Le parole di Almunia sull'Italia alla fine dell'ultimo Eurogruppo
avevano provocato la reazione di Prodi che - rivolto all'Ue - aveva
detto: «Lasciateci lavorare»
Colpisce il fatto che un democristiano di antico ceppo come Romano
Prodi abbia risposto a Joaquin Almunia con cotanta secchezza e,
soprattutto, che avesse ripreso una frase del suo non compianto
predecessore.
Il commissario Ue agli Affari economici e monetari, Joaquin Almunia,
aveva, infatti, parlato di «ottime notizie» per quanto
riguarda paesi come Italia e Portogallo che nel 2007 riporteranno il
deficit sotto il 3%. «Ma - aveva aggiunto - nonostante gli sforzi
fatti finora siano molto positivi, in alcuni paesi c'è una sorta
di rallentamento». In particolare «in Italia e in Francia
sul fronte del deficit strutturale non c'è alcun miglioramento
per il 2008». Inoltre, aveva aggiunto Almunia, «se tutti
gli Stati membri che hanno avuto degli utili imprevisti (leggi:
«tesoretto», ndr) li avessero usati interamente per il
consolidamento delle finanze pubbliche i risultati sul fronte dei conti
sarebbero stati certamente migliori».
In altri termini, il governo italiano è accusato dalla
tecnoburocrazia europea di aver "largheggiato" in occasione della
Finanziaria 2008 e, in altri termini, di non aver replicato la
macelleria sociale che aveva caratterizzato la finanziaria dell'anno
scorso.
È un fatto che il buon Almunia, come i suoi compagni di merenda,
non deve fare i conti, come il nostro eroe, con un crescente scontento
sociale, per un verso, e, se non bastasse, con un parlamento, ivi
compresa la maggioranza, che più che mai sembra un circo
equestre.
D'altro canto, è prassi consolidata l'alternare ad una
Finanziaria "pesante" una "leggera" tenendo fermo il principio che le
leggi finanziarie qualcosa ai lavoratori ed agli strati sociali a basso
reddito devono, nel complesso, togliere.
Grazie ad alcune, moderate concessioni, ad oggi, il governo ha portato a casa il voto favorevole della sinistra "radicale".
Ad esempio, il ministro dell'ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ha
dichiarato, a proposito del voto finale: "Credo che tutti debbano
valutare i singoli emendamenti, ma poi devono avere una lealtà
rispetto al mandato che hanno avuto dagli elettori. Nessuno ha il
diritto di sfilarsi da un impegno preso con i cittadini". Di
conseguenza i Verdi non si sfileranno.
Più significativamente, il segretario di Rifondazione comunista,
Franco Giordano, leader del principale partito che ha organizzato la
manifestazione del 20 ottobre, afferma sempre a proposito del voto:
"Non abbiamo mani libere al contrario di Dini. Siamo impegnati rispetto
al Programma e diamo sostegno alla Finanziaria".
"Al contrario di Dini" quest'affermazione è, a mio avviso,
fondamentale. La sinistra radicale denuncia le manovre degli orridi
centristi ed in primo luogo del Rospo per far cadere il governo da
destra e ne trae l'unica conseguenza logica, il governo va comunque
sostenuto. Quanto questa considerazione sia condivisa dalla base
sociale del PRC è tutto da vedere ma tant'è, il richiamo
all'ordine ha sovente funzionato e Giordano ci prova per l'ennesima
volta.
A proposito di Dini, vale la penna di leggere quanto scrive
"L'Unità" dell'11 novembre: "Lamberto Dini, infatti, ...continua
a ripetere che dirà no a una manovra economica troppo
«spendacciona» e rilancia. «Mi riservo fino
all'ultimo il giudizio complessivo sulla Finanziaria... noi abbiamo le
mani libere». Per scongiurare l'eventualità del voto
negativo di Dini, il centrosinistra è pronto ad accogliere quasi
tutte le sue richieste. Il nodo delle assunzioni dei precari della
pubblica amministrazione, come ha spiegato il relatore Legnini,
è stato sciolto accogliendo un emendamento del braccio destro di
Dini Natale D'Amico, opportunamente modificato.
Non ci sarà una sanatoria indiscriminata: i precari con un
contratto a termine dovranno superare una selezione, mentre i co.co.co
avranno diritto a un punteggio da far valere nei prossimi concorsi. Il
punto è che Dini non si accontenta: sul tappeto, insiste, ci
sono altri nodi. In primis quello del tetto degli stipendi dei manager
pubblici, al quale è totalmente contrario in nome della difesa
della qualità nello Stato; quindi quello della copertura della
norma che abolisce i ticket. Il relatore Legnini casca dalle nuvole:
«Nessuna copertura è stata passata ai raggi x come quella
per l'abolizione dei ticket».
Insomma, la Legge Finanziaria, oltre a non prevedere finanziamenti
adeguati per il rinnovo, in ritardo o in scadenza, dei contratti dei
pubblici dipendenti non da garanzie nemmeno per l'assunzione dei
precari mentre ancora ci si scontra sul taglio delle retribuzioni dei
manager pubblici e il taglio dei costi della politica si è
ridotto ad un taglietto.
Saremmo, quindi, di fronte ad una finanziaria diniana. Fuor di celia,
è chiaro che Dini ha reso un ultimo servizio alla maggioranza
assumendosi l'onore e l'onere di bloccare le pur modeste concessioni
che la cosa rossa aveva spuntato.
A breve conosceremo il testo definitivo e sarà possibile una
valutazione più approfondita dell'assieme della Legge
Finanziaria ma già oggi possiamo verificare come, e non è
una grande scoperta, dal dibattito parlamentare è sortito il
solito mostriciattolo.
Sul piano politico si tratta, di conseguenza, di lavorare perché
lo scontento generico si trasformi in opposizione e lotta.
Cosimo Scarinzi