Umanità Nova, n.34 del 28 ottobre 2007, anno 87

Verso lo sciopero generale. Una partita difficile


Un paio di anni addietro mi avvenne, nel corso della discussione su di uno sciopero autunnale, di sentire un mio compaesano di sindacato rilevare che ad autunno cadono le foglie e la CUB indice uno sciopero generale. Era, a mio avviso, una battuta graziosa e che rilevava il fatto che in quel periodo, e non solo in quel periodo, lo sciopero autunnale del sindacalismo di base è, per un verso, un impegno faticoso e, per l'altro, a rischio di banalizzazione e ritualizzazione.
Al di là di considerazioni tattiche è, però, un fatto che l'iniziativa del sindacalismo di base, al completo o quasi a seconda delle contingenze, sulla politica economica del governo va valutata non volta per volta ma in prospettiva.
Il fatto, insomma, che un cartello di soggetti sociali e sindacali mobiliti settori di lavoratori su alcuni grandi temi che vanno dalla spesa militare al salario, dalle pensioni al precariato e che tenga ritta la barra su questo pacchetto di questioni non è irrilevante ai fini dello sviluppo di un movimento indipendente dei lavoratori.
Quest'anno l'iniziativa di sciopero, fissata per il 9 novembre con manifestazioni regionali, si intreccia con due dinamiche nate su terreni parzialmente diversi ma che con la piattaforma di sciopero si intrecciano,
Mi riferisco, in primo luogo, al referendum sul protocollo sul welfare che ha visto la vittoria, scontata quanto si vuole ma esagerata nelle dimensioni, dell'apparato dei sindacati concertativi. Su questo terreno la sinistra CGIL, ed in primo luogo la FIOM, e settori di sindacalismo alternativo si sono spesi per il No senza spostare più che tanto al situazione. È tutto da vedere come si muoveranno in occasione dello sciopero questi settori della CGIL che, ma la cosa è evidente, sono in grado di orientare non pochi lavoratori. La scelta di aderire allo sciopero sarebbe un atto coerente con la battaglia referendaria e, nello stesso tempo, uno strappo rispetto alla disciplina sindacale, strappo che ritengo molti compieranno.
Vi è poi da considerare che il notevolissimo successo della manifestazione del 20 ottobre, successo che ha sorpreso per la dimensione non pochi compagni compreso lo scrivente, ha visto al centro gli stessi temi sui quali si svolgerà lo sciopero. Al di là delle ambiguità dal punto di vista programmatico della manifestazione del 20 ottobre e del fatto che tutti giuravano di sostenere il governo, è un fatto che una mobilitazione dei quella consistenza segnala una tensione sociale forte, tensione che potrebbe confluire anche nello sciopero del 9 novembre allargandone la base di adesione e la ricchezza dei contenuti.
Entrambe le dinamiche che ho ritenuto di ricordare coinvolgono settori militanti della sinistra ed hanno, di conseguenza, caratteri precisi e, per certi versi, limitati.
È evidente che la riuscita dello sciopero e delle manifestazioni del 9 novembre deriva in primo luogo dalla tensione che si va sviluppando sui luoghi di lavoro e sul territorio e, in secondo ma non secondario luogo, dalla capacità di iniziativa e dal radicamento del sindacalismo alternativo e dell'opposizione sociale.
È altrettanto evidente che perché lo sciopero del 9 abbia un impatto effettivo è necessario un salto di consistenza delle adesioni sia allo sciopero stesso che alle manifestazioni, salto che può derivare solo da un intreccio virtuoso fra sviluppo del conflitto sociale, crescita organizzativa dell'opposizione sia politica che sindacale, crisi del sindacalismo concertativo.
Su quest'ultimo argomento si è fatta, recentemente, anche troppa letteratura da parte di osservatori, giornalisti e studiosi che intravedono nella FIOM il nucleo intorno al quale si potrebbe aggregare un sindacato alternativo di dimensioni e radicamento notevolmente maggiori rispetto ad oggi.
Senza nulla escludere, quest'ipotesi mi sembra tutt'altro che di facile realizzazione. Una cosa, infatti, è dar voce allo scontento di settori di lavoratori altro è dar vita ad un'organizzazione sindacale con la sua complessa struttura e, in ogni caso, la fuoriuscita dalla CGIL non di singoli o gruppi locali ed aziendali di iscritti e militanti ma di un'area compatta e struttura non è, sebbene se ne discuta molto anche nel sindacalismo alternativo, all'ordine del giorno.

È, d'altro canto, vero che la riuscita dello sciopero del 9 novembre potrà accelerare o rallentare processi di chiarificazione delle posizioni nel sindacato concertativo. Non l'obiettivo, questo va da sé, dello sciopero ma un suo possibile effetto da non sottovalutare.

Cosimo Scarinzi

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