Per sabato 24 novembre è stata indetta una grande
manifestazione contro la violenza maschile, cui hanno aderito
moltissime organizzazioni di donne e non solo, ognuna portando la sua
specificità e la sua esperienza.
In seguito all'omicidio di Roma, il tema della violenza sulle donne
è tornato alla ribalta, ma in maniera distorta e falsa, non a
caso.
La violenza è un problema umano, non di ordine pubblico.
Giovanna Reggiani è stata violentata più volte: la logica
dei provvedimenti securitari adottati in seguito al suo omicidio
generano paura, e la paura genera incapacità di difendersi ed
altra violenza.
Il capro espiatorio cattivo e straniero tranquillizza le coscienze: da
noi non può succedere, nella mia famiglia questo non accade, il
pericolo è "fuori" e perciò basta non andare fuori, ma
restare nelle mura di casa.
Invece, come sottolinea l'appello di convocazione della mobilitazione,
chi uccide, violenta, aggredisce non è un deviato o un pazzo.
Non è lo sconosciuto, ma il parente, l'amico, quello che ti sta
accanto: l'uomo "normale".
Da una ricerca Eures emerge che un omicidio su 4 avviene entro le mura
domestiche. Il 70% delle vittime sono donne e in 8 casi su 10 l'autore
è un uomo.
57 donne sono state uccise negli ultimi 6 mesi.
L'Istat, in una recente indagine, rileva che quasi 7 milioni di donne
tra i 16 e i 60 anni sono state oggetto di violenza fisica o sessuale
nella loro vita, mentre altri 7 milioni hanno subito una violenza
psicologica: nella maggior parte dei casi l'autore è il partner
o l'ex, come nel 69,7% dei casi di stupro; il 95% delle violenze non
viene denunciato.
Ma perché queste cifre possano essere snocciolate senza che ci
si riversi in piazza, bloccando tutto e tutti, come avviene in
occasione di stragi di altro tipo, ancora non riusciamo a capirlo.
Forse i morti per mano della mafia o dei fascisti sono più
importanti? Gli omicidi perpetrati a danno elle donne possono essere
tranquillamente ignorati, anche quando raggiungono proporzioni enormi,
come a Ciudad Juarez, per fare un esempio?
La violenza sulle donne non è un fatto di cronaca che non ci
appartiene: sta nelle nostre vite ed è generata dai rapporti di
potere che si instaurano all'interno della coppia e nella vita pubblica.
Le donne conoscono quasi sempre il proprio aguzzino, ma proprio questo
rende più difficile riconoscere e combattere la violenza. Noi
donne non siamo "soggetti deboli" da tutelare, ma sicuramente siamo
state indebolite da paure, insicurezze, cultura, stereotipi che ci
hanno accompagnato sin dalla nascita e ad alcune hanno tolto la
capacità di parlare e gridare la propria rabbia.
Continua ad essere profonda la convinzione maschile che la donna debba
essere controllata, per il suo bene. Il delitto d'onore è stato
cancellato dalla legislazione da pochi decenni, ma molti maschi
continuano a trasmetterselo geneticamente: ti amo proprio tanto, ma
tanto da farti morire .
Mentre i telegiornali gridavano a gran voce al "romeno assassino", un bravo uomo italiano dava fuoco alla sua convivente.
Perciò se è la relazione tra esseri umani ad essere
ammalata, come potrà una legge cambiare questo stato di cose?
Una manifestazione di certo non sconfiggerà la violenza, ma
sarà un momento per prenderne coscienza, un luogo per acquistare
sicurezza e sentirsi non sole, perché la vera sicurezza passa
dalla sconfitta della paura.
E se con la scusa di "difenderci" provocano un deserto di rabbia e
squallore, preferiamo il giardino delle nostre difficoltà, tra
le quali ci muoviamo e con l'aiuto reciproco siamo in grado di vivere
in modo umano. La nostra libertà non ha niente a che a che fare
con questo teatro di guerra.
R.P.