Da «Il Corriere della
Sera» del 30 ottobre 2007: "Il papa: farmacisti, obiezione di
coscienza. Benedetto XVI chiede il riconoscimento del diritto a livello
internazionale"
Da «La Repubblica» del 30
ottobre 2007: "Il papa: su aborto e eutanasia anche i farmacisti
obiettino. Ratzinger contro la pillola del giorno dopo e la Ru486. La
federfarma: proposta inattuabile".
Innanzitutto alcune considerazioni tecniche. L'incidenza di una
eventuale obiezione di coscienza dei farmacisti per quanto riguarda il
lavoro quotidiano in una qualsiasi farmacia, sarebbe pressoché
irrilevante. La cosiddetta pillola del giorno dopo ("Norlevo") viene
dispensata, su ricetta medica non ripetibile (quindi con rigorosi
formalismi), mediamente una o due volte al mese per farmacia; la famosa
e "famigerata" Ru486 non è presente in farmacia ma viene
utilizzata solo in poche e particolari strutture ospedaliere
specialistiche; farmaci atti a "cancellare la vita delle persone", per
usare le parole di Ratzinger, sono potenzialmente una infinità
ma, in tutta sincerità, in trentacinque anni di professione non
mi è mai capitato di dispensare tali farmaci con la
finalità di praticare l'eutanasia, né sono mai venuto a
conoscenza che colleghi l'abbiano fatto. Se a questo si aggiunge che le
attuali disposizioni di legge non prevedono, ma anzi, espressamente
sanzionano, una qualsiasi forma di obiezione da parte del farmacista al
banco, e che se qualcuno volesse o potesse forzare le cose, si
tratterebbe comunque di una minoranza, si può ben capire come
questa ennesima bordata papale contro le indigeste mura della
libertà di coscienza, abbia ben altro fine che non quello di
provocare, in qualche farmacista particolarmente sensibile alle "parole
del santo padre", un sussulto di bigottismo. Sussulto del quale, per
altro, non credo si avverta minimamente il bisogno.
Altri fini, dunque. E alla luce della strategia clericale, non
difficili da individuare. Se tralasciamo, infatti, l'abituale offesa
alla donna, vista ancora come un "non essere" minoritario che deve
essere salvaguardato "amorevolmente" da parte del maschio, tanto meglio
se in tonaca, non è difficile cogliere nelle parole di Ratzinger
l'ennesimo tentativo di mettere la scienza sotto tutela. Cassato
Galilei con lo spettacolare e strumentale mea culpa di Wojtila di
qualche anno fa, la Chiesa ci riprova e nel momento stesso in cui
inventa l'improbabile categoria dei farmaci "immorali" (a quando anche
la pillola e il profilattico?), stende la sua cappa opprimente sulla
ricerca scientifica, che dovrebbe, a suo dire, perseguire solo
ciò che essa stessa giudica morale. Con buona pace, tanto per
non perdere la secolare abitudine, di quello che qualche anticlericale
ottocentesco continua a chiamare libero arbitrio.
Del resto, è chiaro. Resa minoritaria la scienza, e quindi
quella stessa ragione razionale che ancora si ostina a perseguire le
strade della conoscenza senza ricorrere al sacro e all'inconoscibile,
senza dovere, quindi, affidarsi alle cure del magistero ecclesiale, la
strada è spianata, gli ostacoli sono rimossi, e il codice
stradale resta soltanto quello approvato sotto il cupolone di San
Pietro. Con buona pace di chi intenderebbe, ad esempio, continuare a
guidare a sinistra.
Come si capisce, dunque, si tratta di una orgogliosa e ultimativa
affermazione di potenza e prepotenza, mascherata sotto la abusata
dichiarazione di principio a difesa della cosiddetta sacralità
della vita. Sacralità della vita sbattuta strumentalmente in
faccia al popolaccio, come piede di porco per scardinare le poche
resistenze laiche rimaste e per mettere con le spalle al muro, al muro
dell'obbligo della fedeltà al papa, quanti, anche fra i
cattolici, credono ingenuamente, di poter godere di un minimo di
autonomia di pensiero. Perché è chiaro! non è con
la propria coscienza che possono e devono fare i conti, ma solo con
quello che impone loro l'autorità pontificia.
Ieri il diktat ai medici, oggi ai farmacisti, domani o dopodomani ad
altre categorie professionali da usare per compiere il disegno "divino"
di un potere temporale nuovo e al passo coi tempi. Affermato un
principio-diritto, in questo caso il principio-diritto di potere
infrangere con tutti i crismi un preciso regolamento professionale
– interessante, al proposito, la piena adesione dell'Ordine
nazionale dei farmacisti al disegno papale – il precedente che si
crea diventerà utile per ben altre "infrazioni", per ben altre
affermazioni di indipendenza e arrogante autonomia in seno alla
società. Del resto, considerando quanto poco ci sia, nella
società, disponibile ad opporsi alle mene clericali, viene da
pensare che il papa non abbia neanche bisogno di parlare ad alta voce.
Forse gli basta sussurrare. Almeno finché il pensiero laico non
ritrovi la consapevolezza della propria dignità. E, diciamolo
pure, anche della propria alterità. Etica e morale.
MoM