La partecipazione alla guerra in Afganistan continua ad essere
avversata dalla maggioranza dei cittadini degli stati europei
partecipanti alla missione Isaf-Nato. Secondi gli ultimi sondaggi, il
56% degli spagnoli, il 57% dei tedeschi e il 56% degli italiani sono
favorevoli al ritiro delle rispettive truppe nazionali dall'Afganistan.
Per questo, la Nato sta cercando di correre ai ripari. Il segretario
generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer, parlando a Copenaghen ad un
seminario dedicato alla Diplomazia pubblica nelle operazioni condotte
dalla Nato, ha anticipato che l'Alleanza renderà pubblici alcuni
video secretati, affermando che "Dobbiamo mostrare all'opinione
pubblica cosa facciano noi e cosa fa chi si oppone alla nostre
operazioni".
In uno di questi video, secondo un'anticipazione dello stesso
segretario generale, si vedrebbe un guerrigliero che si nasconde sotto
un burqa; autore della ripresa, guarda caso, è la stessa Nato
che evidentemente si è occupata anche della regia.
Hoop Scheffer ha parlato inoltre di una guerra dei media "già
completamente persa", constatando che i sondaggi d'opinione mostrano un
costante calo di consenso attorno all'operazione. Per questo motivo ha
proposto che l'Alleanza si doti di un piano d'azione per agire nel
campo dell'informazione video e via Internet. Le nazioni attive nella
missione dovrebbero inoltre avere un approccio media multilaterale,
coerente con la presenza internazionale della missione e, tra l'altro,
ha sostenuto che le inchieste sugli incidenti, in particolare quelli
che causano vittime civili, dovrebbero essere condotte "più
velocemente".
Anche in Italia, gli apparati della disinformazione lavorano in tal
senso, come dimostra la vicenda dei due agenti del servizio segreto
militare fatti prigionieri durante un'operazione di guerra e colpiti
con ogni probabilità da "fuoco amico".
La morte del maresciallo capo Lorenzo D'Auria rimane avvolta da forti
dubbi attorno a chi l'ha effettivamente ucciso. I primi esami degli
esperti sembrano confermare i sospetti, in quella che viene definita
"valutazione iniziale". Di certo si sa che è stato chiesto alle
imprese italiane che producono pallottole di fornire informazioni sui
materiali utilizzati nella fabbricazione. Le prime analisi su due
camiciature (le parti esterne) di proiettili estratti durante
l'autopsia stanno rivelando la verità più scomoda. Gli
esami balistici sul numero di striature nella "camicia" (sei nel
munizionamento della Nato e quattro nelle pallottole da un fucile
d'assalto Ak.47) hanno fornito un primo orientamento: "Proiettili Nato".
Comunque, anche se i risultati delle perizie dovessero indicare che i
proiettili mortali sono stati sparati da un Kalashnikov non
dimostrerebbero molto, dato che notoriamente i reparti speciali
statunitensi e inglesi impegnati in Afganistan hanno utilizzato anche
in passato tale arma (ci sono persino delle fotografie che lo
attestano).
Intanto, con la consueta retorica, l'8 ottobre, a Modena, si sono
svolti i funerali di stato dell'agente rimasto ucciso e l'occasione
è stata sfruttata ancora una volta sia per tentare di sostenere
che si tratta di una missione di pace, sia per condannare moralmente
ogni voce di dissenso. Infatti, prendendo a pretesto delle scritte
murali anonime comparse nottetempo (che nessuno ha peraltro visto), la
stampa non ha perso tempo per criminalizzare l'antimilitarismo. In tale
opera si è distinto, su Il Giornale del 9 ottobre, il ben noto
Fausto Biloslavo, che è giunto a scrivere: "La mano che ha
oltraggiato il ricordo del militare è ignota, ma si sospetta che
la scritta possa essere riconducibile a gruppi anarcoidi o all'ambiente
estremista di Libera, un centro sociale del capoluogo emiliano,
già noto per azioni provocatorie".
L'esperienza di Biloslavo in fatto di provocazioni è indubbia,
ma forse stavolta ha ecceduto: infatti il suo anticomunismo ha finito
per rendere un buon servizio alla giunta Ds che, come si sa, da tempo
vuole chiudere Libera, a cui va invece la nostra solidarietà.
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