Si fatica a star dietro alla cronaca di questi giorni incattiviti in
cui il potere schiuma, avvitandosi su se stesso e distribuendo morte e
galera. Domenica 11 novembre un poliziotto uccide con un colpo di
pistola alla testa sparato da sessanta metri un tifoso laziale. Il
colpo, manco a dirlo, sarebbe partito accidentalmente, ma ha colpito
con balistica precisione proprio il cranio che si trovava sulla
traiettoria. Viene ipotizzato l'omicidio colposo. Le città
italiane sono state attraversate da scontri tra tifoserie e polizia e
carabinieri e sopratutto Roma ha trascorso una "giornata particolare":
assalti a caserme della polizia e duri scontri di piazza. Alla fine
quattro fermati, per i quali non è scattata la "solita" condanna
per direttissima per resistenza, danneggiamenti e lesioni, ma è
stata ipotizzata la finalità di "terrorismo" nelle condotte ora
indicate: una novità nella repressione dei fatti attribuiti agli
ultras delle squadre di calcio.
A Milano, il 12 novembre si è concluso il processo per i fatti
dell'11 marzo 2006, quando un gruppo di antifascisti cercò di
impedire una parata di Fiamma Tricolore; in quell'occasione furono
arrestate una trentina di persone, accusate di "devastazione e
saccheggio" (art. 419 c.p.), un reato che prevede pene dagli otto ai
quindici anni di reclusione. Metà tra primo e secondo grado sono
state assolte da ogni accusa, mentre per quindici è stata
confermata la pena di quattro anni inflitta in primo grado con rito
abbreviato. Niente morti né feriti e pratica
impossibilità di attribuire fatti specifici agli imputati:
eppure anni e anni di galera per un "reato collettivo", cui basta aver
"concorso"con condotte del tutto estranee.
Colpisce la violenza del potere che cerca di seppellire sotto
imputazioni da tempo di guerra le manifestazioni di piazza, accollando
a semplici partecipanti fatti per i quali sono previste gravissime
pene. Evidente l'intento intimidatorio, ma pure la crisi di nervi che
attraversa il potere, incapace di controllare le proprie spinte
repressive, totalmente privo di misura, come ci si aspetterebbe da chi
controlla la situazione. Invece il grado dell'emergenza politica e
sociale può essere misurato proprio sulla facilità con
cui le forze del disordine uccidono ed i magistrati elaborano le
più vendicative e draconiane ipotesi accusatorie pur di
schiacciare ogni "disturbo" all'ordine pubblico.
La democrazia autoritaria che cerca di fare tabula rasa di ogni
opposizione sociale bolla come "terrorista" o "devastatore" chi si
oppone allo stato di cose presenti in decine e decine di inchieste
aperte in tutta l'Italia, dove fantomatiche accuse di "associazione
sovversiva" cercano di imbavagliare gruppi e realtà che non si
piegano alla patinata e levigata democrazia di cui il sindaco di Roma e
segretario del Pd meglio incarna lo spirito: una democrazia senza
contraddizioni, senza conflitti, in cui i preti e i poliziotti hanno
sempre ragione e lavorano per noi, per la nostra salvezza e protezione.
Quando la maschera cade ed il potere si manifesta come cieca e stupida
capacità omicida, non è certo permesso protestare od
indignarsi e chi lo fa va punito come "antisociale", perchè nega
la sussistenza di quella pacata trama di rapporti orizzontali e neutri
di cui sarebbe intessuta la società, e grida piuttosto la sua
rabbia e la violenza che subisce ogni giorno. Tutto ciò è
insopportabile per chi monta ogni giorno il baraccone dell'apparenza
che dovrebbe istupidirci e ammansirci del tutto. Per fortuna resistiamo
alle ondate di pornografica violenza e di menzogne che ci vomitano ogni
giorno addosso, sapendo che più aumenta lo strepito più
il potere dice tutta la sua debolezza.
W.B.