà ai compagni davanti al carcere della Dozza.
È necessaria la massima solidarietà del movimento e ancor
di più una forte opera di controinformazione che dica la
verità su quella notte, smonti la montatura sbirresca e
restituisca la libertà ai compagni e alle compagne. Tutti
liberi, basta con la militarizzazione della città, basta con la
psichiatria, giù le mani dai compagni!
Lunedì 15 il Gip ha convalidato gli arresti, limitandosi a concedere i domiciliari a due di loro.
Toni
Il 5 ottobre si è svolta un'assemblea popolare contro tutte
le nocività, promossa dal Gruppo Difesa Ambiente Spoleto a cui
hanno partecipato il Comitato NO Inceneritori Terni, il Comitato contro
l'acquedotto Scheggino-Pentima e il sindacato di base RdB-CUB.
Riassumiamo per motivi di spazio il lungo resoconto del Gruppo Difesa Ambiente di Spoleto.
Hanno partecipato una trentina di persone con grande affiatamento e partecipazione.
Il Gruppo Difesa Ambiente nella sua relazione ha posto l'attenzione
sulla frammentazione delle lotte ecologiste in Umbria, frammentazione
riconducibile alla molteplicità degli attacchi al nostro
ambiente. Di qui la necessità di sperimentare forme di lotta
più incisive e di creare sinergie al di fuori delle istituzioni
da sempre sono a difesa degli interessi dei potenti, immischiati nei
vari scandali, locali e regionali. Uno per tutti: la cosiddetta
"ippo-cava" di Poreta, dove una cava era stata spacciata alla
popolazione come la costruzione di un ippodromo e in cui la stessa
magistratura è dovuta intervenire contro Sindaco, assessori e
consiglieri spoletini. Abbiamo riflettuto sui rapporti clientelari che
ci sono in questa regione tra le COOP, i sindacati, gli imprenditori.
La rappresentante del Comitato NO Inceneritori Terni ha invece posto la
questione sui danni che provocano alla salute gli inceneritori, ma
anche sul sistema di interessi che con queste "fabbriche di morte" fa
affari.
A Terni vi sono tre inceneritori, un'altissima percentuale di malattie
da inquinamento e nessun interesse a promuovere la raccolta
differenziata da parte dei chi lucra sul business dei rifiuti.
L'intervento del Comitato contro l'acquedotto Scheggino-Pentima si
batte contro la costruzione di un acquedotto (sarebbe il terzo) che
dovrebbe sorgere sul Nera, finendo per completare l'opera di
distruzione di uno dei fiumi più puliti in Italia. L'acquedotto
servirebbe per recuperare le carenze idriche di Terni, una città
che spreca il 50% della propria acqua e che ha inquinato le sue falde.
Gli amministratori ternani, evidentemente non soddisfatti di far
respirare ai propri sudditi un'aria tra le più inquinate
d'Italia, vogliono risolvere il problema dell'acqua rubandola ai
"montanari ignoranti".
Infine l'intervento del sindacalista della CUB ha chiarito bene che il
problema ambientale, che in Umbria è ormai il tema principale
sia per i movimenti che per la stampa, non può essere slegato
dal tema della sicurezza nei luoghi di lavoro, quindi dell'ambiente e
della salute per i lavoratori. Un problema totalmente eluso dal nuovo
governo, come dal precedente, che stanzia fondi bassissimi e non
abolisce leggi che permettono ai padroni l'autoregolamentazione in tema
di sicurezza. Poco servono le promesse come quelle fatte dopo la strage
di Campello sul Clitunno, in cui sono morti lo scorso anno 4 operai.
Un compagno ha infine denunciato la pericolosità della fabbrica
Italmetch, che a Spoleto, per quanto definita pericolosa dalla
Protezione Civile, sorge vicino alla Stazione ferroviaria, a quartieri
residenziali e scuole (nido, materne, elementari, medie e superiori).
Gruppo Difesa Ambiente Spoleto - gruppoambientespo@libero.it
Un corteo festoso con giocolieri ha percorso il centro alessandrino
per l'inaugurazione del nuovo posto degli anarchici alessandrini, il
Perlanera, ex Stazione abbandonata da anni e riportata in vita grazie
al lavoro volontario di un piccolo ma tenacissimo gruppo di compagni.
Diverse centinaia di persone hanno partecipato ad una giornata di festa
con cui il nuovo posto, restaurato con cura e creatività dai
compagni, si è presentato alla città. Figlio di
un'occupazione, il Perlanera intende divenire luogo di incontro e di
raccordo per le esperienze e le lotte degli anarchici alessandrini il
cui impegno politico, sociale, sindacale, ambientalista ha radicato in
città un'ampia area di simpatia per l'anarchismo sociale.
Tra canti, buon cibo e vino generoso è stato un piacere anche
per i compagni venuti da fuori partecipare alla nascita di un nuovo
posto libero.
Mena Bò
A Vicenza, in vista della manifestazione internazionale unitaria
contro il Dal Molin, la caserma Ederle e le servitù militari,
annunciata per il prossimo 15 dicembre, c'è già chi
inizia ad alzare la tensione.
Il primo provocatore, ancora una volta, è il sindaco Enrico
Hullweck che vuole confinare il corteo antibase fuori della
città, appoggiando la lettera dei vertici Ascom inviata a
questore e prefetto affinché la manifestazione venga vietata,
per le ipotizzate ripercussioni economiche sullo shopping natalizio.
Ovviamente, alla pretesa dei commercianti e del sindaco, si sono subito
accodati gli altri partiti del centrodestra, con la Lega Nord che
ancora una volta prevede la città messa a ferro e fuoco dal
Black Bloc.
Da parte sua, Alex Cioni, coordinatore regionale di Azione Sociale con
Mussolini, ha bellicosamente annunciato: «Il 15 dicembre
scenderemo in piazza per difendere la città dai Disobbedienti e
per rivendicare il nostro diritto a manifestare», mentre i
fascio-antimoderni di Movimento Zero hanno invece avuto di nuovo la
spudoratezza di aderire al corteo.
A rendere il clima ancor peggiore, l'assessore comunale all'Edilizia
Privata è tornato pretestuosamente a minacciare lo sgombero del
tendone utilizzato dal Presidio Permanente, installato lungo la strada
a Ponte Marchese sul terreno agricolo offerto da una aderente al
movimento contro il Dal Molin; secondo l'assessore «Siamo di
fronte a un abuso edilizio. Il capannone va demolito».
Alcuni mesi fa, il tendone era già finito nel mirino
dell'assessorato allo Sviluppo economico per evidenziare eventuali
irregolarità con la normativa sui pubblici spettacoli. In
particolare bisognava accertare se, come sostiene il proprietario del
campo, cibi e bevande vengono offerti e non pagati. Inoltre il Comune,
con grande zelo, aveva sollevato problemi riguardo il profilo
igienico-sanitario.
Il tutto mentre si avvicina l'avvio dei lavori per la nuova mega-base
militare Usa che avrà conseguenze devastanti sull'ambiente e
sulla sicurezza della popolazione, della città e dell'intero
territorio; ma queste, evidentemente, preoccupano molto meno di una
vetrina danneggiata o di una scritta su un muro.
Ennesimo paradosso di una città caserma, dove l'unica libertà ammessa è quella di servire.
Mk
Una grande manifestazione: almeno 3mila persone hanno partecipato
sabato 13 ottobre alla marcia organizzata dal Comitato contro il
rigassificatore di Livorno e Pisa. Un corteo che a Livorno non si
vedeva da anni: tantissimi i giovani, grazie anche al lavoro del
coordinamento studentesco cittadino che sfilava dietro un significativo
striscione: "10, 100, 1000 rigassificatori sotto le poltrone degli
amministratori", ma anche tante famiglie con il passeggino, tanti meno
giovani con la bicicletta, tanti cittadini "normali" che si sono fatti
i 6 chilometri del percorso per ribadire il loro NO ad un impianto
pericoloso, dannoso per l'ambiente e l'economia cittadina e utile solo
a chi vuol fare soldi sulla pelle delle popolazioni.
Il lungo serpentone, partito dal popoloso quartiere Garibaldi, era
caratterizzato da centinaia di bandiere del Comitato (bianche con una
stella marina che avvolge una nave gasiera) che nei giorni precedenti
aveva fatto una capillare opera di propaganda per la manifestazione:
migliaia di volantini erano stati diffusi un po' in tutti i quartieri
della città, mentre manifesti erano apparsi ad ogni angolo.
In coda al corteo alcune organizzazioni politiche: rifondazione
comunista, sinistra critica, i ferrandiani. Buona anche la presenza
anarchica con diverse bandiere rosse e nere della Federazione anarchica
e del Comitato no gasiera e la diffusione di Umanità nova.
La marcia si è conclusa a Stagno, località Suese, dove
dallo scorso febbraio la società OLT ha aperto il cantiere per
la costruzione delle opere a terra e dove il Comitato ha organizzato un
"presidio resistente". Arrivato al cantiere il corteo si è
pacificamente riappropriato dell'area dove l'unica e solitaria ruspa
è stata avvolta da un enorme striscione "No rigassificatore".
Così mentre migliaia di persone invadevano pacificamente il
cantiere, appendendo le bandiere e gli striscioni, un gruppo di atleti
più o meno attempati disputavano una partita di calcetto.
La manifestazione si è conclusa in serata con una mega-grigliata
completamente autogestita dal Comitato e uno spettacolo musicale.
Domenica 14, una affollata assemblea ha deciso di prolungare
l'esperienza del "presidio resistente" perché "sarà
dura… ma per loro!"
L'incaricato
Per maggiori informazioni: www.offshorenograzie.it