Forse non è superfluo ricordare alcuni fatti e momenti nei
quali l'alleanza tra trono e altare ha visto un esempio di fusione
indissolubile. Nel corso dell'Età Moderna, attorno al secolo
XVI, gli interessi della chiesa cattolica e dello stato spagnolo si
sono fusi e hanno dato vita al nazionalcattolicesimo, base ideologica
delle sanguinarie guerre di religione in Europa e della forzata
evangelizzazione nella colonizzazione nelle Americhe. Tale intreccio
perverso non si è sciolto nella lunga decadenza dei secoli XVIII
e XIX.
A parte brevissimi periodi di tensione tra governi illuministi e il
potere temporale dei papi e di alcuni ordini religiosi, gran parte
della storia spagnola del Settecento e dell'Ottocento ha visto la
riconferma dell'alleanza tra il potere di Cesare e quello di Pietro.
Insieme hanno combattuto ogni movimento di modernizzazione, moderato o
rivoluzionario, che cercava la rottura del latifondo immobilista e
affamatore. Così gli eredi di Cesare e di Pietro si sono
cementati per lunghi secoli. Quando, a metà circa dell'800, si
è fondata la Guardia Civil col compito specifico di stroncare le
rivolte contadine, tale intreccio tra dominatori si è
ulteriormente rafforzato e consolidato.
Ecco una delle ragioni del sorgere di un anticlericalismo diffuso e
forte tra il popolo spagnolo, sia in certe regioni rurali che, ancor di
più, nelle città. Pochi ricordano, nelle polemiche false
di questi giorni contro le violenze anticlericali, che i primi incendi
di edifici religiosi si verificano nel 1835, durante la lacerante
guerra che oppose i sostenitori di un pretedente la trono
ultracattolico ai difensori di un sovrano moderatamente liberale. Al
tempo la chiesa stava appoggiando le bande carliste, ospitandole e
rifocillandole nei conventi mentre queste si dedicavano senza troppe
remore ad uccidere la popolazione di interi villaggi industrializzati,
per esempio in Catalogna. Era comune vedere in azione il cosiddetto
fraile trabucaire, il religioso armato di un fucile a canne mozze, che
sparava contro i liberali e i laici per difendere, guarda un po', le
sorti di Cristo Re. Già nella guerra del primo decennio
dell'Ottocento contro i francesi, sia invasori che rivoluzionari e
laici, molti religiosi avevano partecipato in prima persona alla lotta
guerrigliera e avevano predicato dai pulpiti: "Uccidere un francese non
è peccato".
Ancora nel 1837, attorno a Valencia, l'Inquisizione, ormai abolita in
tutta Europa, era riuscita a far condannare a morte un maestro eretico
e aveva celebrato il macabro rito dell'esecuzione capitale in piazza.
Con queste premesse non è strano che le frequenti insurrezioni
popolari si dirigessero automaticamente contro le chiese e il clero.
Così nel luglio 1909, lo sciopero generale di una settimana a
Barcellona contro l'ennesima spedizione coloniale, aveva portato
all'incendio di una sessantina di edifici clericali. La rivolta aveva
fatto solo due morti, ma la repressione dell'esercito ne aveva causato
più di un centinaio. Dopo qualche mese, il governo
condannò a morte e fece fucilare il maestro libertario Francisco
Ferrer e altri anarchici, capri espiatori dell'insurrezione proletaria.
La vera colpa di Ferrer, assente da Barcellona nei giorni del moto ma
accusato senza prove di esserne il mandante morale, era quella di aver
fatto funzionare la Scuola Moderna, luogo educativo laico e non
gerarchico aperto ai ragazzi del popolo. E quindi inviso alla CCAR.
Contro l'assassinio si mobilitò l'intera Europa con scioperi
gennerali e assalti ai consolati spagnoli.
Nell'aprile 1931, appena proclamata la Seconda Repubblica, il cardinal
Segura, primate di Spagna, aveva condannato il nuovo assetto
istituzionale prima ancora che esso potesse procedere al minimo atto di
laicità. E ancora una volta gli edifici ecclesiastici avevano
fatto le spese della rabbia popolare.
Chi semina vento...
Nessuna sorpesa che nell'estate del 1936 l'impeto dei rivoluzionari
libertari e di altri repubblicani si dirigesse contro le chiese da cui,
in non pochi casi, si era sparato contro chi si opponeva al golpe dei
militari. Non necessariamente erano i preti a sparare, ma essi
ospitarono gruppi di golpisti e ciò li qualificò al di
là di ogni dubbio. In pratica nessuno dubitò che la
chiesa cattolica fosse alleata e collaboratrice dei golpisti.
Nelle comprensibili violenze anticlericali del primo periodo della
guerra civile è possibile che ci siano state delle persone
uccise solo per la loro funzione sociale. Così è
probabimente successo a non pochi religiosi, magari senza
responsabilità personali: in tutto furono uccisi, secondo dati
consolidati, circa 7.000 religiosi, soprattutto nelle prime settimane.
Si deve ricordare che ciò è successo anche a decine di
migliaia di braccianti e di operai eliminati in quanto tali,
cioè come appartenenti alle classi considerate pericolose da chi
stava imponendo il nuovo ordine militare con il golpe. Insomma appare
strumentale e infondata la campagna di denigrazione degli anticlericali
che si sta riproponendo attorno alla beatificazione dei 498 "morti per
la fede".
La guerra civile spagnola ha evidentemente scatenato atti umanamente
riprovevoli, anche tra chi combatteva per una causa giusta, ma appare
sempre più ipocrita e falso chi denuncia solo i morti della
chiesa e in più li considera estranei e addirittura neutrali nel
conflitto in corso.
Un atto di dissenso quasi doveroso
Per tutte queste ragioni la protesta antifascista e anticlericale
condotta di fronte alla chiesa di San Eugenio, quella dell'Opus Dei (la
massoneria cattolica), ha avuto il merito di non lasciare indisturbata
la manovra in corso e di denunciare, come indicava lo striscione, il
fatto scontato che "Chi ha ucciso, torturato e sfruttato non può
essere beato". Laddove il termine "beato" va ovviamente inteso in senso
molto più ampio di quello tipico dei cattolici.
Anche se il volantino, a firma Militant, inneggiava infelicemente al
Quinto Reggimento di staliniana memoria, l'iniziativa copriva un vuoto
di attenzione dei vari movimenti di base verso la provocazione in
contemporaneo svolgimento in Piazza San Pietro. Non a caso i fedeli
reazionari appena usciti dopo aver pregato, magari per la pace e
l'elevazione dello spirito, non hanno esitato ad aggredire i
manifestanti che erano armati solo di striscioni e volantini.
Guai a chi richiama i fanatici, in questo caso i clericali, all'effettivo svolgersi dei fatti storici.
Claudio Venza