Umanità Nova, n.36 dell'11 novembre 2007, anno 87

Il ruolo della Chiesa in Spagna. Qualche cenno storico


Forse non è superfluo ricordare alcuni fatti e momenti nei quali l'alleanza tra trono e altare ha visto un esempio di fusione indissolubile. Nel corso dell'Età Moderna, attorno al secolo XVI, gli interessi della chiesa cattolica e dello stato spagnolo si sono fusi e hanno dato vita al nazionalcattolicesimo, base ideologica delle sanguinarie guerre di religione in Europa e della forzata evangelizzazione nella colonizzazione nelle Americhe. Tale intreccio perverso non si è sciolto nella lunga decadenza dei secoli XVIII e XIX.
A parte brevissimi periodi di tensione tra governi illuministi e il potere temporale dei papi e di alcuni ordini religiosi, gran parte della storia spagnola del Settecento e dell'Ottocento ha visto la riconferma dell'alleanza tra il potere di Cesare e quello di Pietro. Insieme hanno combattuto ogni movimento di modernizzazione, moderato o rivoluzionario, che cercava la rottura del latifondo immobilista e affamatore. Così gli eredi di Cesare e di Pietro si sono cementati per lunghi secoli. Quando, a metà circa dell'800, si è fondata la Guardia Civil col compito specifico di stroncare le rivolte contadine, tale intreccio tra dominatori si è ulteriormente rafforzato e consolidato.
Ecco una delle ragioni del sorgere di un anticlericalismo diffuso e forte tra il popolo spagnolo, sia in certe regioni rurali che, ancor di più, nelle città. Pochi ricordano, nelle polemiche false di questi giorni contro le violenze anticlericali, che i primi incendi di edifici religiosi si verificano nel 1835, durante la lacerante guerra che oppose i sostenitori di un pretedente la trono ultracattolico ai difensori di un sovrano moderatamente liberale. Al tempo la chiesa stava appoggiando le bande carliste, ospitandole e rifocillandole nei conventi mentre queste si dedicavano senza troppe remore ad uccidere la popolazione di interi villaggi industrializzati, per esempio in Catalogna. Era comune vedere in azione il cosiddetto fraile trabucaire, il religioso armato di un fucile a canne mozze, che sparava contro i liberali e i laici per difendere, guarda un po', le sorti di Cristo Re. Già nella guerra del primo decennio dell'Ottocento contro i francesi, sia invasori che rivoluzionari e laici, molti religiosi avevano partecipato in prima persona alla lotta guerrigliera e avevano predicato dai pulpiti: "Uccidere un francese non è peccato".
Ancora nel 1837, attorno a Valencia, l'Inquisizione, ormai abolita in tutta Europa, era riuscita a far condannare a morte un maestro eretico e aveva celebrato il macabro rito dell'esecuzione capitale in piazza. Con queste premesse non è strano che le frequenti insurrezioni popolari si dirigessero automaticamente contro le chiese e il clero. Così nel luglio 1909, lo sciopero generale di una settimana a Barcellona contro l'ennesima spedizione coloniale, aveva portato all'incendio di una sessantina di edifici clericali. La rivolta aveva fatto solo due morti, ma la repressione dell'esercito ne aveva causato più di un centinaio. Dopo qualche mese, il governo condannò a morte e fece fucilare il maestro libertario Francisco Ferrer e altri anarchici, capri espiatori dell'insurrezione proletaria. La vera colpa di Ferrer, assente da Barcellona nei giorni del moto ma accusato senza prove di esserne il mandante morale, era quella di aver fatto funzionare la Scuola Moderna, luogo educativo laico e non gerarchico aperto ai ragazzi del popolo. E quindi inviso alla CCAR. Contro l'assassinio si mobilitò l'intera Europa con scioperi gennerali e assalti ai consolati spagnoli.
Nell'aprile 1931, appena proclamata la Seconda Repubblica, il cardinal Segura, primate di Spagna, aveva condannato il nuovo assetto istituzionale prima ancora che esso potesse procedere al minimo atto di laicità. E ancora una volta gli edifici ecclesiastici avevano fatto le spese della rabbia popolare.

Chi semina vento...
Nessuna sorpesa che nell'estate del 1936 l'impeto dei rivoluzionari libertari e di altri repubblicani si dirigesse contro le chiese da cui, in non pochi casi, si era sparato contro chi si opponeva al golpe dei militari. Non necessariamente erano i preti a sparare, ma essi ospitarono gruppi di golpisti e ciò li qualificò al di là di ogni dubbio. In pratica nessuno dubitò che la chiesa cattolica fosse alleata e collaboratrice dei golpisti.
Nelle comprensibili violenze anticlericali del primo periodo della guerra civile è possibile che ci siano state delle persone uccise solo per la loro funzione sociale. Così è probabimente successo a non pochi religiosi, magari senza responsabilità personali: in tutto furono uccisi, secondo dati consolidati, circa 7.000 religiosi, soprattutto nelle prime settimane. Si deve ricordare che ciò è successo anche a decine di migliaia di braccianti e di operai eliminati in quanto tali, cioè come appartenenti alle classi considerate pericolose da chi stava imponendo il nuovo ordine militare con il golpe. Insomma appare strumentale e infondata la campagna di denigrazione degli anticlericali che si sta riproponendo attorno alla beatificazione dei 498 "morti per la fede".
La guerra civile spagnola ha evidentemente scatenato atti umanamente riprovevoli, anche tra chi combatteva per una causa giusta, ma appare sempre più ipocrita e falso chi denuncia solo i morti della chiesa e in più li considera estranei e addirittura neutrali nel conflitto in corso.

Un atto di dissenso quasi doveroso
Per tutte queste ragioni la protesta antifascista e anticlericale condotta di fronte alla chiesa di San Eugenio, quella dell'Opus Dei (la massoneria cattolica), ha avuto il merito di non lasciare indisturbata la manovra in corso e di denunciare, come indicava lo striscione, il fatto scontato che "Chi ha ucciso, torturato e sfruttato non può essere beato". Laddove il termine "beato" va ovviamente inteso in senso molto più ampio di quello tipico dei cattolici.
Anche se il volantino, a firma Militant, inneggiava infelicemente al Quinto Reggimento di staliniana memoria, l'iniziativa copriva un vuoto di attenzione dei vari movimenti di base verso la provocazione in contemporaneo svolgimento in Piazza San Pietro. Non a caso i fedeli reazionari appena usciti dopo aver pregato, magari per la pace e l'elevazione dello spirito, non hanno esitato ad aggredire i manifestanti che erano armati solo di striscioni e volantini. 
Guai a chi richiama i fanatici, in questo caso i clericali, all'effettivo svolgersi dei fatti storici.

Claudio Venza

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