Umanità Nova, n.35 del 4 novembre 2007, anno 87

Francia. Legge dal DNA razzista

 

È stato compiuto un altro grosso passo indietro sulla strada della civiltà, e questa volta è accaduto in Francia. Il parlamento francese ha infatti approvato la nuova legge sull'immigrazione (la quarta negli ultimi anni) che include l'utilizzo dei test del Dna per l'approvazione dei ricongiungimenti familiari tra immigrati.
Un provvedimento agghiacciante che conferma un'attitudine sempre più diffusa in Europa di ricorrere a metodi di accertamento o selezione genetica al fine di stabilire le categorie di individui desiderabili all'interno di una società.
Questo incubo reazionario non ha trovato – magra consolazione – unanimità nel voto finale dell'assemblea transalpina: la legge è passata con 282 voti contro 235 e la stessa maggioranza si è spaccata. I socialisti e i comunisti hanno annunciato che presenteranno ricorso al Consiglio costituzionale affinché la legge venga bloccata mentre l'associazionismo antirazzista cerca di rilanciare la mobilitazione contro questo provvedimento dopo che Sos Racisme ha raccolto ben 250mila firme per una petizione che invitava i francesi a una «resistenza cittadina» contro «le derive inquietanti» di una legge che è «una porta aperta alla classificazione biologica delle persone, le cui implicazioni vanno al di là della questione dell'immigrazione».
L'applicazione dei test del Dna dovrebbe limitarsi al caso di cittadini di paesi "poco affidabili" sullo stato civile: chi richiede il ricongiungimento famigliare potrà fare domanda per sottoporsi a un test del Dna per certificare la filiazione (solo da parte di madre). Il via libera al test potrà di volta in volta essere dato solo dal tribunale di Nantes, città in cui si concentrano i servizi amministrativi sull'immigrazione in Francia. Ma non saranno solo i parenti degli immigrati che dovranno sottoporsi al test: la legge prevede che la scansione dei geni venga fatta anche ai congiunti stranieri di cittadini francesi. E anche per questa categoria di persone (così come per i parenti di immigrati regolari) è previsto l'esame di francese e sui «valori della repubblica»: chi non supera questa prova, dovrà frequentare un corso di formazione. All'immigrato è fatto obbligo di dimostrare non soltanto di avere un lavoro regolare, ma anche di guadagnare un po' più del salario minimo erogato dall'ordinamento francese.
Un altro punto della legge che ne conferma l'ispirazione fortemente razzista è quello relativo alla possibilità che avranno gli istituti di statistica di far «apparire le origini razziali o etniche» delle persone intervistate: l'origine etnica diventa quindi una variabile da prendere in considerazione nelle statistiche ufficiali.
La gravità della situazione è del tutto evidente. Non si tratta solo dell'ennesima normativa repressiva il cui obiettivo è, per così dire, la semplice regolazione dei flussi migratori. L'estensione del controllo genetico anche ai familiari stranieri di cittadini francesi è una vera e propria dichiarazione di guerra a tutti quei francesi che non hanno la pelle bianca. Ciò significa che tutti quegli immigrati di seconda e terza generazione (ovvero figli di figli di immigrati) non possono godere delle stesse garanzie e degli stessi diritti di ogni altro cittadino francese perché su di loro la legge pone un veto di affidabilità e tollerabilità. In buona sostanza, questa legge sancisce una volta per tutte il fallimento del modello francese di integrazione i cui parametri di uguaglianza erano stati limitati a una condizione formale che non ha mai trovato effettiva realizzazione in un'autentica parità nell'accesso alle risorse economiche e sociali. Con l'approvazione della nuova legge, cittadini francesi a tutti gli effetti vengono trattati come stranieri in patria, ovvero come soggetti che hanno l'obbligo di dimostrare qualcosa per godere di diritti che dovrebbero spettare indifferentemente a tutti. Questo pesante colpo assestato allo stato di diritto conferma l'analisi libertaria secondo la quale la legge non è altro che l'esercizio dei rapporti di forza tra le classi: chi detiene il potere può ridefinire di volta in volta le regole del gioco fino a legittimare discriminazioni e ingiustizie intollerabili.
Libertà, uguaglianza e fraternità, certo, ma solo per chi dicono loro.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

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