Umanità Nova, n.36 dell'11 novembre 2007, anno 87

Omosessuali si nasce o si diventa? Io, modestamente, "lo scelsi"!


«Gentile Presidente Martini, le scrive una sua dipendente precaria, donna, intelligente, piacevole alla vista e all'udito, stamattina agghindata con dei bei tacchi rosso radicchio e attualmente "molto innamorata di una donna" e quindi lesbica.». Questo è solo l'inizio di una bella lettera che una donna davvero intelligente ha sentito di dover scrivere al Presidente della Regione Toscana Claudio Martini dopo la polemica scaturita dalla presentazione del manifesto per la campagna "contro le discriminazioni sessuali". E quella lettera non è stata scritta per ringraziare il Presidente o la Regione, anzi. Ma andiamo per ordine.
Sullo sfondo di un ospedale qualsiasi, la foto sfocata di un bambino che si tiene ben stretto in bocca il suo piccolo ditino campeggia sul manifesto realizzato dalla Fondazione canadese Emergence e commissionata dalla Regione Toscana nell'ambito della campagna, patrocinata dal Ministero delle Pari Opportunità, contro le discriminazioni sessuali. Emerge, dall'immagine sfocata del volto del neonato, in primissimo piano la fascetta legata al braccio del bambino, con una scritta scura: "HOMOSEXUEL", omosessuale in francese. Questa sarà l'immagine impressa su migliaia di manifesti, cartoline e volantini affissi e distribuiti nelle città toscane, negli uffici pubblici, davanti alle scuole.
Sarà inoltre il logo di una due giorni di incontri contro le discriminazioni che si svolgerà a Firenze nell'ambito del festival della creatività, a cui parteciperanno anche la ministra Barbara Pollastrini, i presidenti della Toscana Claudio Martini e della Puglia Nichi Vendola, Oliviero Toscani (come il prezzemolo), Pierre Blain della Fondazione Emergence, il presidente dell'associazione europea gay della polizia Jan Snijder, e altri studiosi ed esperti nazionali e internazionali.
Lo slogan del manifesto è perentorio: "l'orientamento sessuale non è una scelta", ancora più accuratamente spiegato da uno dei protagonisti della campagna, Alessio De Giorgi, già presidente dell'Arcigay Toscana, il quale ribadisce incredibilmente che "il messaggio che vogliamo lanciare è che l'omosessualità non è una scelta, ma un dato immutabile e da rispettare". Gli fanno eco l'assessore regionale alle riforme istituzionali Agostino Fragai (Pd), Paolo Chiappini della Fondazione Sistema Toscana e addirittura Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay, che invita l'Italia "ad adeguarsi alla Toscana, la nuova campagna di comunicazione è assolutamente all'avanguardia". Vien da rimpiangere Grillini, qualcuno di voi penserà, e invece eccovi serviti: il deputato socialista e presidente onorario di Arcigay accoglie "con molta soddisfazione la nuova e coraggiosa campagna contro l'omofobia". Coraggiosa per chi?
Inutile soffermarsi sulle sciocchezze sostenute dalla destra istituzionale e non, quanto invece sulle giuste e sacrosante proteste sollevate dalla galassia, individuale e collettiva, che il mondo lgbt italiano rappresenta. La ragazza, che ha scritto a Martini, ha trent'anni, e dopo una vita etero, si è innamorata di una donna. Adesso è lesbica. Si interroga durante il suo colloquio (o soliloquio) con le istituzioni sul perché si debba ricorrere alle leggi di natura per dimostrare la giustezza o meno di quell'universo complesso che parla di desiderio, scelte, volontà, coraggio (qua la parola è davvero opportuna). Silvia (questo il suo nome inventato) dice: io sono omosessuale perché lo voglio. Non si tratta di gridare allo scandalo del politically correct nel sostenere quanto sbagliato è il messaggio di quella campagna. Il braccialetto di quel neonato offre evidentemente l'interpretazione che non è colpa di nessuno se gli omosessuali nascono così.
Graziella Bertozzo di Azione gay e lesbica e Facciamo Breccia, sostiene molto opportunamente - nella risposta ad Aurelio Mancuso apparsa in una lista di discussione femminista - che qui sono i criteri di una campagna efficace per i diritti lgbt ad essere sotto accusa, e questo è ancora più evidente se pensiamo ad una campagna con analoghi criteri per sostenere i diritti dei "colored" o delle donne. A prescindere dal dibattito natura/cultura e dall'"omosessuali si nasce o si diventa", probabilmente è vero che nessun movimento contro l'apartheid o alcun movimento delle donne plaudirebbe. Ed è probabilmente inutile rivendicare l'appartenenza a questa o quella scuola di femminismo, recuperando le omofobiche e antipatiche invettive della Irigaray contro le lesbiche, o al contrario facendo proprie le teorie di Adrienne Rich sul "continuum lesbico", interrogandoci su quanto prevalga la componente di attrazione verso il nostro stesso sesso dentro di noi. È bene ricordare che lo slogan "essenzialista" è stato usato nel primo Novecento dalle stesse associazioni gay, e dopo passato a revisione di una buona autocritica. Spostare la discussione sulle cause dell'omosessualità è il vero problema, alla base di quell'insopportabile scelta di comunicazione da parte della Regione Toscana, poiché nessuno mai si è chiesto le ragioni dell'eterosessualità, ed in questo senso, se volessimo provare a dire la nostra almeno sul piano comunicativo-pubblicitario, mettere l'accento sulla scelta "di non essere etero" sarebbe stato certamente più forte, più antagonista, più rivendicativo ma probabilmente… troppo lesbico e troppo gay, in una parola "troppo omosessuale". Segno del fatto che, come sosteneva Foucault, molte parole intorno al "discorso" sul sesso, ben lungi da liberare il sesso, al contrario fondano un nuovo codice (repressivo, condizionante, discriminatorio). Torniamo alla domanda iniziale: una campagna coraggiosa per chi? Certamente non in sostegno dell'omosessualità.

Magù

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