Umanità Nova, n.36 dell'11 novembre 2007, anno 87

Beati gli oppressori. Beati i privilegiati. Martiri assassini


Di tanto in tanto, la chiesa cattolica produce spettacoli di massa per l'edificazione dei fedeli e per mostrare a tutti il proprio potere di manipolazione e mobilitazione.
Il 28 ottobre è stato il caso della più grande beatificazione nella storia. Nella ricorrenza della "Marcia su Roma", in piazza San Pietro il papa e le alte gerarchie vaticane hanno reso onore a quasi 500 "martiri della fede", morti nella Spagna degli anni Trenta. Al tempo stesso gli apparati sono riusciti a trascinare a Roma alcune decine di migliaia di devoti, più di 70 vescovi e altri esponenti della CCAR (Chiesa Cattolica Apostolica Romana). Cifra ragguardevole, ma nettamente inferiore a quella di un milione di fedeli spagnoli, sparata qualche settimana prima dalle stesse fonti. Evidentemente qualcosa non ha funzionato alla perfezione nella "cattolicissima" Spagna. Nella terra dell'integralismo cattolico plurisecolare il clericalismo sta subendo dei colpi ad opera del laicismo, sia ufficiale (matrimonio tra gay, facilitazione del divorzio e dell'aborto, riduzione delle prerogative nel campo dell'istruzione e, in parte minima, dei privilegi fiscali) che sociale con la riduzione drastica delle vocazioni sacerdotali e delle pratiche religiose. Nemmeno la scoperta e l'uso spregiudicato delle tecniche di comunicazione di massa (in particolare la Radio COPE, fonte di una costante campagna di vittimizzazione, finanziata dalla Conferenza episcopale) riescono a gestire le masse come durante il franchismo.

Nostalgie franchiste
In effetti, la chiesa spagnola di oggi mostra un forte rimpianto per i tempi in cui era la "Religione di Stato" e la CCAR controllava la vita sociale in tutte le sue espressioni. Non a caso Franco fu un dictador bajo palio: nelle funzioni religiose egli era accompagnato da un palio, quasi fosse una reliquia o la stessa madonna. Non era infondata la riconoscenza delle isituzioni cattoliche al più feroce e dittatore europeo (dopo la fine della guerra civile, si calcolano in circa 100.000 i fucilati fino al 1945). Il Caudillo continuò a governare per quasi quarant'anni, fino alla morte (nel suo letto!) avvenuta nel novembre del 1975, dopo essere andato al potere con l'appoggio determinante di Mussolini e di Hitler.
La chiesa aveva benedetto la sua guerra definendola Cruzada, i preti avevano segnalato alla polizia politica i possibili desafectos nei villaggi e nei quartieri popolari per la repressione immediata, le istituzioni clericali avevano costretto per decenni tutti i bambini a pregare per Dios y Franco. Da parte sua il regime aveva consegnato l'istruzione ai religiosi, aveva proibito ogni tipo di religione concorrente, aveva riconosciuto al potere ecclesiastico sovvenzioni e prerogative molto superiori a quelle degli altri paesi cosiddetti cattolici.
La dittatura franchista si era autolegittimata con la vittoria militare nella guerra civile del 1936-39 e attuava una netta discriminazione verso i rojos, i repubblicani di ogni tendenza, costantemente emarginati nel lavoro e umiliati nella vita quotidiana oltre che nella retorica pubblica. Al tempo stesso si celebravano e osannavano i martiri franchisti esaltandone l'eroismo, la fede, l'amor patrio che li aveva portati al sacrificio massimo per impedire che la Spagna cadesse nelle mani della sovversione russa, dell'ateismo e dell'anarchia.

Dalla moderazione alla lotta clericale
Analogamente oggi la chiesa rievoca i propri morti ignorando deliberatamente il loro ruolo politico e presentandoli come pure vittime innocenti della altrui brutalità. La CCAR non evoca ovviamente la natura e la radicalità degli scontri sociali e politici degli anni Trenta, cancella il contesto storico di una contrapposizione frontale tra buona parte del proletariato e le classi dirigenti spagnole, annulla le motivazioni dei protagonisti, anche di quelli con i quali si erano schierati i "martiri". Astraendo da ogni riferimento reale resta solo l'immagine edulcorata delle loro "esistenze esemplari", l'"immolazione eroica di se stessi", e le "preghiere per coloro che li perseguitano". Di questo tono è l'omelia del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, pronunciata durante la messa del 29 ottobre. Lo stesso alto prelato esclude "implicazioni politiche" nella beatificazione che non intenderebbe "lottare contro chicchessia" e minimizza il peso politico dell'operazione mediatica in corso.
Però non ci si può nascondere a lungo. Poco dopo lo stesso testo vaticano auspica che la cerimonia romana dei 500 martiri stimoli "una vigorosa chiamata a ravvivare la fede" e che il loro esempio sia "seme fecondo di numerose e sante vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata". Perciò tutti possono verificare che le finalità della mobilitazione vanno trovate nel rafforzamento organizzativo della stessa chiesa e non in un generico omaggio funerario a delle povere vittime innocenti. Conferma evidente di tale finalità di potenziamento dello spirito militante si ha nello svolgimento della cerimonia: al culmine le masse addestrate intonano l'inno "Christus vincit", tipico delle formazioni di lotta contro il laicismo.
Dal canto suo il cardinale José Saraiva Martins, delegato del papa per l'occasione, ha ricordato che "I martiri (...) hanno offerto la loro vita gridando 'Viva Cristo re'". Forse l'illustre personaggio non si rendeva conto che tale grido richiama molto da vicino la teoria e la pratica integralista secondo cui il potere politico deriva da un ente superiore al popolo e ha riproposto, con innocenza, una linea ideologica e militante di tipo teocratico.
Ancora più esplicito è, come spesso succede, il tono dell'articolo dell'"Osservatore Romano", l'organo ufficiale della CCAR, del 28 ottobre a firma Juan Manuel de Prada. Dopo qualche cenno di convenienza alla "concordia e al perdono", egli rileva che la beatificazione "coincide con la promulgazione in Spagna di una Legge della memoria storica che semina zizzania perché ha riaperto la ferita del rancore e fatto agitare i fantasmi fratricidi di una battaglia i cui echi continuano ad infettare la convivenza degli spagnoli. Contro questi fantasmi s'innalza la testimonianza dei martiri che oggi saranno elevati agli onori degli altari". Alla faccia dell'esclusione di ogni intento polemico! Qui si entra direttamente in un dibattito politico in corso e si sposano le tesi del Partido Popular, quello del noto José María Aznar, secondo cui non si dovrebbe rievocare il passato e la riconciliazione dovrebbe avvenire cancellando le responsabilità della dittatura. Le vere vittime della repressione franchista e i loro discendenti dovrebbero semplicemente dimenticare, in nome della concordia nazionale, le sofferenze subite per decenni e non chiedere un atto di giustizia pur tardiva. Ecco come si ricompongono le ferite della società: le tragedie del popolo devono rientrare nel buio dell'oblio!

Claudio Venza

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