È stato compiuto un altro grosso passo indietro sulla strada
della civiltà, e questa volta è accaduto in Francia. Il
parlamento francese ha infatti approvato la nuova legge
sull'immigrazione (la quarta negli ultimi anni) che include l'utilizzo
dei test del Dna per l'approvazione dei ricongiungimenti familiari tra
immigrati.
Un provvedimento agghiacciante che conferma un'attitudine sempre
più diffusa in Europa di ricorrere a metodi di accertamento o
selezione genetica al fine di stabilire le categorie di individui
desiderabili all'interno di una società.
Questo incubo reazionario non ha trovato – magra consolazione
– unanimità nel voto finale dell'assemblea transalpina: la
legge è passata con 282 voti contro 235 e la stessa maggioranza
si è spaccata. I socialisti e i comunisti hanno annunciato che
presenteranno ricorso al Consiglio costituzionale affinché la
legge venga bloccata mentre l'associazionismo antirazzista cerca di
rilanciare la mobilitazione contro questo provvedimento dopo che Sos
Racisme ha raccolto ben 250mila firme per una petizione che invitava i
francesi a una «resistenza cittadina» contro «le
derive inquietanti» di una legge che è «una porta
aperta alla classificazione biologica delle persone, le cui
implicazioni vanno al di là della questione
dell'immigrazione».
L'applicazione dei test del Dna dovrebbe limitarsi al caso di cittadini
di paesi "poco affidabili" sullo stato civile: chi richiede il
ricongiungimento famigliare potrà fare domanda per sottoporsi a
un test del Dna per certificare la filiazione (solo da parte di madre).
Il via libera al test potrà di volta in volta essere dato solo
dal tribunale di Nantes, città in cui si concentrano i servizi
amministrativi sull'immigrazione in Francia. Ma non saranno solo i
parenti degli immigrati che dovranno sottoporsi al test: la legge
prevede che la scansione dei geni venga fatta anche ai congiunti
stranieri di cittadini francesi. E anche per questa categoria di
persone (così come per i parenti di immigrati regolari) è
previsto l'esame di francese e sui «valori della
repubblica»: chi non supera questa prova, dovrà
frequentare un corso di formazione. All'immigrato è fatto
obbligo di dimostrare non soltanto di avere un lavoro regolare, ma
anche di guadagnare un po' più del salario minimo erogato
dall'ordinamento francese.
Un altro punto della legge che ne conferma l'ispirazione fortemente
razzista è quello relativo alla possibilità che avranno
gli istituti di statistica di far «apparire le origini razziali o
etniche» delle persone intervistate: l'origine etnica diventa
quindi una variabile da prendere in considerazione nelle statistiche
ufficiali.
La gravità della situazione è del tutto evidente. Non si
tratta solo dell'ennesima normativa repressiva il cui obiettivo
è, per così dire, la semplice regolazione dei flussi
migratori. L'estensione del controllo genetico anche ai familiari
stranieri di cittadini francesi è una vera e propria
dichiarazione di guerra a tutti quei francesi che non hanno la pelle
bianca. Ciò significa che tutti quegli immigrati di seconda e
terza generazione (ovvero figli di figli di immigrati) non possono
godere delle stesse garanzie e degli stessi diritti di ogni altro
cittadino francese perché su di loro la legge pone un veto di
affidabilità e tollerabilità. In buona sostanza, questa
legge sancisce una volta per tutte il fallimento del modello francese
di integrazione i cui parametri di uguaglianza erano stati limitati a
una condizione formale che non ha mai trovato effettiva realizzazione
in un'autentica parità nell'accesso alle risorse economiche e
sociali. Con l'approvazione della nuova legge, cittadini francesi a
tutti gli effetti vengono trattati come stranieri in patria, ovvero
come soggetti che hanno l'obbligo di dimostrare qualcosa per godere di
diritti che dovrebbero spettare indifferentemente a tutti. Questo
pesante colpo assestato allo stato di diritto conferma l'analisi
libertaria secondo la quale la legge non è altro che l'esercizio
dei rapporti di forza tra le classi: chi detiene il potere può
ridefinire di volta in volta le regole del gioco fino a legittimare
discriminazioni e ingiustizie intollerabili.
Libertà, uguaglianza e fraternità, certo, ma solo per chi dicono loro.
TAZ laboratorio di comunicazione libertaria