Umanità Nova, n.36 dell'11 novembre 2007, anno 87

Sciopero generale


Proviamo a rispondere a questa domanda: perché scioperiamo il 9 novembre? E perché questo sciopero e non altri?
Come mi ha insegnato, alcuni anni fa, un caro compagno sindacalista di base del torinese, dietro la domanda "perché?" ci sono almeno due domande principali ed una subordinata.
La prima domanda riguarda le motivazioni: ovvero le ragioni che ci spingono a fare o a non fare una determinata cosa.
La seconda, subordinata a questa, tocca il metodo, ovvero come mai si utilizza la forma sciopero e in queste modalità e non altro o non lo stesso ma diversamente. In questo senso la domanda afferisce all'efficacia dello strumento utilizzato.
La terza ed ultima domanda si riferisce invece ad una questione di tipo etico e risponde principalmente alla domanda: è giusto o meno scioperare contro la finanziaria etc.?
Proviamo a dare risposte congrue alla molteplicità delle domanda, lasciandoci dietro qualche punto interrogativo non risolto.
Sui perché dello sciopero non credo occorra dilungarsi a lungo, soprattutto per i lettori di "Umanità Nova": il giornale ha parlato, in diversi numeri, di TFR, di depredazioni pensionistiche, di precariato perenne, di spese militari e di guerra, di cpt e di deportazioni (compresi gli ultimi eventi sulla questione "rumena"), di missioni militari, di contratti al ribasso, di peggioramenti materiali delle vite di ognuno e via dicendo. Insomma le ragioni sono più di una e tutte assolutamente valide.
Sullo strumento sciopero: dei sindacati possono coerentemente organizzare diverse forme di lotta tra cui anche degli scioperi generali. È abbastanza ovvio, quindi, che dei sindacati, in questo caso di base e di classe, indicano uno sciopero e non delle feste in maschera o dei pranzi al sacco alle pendici del Po. È abbastanza ovvio per chi pensa alla consequenzialità degli atteggiamenti rispetto agli enunciati dichiarati. Cosa che non sembra appartenere, invece, alle parti "conflittuali" interne al sindacato CGIL. Perché se sei un sindacato o parte di esso e parli male o malissimo delle cose che fa il Governo e degli accordi che firmano i tuoi dirigenti, conseguentemente e coerentemente, dovresti scioperare (e non solo sul tuo contratto). Se poi ti stanno sulle chiappe quelli di base, magari potresti organizzartelo da un'altra parte con i tuoi amici. Ma nulla di tutto ciò: parole infuocate, ma senza conseguenze che diano fastidio ai veri manovratori: vuoi per equilibri interni, vuoi per equilibri esterni, vuoi perché altrimenti non ti danno più lo stipendio: insomma, ci si può incazzare, ma solo di sabato.
Lo sciopero serve? Bah!? Che dire. Per essere sinceri non penso che sposti di un millimetro i rapporti di classe di questo paese. Serve più che altro ad affermare che esiste un'opposizione reale e conflittuale del mondo lavorativo, ma non solo, al Governo, ai padroni, agli accordi al ribasso, nonché a coloro che li firmano. E questo, per ora, mi basta. Poi, potrebbe servire se durasse un mese di fila e se generasse comportamenti virtuosi di lotta nei posti di lavoro, nei quartieri… Ma credo che al momento prevalgano altre tendenze.
Infine penso che sia giusto farlo, ovvero sia profondamente giusto opporsi nei modi più svariati ad ingiustizie grandi e piccole e che occorra farlo nelle forme di lotta più conseguenti. Lo sciopero generale è un pezzo di queste: ed è uno tra i pezzi più importanti.

Pietro Stara

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti