Nessun povero bastardo ha mai
vinto una guerra morendo per il proprio paese. L'ha vinta, facendo
sì che altri bastardi morissero per il loro paese.
(Generale George S. Patton)
Il 13 ottobre scorso, è stata diffusa la notizia della morte, a
settantanove anni, di Bob Denard, alias Gilbert Bourgeaud, mercenario
di professione con alle spalle una rilevante carriera di morte e
denaro, tra conflitti, golpe e operazioni sporche di ogni genere. Per
una di queste era stato recentemente condannato a quattro anni di
reclusione, di cui tre con la condizionale, per "associazione a
delinquere con l'obiettivo della preparazione di un crimine". Si
trattava del fallito sequestro di Said Mohamend Djohar, presidente
dell'ex-repubblica federale islamica delle Isole Comore risalente al
1995; un'operazione avvenuta col beneplacito dei servizi segreti
francesi che, oltre ad un cambio di regime, mirava a creare una zona
franca e un sistema bancario offshore.
Anche in Italia il nome di Denard non era sconosciuto: nel 2001, il
procuratore della Repubblica di Verona, Guido Papalia, lo aveva
accusato di reclutare mercenari negli ambienti dell'estrema destra,
proprio per le sue missioni alle Comore.
In fondo però la morte di Denard sembra chiudere una pagina di
storia in cui i mercenari erano perlopiù dei singoli militari di
ventura pronti a vendersi al miglior offerente, mentre ormai a svolgere
le mansioni che gli eserciti convenzionali non possono svolgere, oggi
sono delle compagnie "di sicurezza", formalmente private ma in
realtà parastatali. L'esempio più evidente ci è
fornito dal crescente impiego di tali agenzie in Iraq.
Secondo il «Washington Post», a fine 2006, erano oltre 100
mila i contractor assoldati dal Pentagono, escludendo i sub-contractor,
ossia i civili armati a cui le compagnie private a loro volta
subappaltano parte delle loro funzioni; mentre secondo The Associated
Press i contractor assommerebbero almeno a 120 mila. Alte le perdite
registrate tra le loro file: secondo il filo governativo «Usa
Today», al febbraio 2007, era quasi 800 i morti e circa 3.500 i
feriti gravemente.
I contractor della Blackwater Security Consulting Company, come delle
altre compagnie (DvnCorp International, Triple Canopy, Kellogg, Brown
and Root, Titan, MPRI…) a cui è appaltata la guerra, in
quanto guardie private potrebbero usare le armi esclusivamente per uso
difensivo; invece costituiscono un esercito ombra, dotato anche di armi
e mezzi pesanti, il cui status non è regolamentato dal diritto
internazionale se non in senso negativo attraverso la Convenzione
internazionale delle Nazioni Unite contro il reclutamento, l'utilizzo,
il finanziamento e l'addestramento dei mercenari del 1989 e l'art. 47
del I Protocollo aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto
1977.
Fino al 2000, il futuro della Blackwater USA appariva alquanto incerto,
ma nell'ultimo quinquennio, la modesta agenzia che affittava vigilantes
nel Delaware è divenuta una multinazionale con un fatturato da
vertigine, grazie ad un miliardo in contratti federali, compreso un
contratto senza gara con il Dipartimento di Stato del valore di
centinaia di milioni.
La natura parastatale di tale compagnia privata risulta chiaramente
dalla provenienza militare non solo della gran parte dei suoi soldati,
tra cui numerosi ex poliziotti, ma anche dei suoi dirigenti. L'impresa
Blackwater USA fu creata da ex-ufficiali legati alla CIA ed al governo
statunitense: il suo vice-presidente è J. Cofer Black, ex
Coordinatore dell'antiterrorismo del Dipartimento di Stato e tutt'ora
consulente della Casa Bianca; il presidente è Gary Jackson e
l'amministratore delegato è il miliardario Erick Prince,
entrambi generosi sostenitori delle campagne elettorali di Bush, del
partito repubblicano e di Tom Delay, il capogruppo repubblicano alla
Camera; d'altro canto, negli Stati Uniti la "privatizzazione della
sicurezza nazionale" è stata sostenuta dai principali esponenti
teo-con Dick Cheney, Donald Rumsfeld, George Shultz e Felix Rohatyn.
Erick Prince, già stagista con Bush senior ed ex Navy Seal
(Forze Speciali della Marina), assieme al padre e alla sorella
anch'essi ferventi cristiani conservatori, ha creato la Christian
Freedom Foundation, che aiuta i "tanti cristiani che ancora vengono
perseguitati in tutto il mondo".
Analogamente, la britannica ArmorGroup International, anch'essa
impegnata in Iraq, risulta essere un'emanazione dei servizi segreti
militari inglesi e ai suoi vertici vi sono ex-comandanti dei reparti
speciali di Sua Maestà.
Per questo, le ultime uccisioni di civili compiute in Iraq dai
contractor, non metteranno in discussione il ruolo di queste compagnie
private, circa un centinaio, a cui è appaltata non solo la
difesa armata dei convogli e delle basi, ma anche l'azione
controinsurrezionale.
Come è noto, lo scorso 16 settembre uomini della Blackwater in
servizio presso l'ambasciata Usa a Baghdad hanno ucciso 17 persone in
piazza al Nasur; mentre il 9 ottobre vigilantes della società
australiana Unity Resources Group hanno ammazzato, sempre nella
capitale irachena, due donne cristiane che, con la loro auto, si erano
imbattute in un convoglio di veicoli a quattro ruote motrici mentre
stavano attraversando un incrocio nel distretto di Qarrada.
Il 18 ottobre a 40 km chilometri da Kirkuk, tre civili, fra cui una
donna, sono rimasti feriti dalle guardie di una compagnia di sicurezza
straniera che la polizia non ha saputo identificare.
Di fronte alla montante rivolta popolare, il governo iracheno ha
chiesto all'americana Blackwater un risarcimento astronomico (136
milioni di dollari) per le famiglie delle vittime; ma il modo di
operare della Blackwater è ben chiarito da un rapporto della
Commissione di controllo sulle attività del governo Usa, secondo
il quale i suoi assoldati risultano dal 2005 coinvolti in almeno 195
sparatorie e, nell'84% dei casi, questi avrebbero sparato per primi.
Tra l'altro, la sua permanenza in Iraq sarebbe persino illecita, in
quanto il governo iracheno aveva concesso alla Blackwater una licenza
annuale nel 2005, mai più rinnovata.
Secondo una notizia circolata il 12 ottobre, il Dipartimento di Stato
Usa sarebbe intenzionato a rivedere il ruolo delle compagnie militari
private in Iraq, ma certo è fuori discussione la prosecuzione di
questa guerra parallela, elemento centrale dell'ormai inevitabile exit
strategy che gli Stati Uniti dovranno mettere in atto per tentare di
"sottrarsi a una disfatta".
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