Umanità Nova, n.35 del 4 novembre 2007, anno 87

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Brescia: gli immigrati protagonisti

Circa diecimila persone, per la stragrande maggioranza lavoratori, donne e bambini immigrati, erano presenti alla manifestazione nazionale del centro-nord tenutasi a Brescia il 27 ottobre.
La manifestazione è stata organizzata da diverse associazioni di immigrati per le quali, per riprendere il testo dell'appello, è il momento di dire basta. Tutti in piazza alla conquista dei diritti!
I migranti, in questo momento di lotta, chiedono una regolarizzazione generalizzata e permanente per coloro che sono presenti in Italia, la rottura della "vergognosa" convenzione di 72 euro per il rinnovo/rilascio di permessi/Carta di soggiorno, tra Ministeri degli interni, Poste Italiane, Patronati e Anci, nonché il passaggio delle competenze dalle questure ai comuni. Tra le rivendicazioni vi sono anche l'abolizione integrale della Bossi-Fini e il "no" alla Turco-Napolitano, la rottura completa del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Non solo. Vi è anche la richiesta della cittadinanza italiana per tutti i figli dei migranti nati in Italia o che hanno studiato in questo paese, la chiusura definitiva dei CPT (senza, ovviamente, la creazione di nuovi lager) e una legge in materia d'asilo politico che tuteli realmente i richiedenti e i rifugiati.
La vita dei migranti continua a peggiorare. Il governo Prodi è in carica da oltre un anno e per i migranti, come coi governi precedenti, c'è stato un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
Questa manifestazione ha concluso una settimana di mobilitazioni a Brescia. Numerosi sono stati i presidi dei lavoratori immigrati, anche davanti alla questura e alla sede cittadina della Posta.
Il corteo ha sfilato nelle vie del centro di questa città ricca e industriale. Non è mancata la musica, la felicità di esserci, una partecipazione colorata e vivace (tante donne), accompagnata sempre da slogan rivendicativi e denunce urlate della condizione vissuta.  
A fine corteo la musica si è interrotta, un silenzio d'attesa è calato in piazza della Loggia, e i presenti si sono ritrovati in assemblea per discutere di come continuare la lotta.
Tra i bresciani che dai marciapiedi osservavano lo sfilare della manifestazione s'intravedeva soprattutto sorpresa nel veder passare tanti uomini e donne originari di altre zone del mondo.
Per un giorno gli immigrati sono stati protagonisti nelle vie centrali di Brescia. Nei loro occhi si leggeva tanta determinazione e orgoglio; non si sentivano schiavi come spesso vengono trattati nel nostro paese.
Che questi sentimenti di lotta si diffondano sempre più nel quotidiano, assieme alla partecipazione e alla voglia di essere protagonisti nella propria vita.
Fabrizio Portaluri-Valeria Sergi

Bologna: sgomberata casa Bresci

Il 24 ottobre è stata sgomberata Casa Bresci. L'immobile di proprietà del demanio era abbandonato da anni, quando, nel novembre dello scorso anno venne occupato dalla "Famiglia Bresci". La "Famiglia Bresci" è "è una famiglia come le altre. I signori Bresci hanno gli stessi problemi di tante famiglie: affitto, bollette, spesa sempre più alti e stipendi sempre più bassi. Problemi di tutti i giorni insomma. Problemi che nel loro giornaliero ripetersi sono diventati tremendamente e pericolosamente "normali". La nostra famiglia Bresci pensa invece che sia "normale" cercare di risolvere i problemi e non accettarli passivamente senza affrontarli. Hanno deciso di agire, occupando e recuperando uno stabile pubblico abbandonato all'oblio da anni."
Gli abitanti non si aspettavano lo sgombero perché una richiesta di sequestro dell'immobile del PM Tampieri era stata respinta dal Gip all'inizio dell'estate, ma Tampieri ha aggirato l'ostacolo emanando un'ordinanza di sequestro d'urgenza della casa. La motivazione addotta sarebbe la pericolosità dell'immobile. Peccato che, secondo l'ingegnere e l'architetto che hanno collaborato con gli occupanti, la casa non sia crollata solo grazie agli interventi strutturali di recupero attuati dalla Famiglia Bresci.
Nella tarda mattinata del 24 ottobre, ritornando dal lavoro, due esponenti della famiglia Bresci hanno trovato la loro casa murata. L'accorrere di compagni solidali ha consentito di far riaprire momentaneamente la casa per consentire il recupero di alcuni oggetti personali. Poi mattoni e cemento hanno richiuso l'ingresso della casa sotto sequestro.
"L'Agenzia del Demanio lo rivendica solo ora che il progetto di autorecupero gestito dal basso della Famiglia Bresci è intervenuto sulla situazione di degrado e ha restituito allo stabile quell'utilità sociale che merita. E lo fa con un'azione di forza, sorda alle proposte di apertura di un tavolo di negoziazione già aperte, richiedendo alla magistratura il sequestro dell'immobile.
Questa modalità d'azione è lo specchio dell'incapacità nella gestione del bene pubblico e della paura di chi detiene il potere verso quelle realtà che provano a dar vita ad alternative e sperimentazioni sociali, critiche rispetto al sistema che ci viene imposto.
I Bresci avevano il problema della casa (e chi non lo ha?) e hanno preferito risolverlo dignitosamente. La casa è un diritto biologico, occupare è stata una necessità. Le istituzioni hanno posto fine in modo autoritario ad un esperimento di cittadinanza attiva in risposta all'emergenza casa che viviamo oggi a Bologna. Non si può tollerare che l'incapacità delle istituzioni e la speculazione cancelli di fatto il diritto alla casa.
Che succede quindi? Che chi rivendica un diritto viene arrestato, sgomberato, denunciato.
Liberamente tratto da un comunicato di Famiglia Bresci

Torino: Porta Susa antifascista

Piazza XVIII dicembre deve il suo nome al lontano 28 dicembre del 1922, quando le squadracce del fascista Brandimarte decisero di regolare i conti con gli esponenti più noti del movimento dei lavoratori a Torino. Fu una notte di sangue e terrore. Tra i tanti che caddero vittime della furia fascista, Pietro Ferrero, anarchico dell'UAI e segretario della FIOM, torturato e barbaramente ucciso.
Il 27 ottobre vi si è svolto un presidio antifascista in solidarietà con gli 8 anarchici e i 2 autonomi sotto processo per devastazione a saccheggio. Il 30 ottobre potrebbe essere emessa la sentenza nei loro confronti: rischiano da 8 a 15 anni per aver partecipato ad una manifestazione antifascista che il 18 giugno del 2005 la polizia caricò per impedirle di attraversare il centro cittadino. La settimana precedente una squadraccia fascista, entrata di notte nella casa occupata il Barocchio, aveva accoltellato due occupanti: per un pelo non ci era scappato il morto.
Il processo agli antifascisti torinesi ha una valenza che va ben la di là della Mole. Il reato per il quale sono perseguiti e per cui rischiano lunghi anni di detenzione, è, intrinsecamente, un reato di natura collettiva, poiché prescinde dalle responsabilità individuali. L'accusa di "devastazione e saccheggio" palesa la chiara volontà di criminalizzare le manifestazioni di piazza. In questi due anni presidi, assemblee, concerti e cortei hanno tenuto viva l'attenzione su una vicenda che ha dell'incredibile. Torino, spesso laboratorio di nuove strategie di disciplinamento sociale e repressione politica, in questi anni è stata teatro di una lunga stagione repressiva. Torino e le sue valli debbono essere pacificate ad ogni costo. Sullo sfondo la vetrina olimpica, il Tav, una città che mantiene sacche di resistenza ad una ridefinizione del paesaggio urbano funzionale alla nuova Torino post industriale: nodo di una rete di scambi e luogo dove la produzione di eventi affianchi quella di manufatti.
Sono due anni terribili: due anni segnati dalla morte di cinque immigrati durante controlli di polizia, dallo sgombero di numerosi posti e case occupate, due anni nei quali si sono moltiplicati i comitati razzisti e fascisti nei quartieri, che alternano le manifestazioni di piazza alle ronde notturne contro immigrati, rom, tossici.
Da un lato le luci del varietà, l'enorme luna park sempre aperto, dall'altro polizia e fascisti scatenati sul territorio.
Rompere il muro del silenzio che accompagna questo processo è stato un impegno difficile ma costante negli ultimi due anni. Un impegno difficile perché questa vicenda si vuole resti relegata nelle aule di tribunale, un mero fatto di cronaca.
Sabato 27 ottobre per tutto un pomeriggio tiepido e soleggiato la piazza si è riempita di striscioni, banchetti, musica. Volantini, documenti e interventi dal palco sono stati il fulcro della giornata.
Come ricordava nel suo intervento una compagna della FAI, la Torino di oggi, somiglia sempre più, come un incubo che ritorna, a quella degli anni '20 del secolo appena trascorso.
L'appuntamento per tutti è il presidio di solidarietà del 30 ottobre davanti al tribunale di Torino.
Onan

Torino: antirazzisti alla sbarra

Nel dicembre dello scorso anno alcuni antirazzisti organizzarono una protesta contro la Croce Rossa, che, nella città della Mole, gestisce il Cpt di corso Brunelleschi. Tre di loro entrarono nell'ufficio stampa della Croce Rossa, in via Bologna, e vi si barricarono dichiarando che non sarebbero usciti finché la CRI non avesse annunciato la propria rinuncia alla gestione del Cpt, dove lo stato italiano rinchiude gli immigrati che intende deportare.
La polizia intervenne, scardinò la porta e arrestò i tre occupanti, che vennero rilasciati con obbligo di firma dopo qualche giorno.
Venerdì 26 si è svolta un'udienza del processo intentato contro gli occupanti dell'ufficio stampa della CRI. In quest'occasione, dopo alcuni testimoni, è stata la volta degli imputati, che hanno deciso di fare una dichiarazione spontanea. La dichiarazione, letta da uno di loro, è stata più volte interrotta dalla presidente della corte che contestava la legittimità di argomentazioni che mettevano al centro le ragioni politiche dell'azione.
Di fronte all'ennesima interruzione una decina di persone del pubblico si è alzata in piedi mostrando magliette con lettere dell'alfabeto che, vicine, formavano la scritta "CRI assassina" e "Fuoco ai CPT".
Fatti uscire dall'aula i contestatori, la polizia, di fronte al rifiuto di mostrare le magliette, ha minacciato di portare tutti in questura: vi sono stati brevi momenti di tensione e una lunga attesa. Alla fine gli antirazzisti sono stati accompagnati fuori e poi liberati. Pare siano stati denunciati per oltraggio alla corte: rischiano sino a tre anni.
In serata altri antirazzisti hanno gettato nella sede del quotidiano di destra "Torino Cronaca" sacchi pieni di porcherie. Torino Cronaca si distingue per un atteggiamento forcaiolo e razzista nei confronti degli immigrati, che non di rado, assume i toni della vera campagna di odio xenofobo. Nel volantino distribuito il giornale era accusato esplicitamente di essere il mandante morale dell'incendio doloso che due settimane prima aveva distrutto il campo rom di via Vistrorio.
On

Spoleto: 5 arresti

La scenografia è quella delle grandi occasioni. Carabinieri col passamontagna, grande dispiego di uomini e mezzi, telecamere già pronte a riprendere il "blitz" dei ros della Benemerita contro una pericolosa cellula anarchica.
Accusati di scritte sui muri, danneggiamenti vari e di aver inviato alla presidente della regione Umbria, Lorenzetti, una busta con due proiettili, 5 giovani spoletini sono stati rinchiusi nel carcere le "Capanne" di Perugia, lo stesso nel quale pochi giorni prima era stato ammazzato di botte Aldo Bianzino, arrestato per la coltivazione per uso personale di qualche pianta di canapa.
L'accusa nei confronti dei cinque, indicati tutti come anarchici, è di associazione sovversiva ai fini di terrorismo. Viene loro contestata l'appartenenza alla cosiddetta FAI informale, una sigla utilizzata più volte per firmare pacchi bomba e incendi di cassonetti dell'immondizia. Una sigla che volutamente mima quella – uguale nell'acrostico – della Federazione Anarchica Italiana e che offre ai tutori del disordine statale l'occasione per costruire teoremi accusatori basati su quei reati associativi, come il 270 il 270 bis, che costituiscono l'ossatura con la quale in questo paese si sono attuate strategie di criminalizzazione su vasta scala.
I 5 arrestati spoletini vengono messi in isolamento e viene impedito loro ogni contatto con l'esterno sino all'interrogatorio del giudice.
Secondo quanto riferisce a Umanità Nova Vittorio Trupiano, l'avvocato di due degli inquisiti – degli altri non si hanno notizie – uno dei due avrebbe detto di aver votato alle primarie del Partito Democratico e l'altro si sarebbe dichiarato anarchico ma estraneo alle accuse rivoltegli.
Gli anarchici del Circolo "Sana Utopia" di Perugia sentono puzza di montatura e lo denunciano in un loro comunicato.
nan

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