Umanità Nova, n.37 del 18 novembre 2007, anno 87

La Finanziaria e il governo. Lasciateci lavorare!


Le parole di Almunia sull'Italia alla fine dell'ultimo Eurogruppo avevano provocato la reazione di Prodi che - rivolto all'Ue - aveva detto: «Lasciateci lavorare»
Colpisce il fatto che un democristiano di antico ceppo come Romano Prodi abbia risposto a Joaquin Almunia con cotanta secchezza e, soprattutto, che avesse ripreso una frase del suo non compianto predecessore.
Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia, aveva, infatti, parlato di «ottime notizie» per quanto riguarda paesi come Italia e Portogallo che nel 2007 riporteranno il deficit sotto il 3%. «Ma - aveva aggiunto - nonostante gli sforzi fatti finora siano molto positivi, in alcuni paesi c'è una sorta di rallentamento». In particolare «in Italia e in Francia sul fronte del deficit strutturale non c'è alcun miglioramento per il 2008». Inoltre, aveva aggiunto Almunia, «se tutti gli Stati membri che hanno avuto degli utili imprevisti (leggi: «tesoretto», ndr) li avessero usati interamente per il consolidamento delle finanze pubbliche i risultati sul fronte dei conti sarebbero stati certamente migliori».
In altri termini, il governo italiano è accusato dalla tecnoburocrazia europea di aver "largheggiato" in occasione della Finanziaria 2008 e, in altri termini, di non aver replicato la macelleria sociale che aveva caratterizzato la finanziaria dell'anno scorso.
È un fatto che il buon Almunia, come i suoi compagni di merenda, non deve fare i conti, come il nostro eroe, con un crescente scontento sociale, per un verso, e, se non bastasse, con un parlamento, ivi compresa la maggioranza, che più che mai sembra un circo equestre.
D'altro canto, è prassi consolidata l'alternare ad una Finanziaria "pesante" una "leggera" tenendo fermo il principio che le leggi finanziarie qualcosa ai lavoratori ed agli strati sociali a basso reddito devono, nel complesso, togliere.
Grazie ad alcune, moderate concessioni, ad oggi, il governo ha portato a casa il voto favorevole della sinistra "radicale".
Ad esempio, il ministro dell'ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha dichiarato, a proposito del voto finale: "Credo che tutti debbano valutare i singoli emendamenti, ma poi devono avere una lealtà rispetto al mandato che hanno avuto dagli elettori. Nessuno ha il diritto di sfilarsi da un impegno preso con i cittadini". Di conseguenza i Verdi non si sfileranno.
Più significativamente, il segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano, leader del principale partito che ha organizzato la manifestazione del 20 ottobre, afferma sempre a proposito del voto: "Non abbiamo mani libere al contrario di Dini. Siamo impegnati rispetto al Programma e diamo sostegno alla Finanziaria".
"Al contrario di Dini" quest'affermazione è, a mio avviso, fondamentale. La sinistra radicale denuncia le manovre degli orridi centristi ed in primo luogo del Rospo per far cadere il governo da destra e ne trae l'unica conseguenza logica, il governo va comunque sostenuto. Quanto questa considerazione sia condivisa dalla base sociale del PRC è tutto da vedere ma tant'è, il richiamo all'ordine ha sovente funzionato e Giordano ci prova per l'ennesima volta.
A proposito di Dini, vale la penna di leggere quanto scrive "L'Unità" dell'11 novembre: "Lamberto Dini, infatti, ...continua a ripetere che dirà no a una manovra economica troppo «spendacciona» e rilancia. «Mi riservo fino all'ultimo il giudizio complessivo sulla Finanziaria... noi abbiamo le mani libere». Per scongiurare l'eventualità del voto negativo di Dini, il centrosinistra è pronto ad accogliere quasi tutte le sue richieste. Il nodo delle assunzioni dei precari della pubblica amministrazione, come ha spiegato il relatore Legnini, è stato sciolto accogliendo un emendamento del braccio destro di Dini Natale D'Amico, opportunamente modificato.
Non ci sarà una sanatoria indiscriminata: i precari con un contratto a termine dovranno superare una selezione, mentre i co.co.co avranno diritto a un punteggio da far valere nei prossimi concorsi. Il punto è che Dini non si accontenta: sul tappeto, insiste, ci sono altri nodi. In primis quello del tetto degli stipendi dei manager pubblici, al quale è totalmente contrario in nome della difesa della qualità nello Stato; quindi quello della copertura della norma che abolisce i ticket. Il relatore Legnini casca dalle nuvole: «Nessuna copertura è stata passata ai raggi x come quella per l'abolizione dei ticket».
Insomma, la Legge Finanziaria, oltre a non prevedere finanziamenti adeguati per il rinnovo, in ritardo o in scadenza, dei contratti dei pubblici dipendenti non da garanzie nemmeno per l'assunzione dei precari mentre ancora ci si scontra sul taglio delle retribuzioni dei manager pubblici e il taglio dei costi della politica si è ridotto ad un taglietto.
Saremmo, quindi, di fronte ad una finanziaria diniana. Fuor di celia, è chiaro che Dini ha reso un ultimo servizio alla maggioranza assumendosi l'onore e l'onere di bloccare le pur modeste concessioni che la cosa rossa aveva spuntato.
A breve conosceremo il testo definitivo e sarà possibile una valutazione più approfondita dell'assieme della Legge Finanziaria ma già oggi possiamo verificare come, e non è una grande scoperta, dal dibattito parlamentare è sortito il solito mostriciattolo.
Sul piano politico si tratta, di conseguenza, di lavorare perché lo scontento generico si trasformi in opposizione e lotta.

Cosimo Scarinzi


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