Umanità Nova, n.38 del 25 novembre 2007, anno 87

Violenza maschile. Ti amo da morire


Per sabato 24 novembre è stata indetta una grande manifestazione  contro la violenza maschile, cui hanno aderito moltissime organizzazioni di donne e non solo, ognuna portando la sua specificità e la sua esperienza.
In seguito all'omicidio di Roma, il tema della violenza sulle donne è tornato alla ribalta, ma in maniera distorta e falsa, non a caso.
La violenza è un problema umano, non di ordine pubblico.
Giovanna Reggiani è stata violentata più volte: la logica dei provvedimenti securitari adottati in seguito al suo omicidio generano paura, e la paura genera incapacità di difendersi ed altra violenza.
Il capro espiatorio cattivo e straniero tranquillizza le coscienze: da noi non può succedere, nella mia famiglia questo non accade, il pericolo è "fuori" e perciò basta non andare fuori, ma restare nelle mura di casa.
Invece, come sottolinea l'appello di convocazione della mobilitazione, chi uccide, violenta, aggredisce non è un deviato o un pazzo. Non è lo sconosciuto, ma il parente, l'amico, quello che ti sta accanto: l'uomo "normale".
Da una ricerca Eures emerge che un omicidio su 4 avviene entro le mura domestiche. Il 70% delle vittime sono donne e in 8 casi su 10 l'autore è un uomo.
57 donne sono state uccise negli ultimi 6 mesi.
L'Istat, in una recente indagine, rileva che quasi 7 milioni di donne tra i 16 e i 60 anni sono state oggetto di violenza fisica o sessuale nella loro vita, mentre altri 7 milioni hanno subito una violenza psicologica: nella maggior parte dei casi l'autore è il partner o l'ex, come nel 69,7% dei casi di stupro; il 95% delle violenze non viene denunciato.
Ma perché queste cifre possano essere snocciolate senza che ci si riversi in piazza, bloccando tutto e tutti, come avviene in occasione di stragi di altro tipo, ancora non riusciamo a capirlo. Forse i morti per mano della mafia o dei fascisti sono più importanti? Gli omicidi perpetrati a danno elle donne possono essere tranquillamente ignorati, anche quando raggiungono proporzioni enormi, come a Ciudad Juarez, per fare un esempio?
La violenza sulle donne non è un fatto di cronaca che non ci appartiene: sta nelle nostre vite ed è generata dai rapporti di potere che si instaurano all'interno della coppia e nella vita pubblica.
Le donne conoscono quasi sempre il proprio aguzzino, ma proprio questo rende più difficile riconoscere e combattere la violenza. Noi donne non siamo "soggetti deboli" da tutelare, ma sicuramente siamo state indebolite da paure, insicurezze, cultura, stereotipi che ci hanno accompagnato sin dalla nascita e ad alcune hanno tolto la capacità di parlare e gridare la propria rabbia.
Continua ad essere profonda la convinzione maschile che la donna debba essere controllata, per il suo bene. Il delitto d'onore è stato cancellato dalla legislazione da pochi decenni, ma molti maschi continuano a trasmetterselo geneticamente: ti amo proprio tanto, ma tanto da farti morire .
Mentre i telegiornali gridavano a gran voce al "romeno assassino", un bravo uomo italiano dava fuoco alla sua convivente.
Perciò se è la relazione tra esseri umani ad essere ammalata, come potrà una legge cambiare questo stato di cose?
Una manifestazione di certo non sconfiggerà la violenza, ma sarà un momento per prenderne coscienza, un luogo per acquistare sicurezza e sentirsi non sole, perché la vera sicurezza passa dalla sconfitta della paura.
E se con la scusa di "difenderci" provocano un deserto di rabbia e squallore, preferiamo il giardino delle nostre difficoltà, tra le quali ci muoviamo e con l'aiuto reciproco siamo in grado di vivere in modo umano. La nostra libertà non ha niente a che a che fare con questo teatro di guerra.

R.P.



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