Ci avviciniamo ormai al 4 novembre: il giorno sacro per i militaristi italiani.
In questa tristissima giornata, segnata dal ricordo dei massacri della
prima guerra mondiale, si è deciso di organizzare una grande
manifestazione antimilitarista per protestare contro la costruzione
dello stabilimento dove si vogliono assemblare i nuovi
cacciabombardieri americani F35.
Gli F35 sono cacciabombardieri di quinta generazione, sono perfette
macchine d'attacco al suolo. Se è necessario, possono pure
trasportare armi nucleari.
Gli F35 saranno prodotti “in serie" dalla multinazionale
statunitense Lockheed Martin, alla quale si affiancheranno molte altre
imprese per la costruzione delle diverse componenti e per
l'assemblaggio finale.
La costruzione di questi cacciabombardieri è stata definita da
qualcuno come la più grande impresa di ingegneria aeronautica di
tutti i tempi: c'è chi prevede addirittura lo smercio di 5-6.000
velivoli da vendere, nei prossimi trent'anni, alle aeronautiche
militari di mezzo mondo, per rimpiazzare i mezzi obsoleti. Non si
tratta inoltre solamente di una mera questione riguardante
l'innovazione tecnologica, ma pure relativa all'innovazione
organizzativa e gestionale.
Per alleggerirsi di parte del peso finanziario gravante sulla
produzione degli F35, gli Stati Uniti d'America hanno cercato la
“collaborazione" (a diversi livelli di coinvolgimento) di alcuni
paesi, loro fidi alleati: Regno Unito, Australia, Canada, Danimarca,
Italia, Olanda, Norvegia, Turchia.
Per alcuni analisti di cose militari, ciò ha significato una
completa sconfitta di progetti europei alternativi, come per esempio lo
sviluppo ulteriore degli Eurofighter in direzione di una
ristrutturazione del progetto originario verso una versione più
adatta per l'attacco al suolo (e quindi concorrenziale nei confronti
degli stessi F35).
Gli F35 sono cacciabombardieri multiruolo, che richiedono un solo uomo
di equipaggio. Sono aerei stealth, cioè invisibili ai radar,
grazie alla conformazione della loro struttura ed alle vernici che li
ricoprono.
Il progetto per la loro costruzione è stato avviato nel 1996 e
completato nel 2004. La prova di volo dei prototipi è cominciata
nel dicembre 2006.
I promotori del programma di produzione di questo nuovo
cacciabombardiere sono stati US Air Force, US Navy, US Marine Corps, UK
Royal Navy.
Gli F35 possono essere costruiti in tre varianti: una a decollo ed
atterraggio convenzionale (CTOL – conventional take-off and
landing), una versione da imbarcare sulle portaerei (CV – carrier
variant), una versione a decollo corto e atterraggio verticale (STOVL
– short take-off and vertical landing).
L'assemblaggio finale negli USA si svolge presso l'impianto Lockheed Martin di Forth Worth in Texas.
In Italia è stato scelto come sito per l'assemblaggio finale
(che fornirà la maggior parte degli F35 che saranno venduti in
Europa) l'aeroporto militare di Cameri, che si trova a pochissimi
chilometri da Novara e dove già si cura la manutenzione di F16
Falcon, Tornado, AM-X, e, da poco, pure degli Eurofighter.
Proprio a Cameri verrà costruito, a partire dal prossimo anno,
un nuovo stabilimento che sarà gestito da Lockheed Martin e da
Alenia Aeronautica.
L'aeroporto militare di Cameri come sede dell'assemblaggio finale degli
F35 prodotti per l'Europa è stato scelto con oculatezza.
L'aeroporto militare di Cameri esiste da quasi cent'anni ed è
inserito in una comunità che non ne ha mai messo seriamente in
discussione l'esistenza (almeno fino ad oggi).
L'aeroporto militare di Cameri ha ospitato, nei tempi in cui era
pienamente operativo, F104 e Tornado. Oggi che la sua
operatività si è attenuata, contribuisce comunque a
diverse imprese militaresche con la manutenzione di aerei militari e
con l'offerta delle sue piste per la partenza di eroici militi italici
verso le zone di guerra, per esempio verso l'Afganistan.
Vicinissima all'aeroporto di Cameri, a Bellinzago Novarese, c'è
la base guidata dalla Caserma Babini. Si tratta della seconda base
terrestre italiana, per estensione di superficie, nella quale si
effettuano esercitazioni di diversi tipi. La Caserma Babini offre
inoltre i suoi soldati per la gestione della logistica in diverse
operazioni militari all'estero ed in appoggio alle truppe di pronto
intervento NATO di stanza a Solbiate Olona. Si preparano, in
definitiva, mezzi di trasporto e munizionamenti destinati ad alcuni dei
teatri di guerra che vedono protagonisti pure i soldati italiani.
È in questo contesto di militarizzazione ambientale che si inserisce il progetto di assemblaggio degli F35.
Ma Cameri non sarà il solo luogo italiano coinvolto nel progetto
Joint Strike Fighter (così si chiama appunto il progetto di
costruzione dei cacciabombardieri F35). Infatti si prevede il
coinvolgimento di 40 siti industriali che si trovano in 12 regioni
italiane: siti nei quali si costruiranno diverse componenti del nuovo
velivolo da guerra.
Da quello che si può attualmente sapere, per esempio, la Alenia
Aeronautica si occuperà della realizzazione delle ali, l'Oto
Melara fornirà il cannone, la Selex Communications sarà
responsabile della radio UHF, la Galileo Avionica contribuirà
alla realizzazione della complessa suite optronica EOTS, l'Aerea
dovrebbe realizzare gli attacchi per l'armamento, la Mecaer il
carrello, la Sirio Panel parte del cruscotto e dell'illuminazione
dell'abitacolo.
I governi italiani hanno deciso di partecipare a tale progetto di
costruzione dei nuovi cacciabombardieri americani fin dal 1996, quando
era ministro della difesa Andreatta e presidente del consiglio Prodi.
I passaggi parlamentari che hanno confermato l'impegno si sono
verificati nel 1998 (governo D'Alema) e nel 2002 (governo Berlusconi).
La firma definitiva dell'accordo è del febbraio 2007, quando il
sottosegretario alla difesa Forcieri (diessino) ha incontrato a
Washington il suo collega statunitense Gordon England. Si tratta della
decisione di partecipare alle diverse fasi di costruzione degli F35.
Il governo italiano afferma inoltre che, in futuro, sarà
necessario acquistare questi nuovi cacciabombardieri perché
bisogna sostituire altri velivoli obsoleti: gli AM-X, i Tornado, gli
AV8-B.
Fino ad oggi l'impegno finanziario italiano per lo sviluppo del
progetto è stato di 1.028 milioni di dollari. Tra breve (e per
altri anni che verranno) saranno impegnati altri 903 milioni di
dollari. Tutti soldi prelevati dalle tasche dei contribuenti,
ovviamente.
In queste cifre non sono comprese le spese per l'acquisto dei velivoli.
Secondo quanto riferito dal sottosegretario Forcieri, ogni F35
costerà tra 45 e 55 milioni di euro. Secondo altre fonti, si
potrà arrivare, tenendo conto di aggiornamenti di prezzi e di
allestimenti di armamenti probabili, anche oltre i 100 milioni di euro
ciascuno.
Anche se la decisione definitiva di acquisto per l'Italia dovrà
essere presa solo a partire dal 2013 (anno dell'uscita dalla fabbrica
di Cameri dei primi F35) o poco prima, si ritiene già che il
nostro paese acquisterà circa cento velivoli. I conti sono
presto fatti: un carico per i contribuenti di almeno dieci miliardi di
euro.
Tutti soldi che saranno sottratti ad altri impieghi sicuramente
preferibili: investimenti industriali sostenibili, innovazioni nel
campo energetico, spesa sociale, ricerca per la protezione
dell'ambiente.
Ma di cose del genere poco ci si cura, di fronte all'opportunità di partecipare all'ennesima impresa militarista.
Né si fa troppo caso al fatto che l'aeroporto di Cameri confina
con il parco regionale del Ticino, un sito che ha già subito,
negli ultimi anni, attacchi d'ogni genere. Non è difficile
immaginare che cosa potrebbe significare, quanto ad impatto ambientale,
il volo di centinaia di aerei che partiranno da Cameri per i collaudi
ed i primi voli di prova.
Ogni inconveniente derivante dalla produzione bellica viene fatto
digerire alle popolazioni dei territori dove si vogliono installare gli
stabilimenti per la produzione di armi promettendo la creazione di
nuovi posti di lavoro.
Anche in quest'occasione si è recitata la solita tiritera,
prospettando, in un primo momento, addirittura diecimila nuovi posti di
lavoro, presto ridottisi ad un migliaio scarsi (duecento per la
produzione degli F35, ottocento nell'indotto).
Non è molto interessante né molto corretto seguire la
solita logica produttivistica. Tuttavia, restando all'interno di un
tale modo di ragionare (o, meglio, di sragionare), non si può
fare a meno di notare che con il medesimo volume di capitale fisso
impiegato in una qualsiasi produzione d'armi da guerra si potrebbero
generare sicuramente molti più posti di lavoro investendo in
settori produttivi non legati all'industria bellica.
E comunque non si vede perché i lavoratori debbano rassegnarsi,
in nome di pochi miserabili posti di lavoro, ad essere complici delle
politiche aggressive ed imperialiste degli Stati.
L'opposizione alla costruzione dello stabilimento per l'assemblaggio
degli F35 è cresciuta sul territorio ed ha coinvolto soggetti di
diverso genere, accomunati tuttavia da un sentimento di rigetto nei
confronti di ogni impresa militarista, seppure mascherata da missione
di pace o umanitaria.
Il successo della manifestazione contro gli F35 e contro tutte le
guerre, che si è svolta a Novara il 19 maggio scorso, dimostra
la praticabilità di un'opzione radicale e netta. Nonostante la
blindatura della città ed il terrorismo mediatico dei giorni che
hanno preceduto il corteo, circa duemila persone hanno percorso
pacificamente le vie del centro cittadino per rendere pubblico il
dissenso contro ogni politica di riarmo e contro tutte le guerre alle
quali il nostro paese partecipa.
Ora è il momento di marciare in direzione dell'aeroporto
militare di Cameri. È il momento giusto, a pochi giorni
dall'inizio dei lavori per la costruzione della fabbrica della morte,
per rendersi ancor più visibili: l'appuntamento è per
mezzogiorno del 4 novembre a Novara, in piazza Garibaldi (stazione FS),
da dove si partirà proprio in direzione di Cameri.
Il capogruppo di Forza Italia in occasione di una recente seduta del
consiglio comunale di Novara, come pure un alto ufficiale
dell'Aeronautica Militare Italiana nel corso di una cerimonia svoltasi
un paio di mesi fa a Cameri, hanno lamentato il crescente clima
antimilitarista che circonda l'aeroporto militare di Cameri e che
fomenta l'opposizione contro gli F35. Un pericoloso clima che
demoralizzerebbe le forze armate di stanza nel novarese.
Prendiamo le parole di questi due soggetti come uno dei migliori
riconoscimenti nei confronti della lotta intrapresa. Possiamo inoltre
considerare le parole dei medesimi soggetti sopra citati come il
migliore auspicio per la riuscita del corteo del 4 novembre.
Si tratterà di un'ulteriore tappa di un difficilissimo percorso,
che, si spera, porterà al rigetto del progetto di costruzione
degli F35 ed all'inizio del consolidamento di un movimento
antimilitarista di massa.
Dom.