È, a mio avviso, ragionevole supporre che i lettori di
"Umanità Nova" siano farciti ben oltre i loro/nostri desideri di
informazioni sull'uccisione di un tifoso della Lazio ad opera di un
poliziotto, sulla seguente rivolta degli ultrà di diverse
squadre, sull'attitudine assunta da magistratura, governo, politici,
giornalisti.
Questa ipertrofia dell'informazione su di un fatto rilevante ma, di per
sé, non così straordinario è, a mio avviso, il
vero evento sul quale vale la pena di ragionare.
Quando, aprendo "La Repubblica" del giorno dopo si trovano 11 pagine di
articoli, commenti, valutazioni sul fatto in questione non si
può fare a meno di rilevare che, se è vero che i giornali
non dicono di norma molto di importante, è anche vero che
c'è qualcosa di strano.
Se, per ipotesi, un poliziotto avesse abbattuto, nel corso di una
caccia ai rumeni, la maestra di scuola di infanzia Filomena
Quattrociocchi o il ragionier Eugenio Rebaudengo, sono ragionevolmente
certo che, per un verso, nessuna caserma avrebbe subito l'assalto di
falangi di maestre o di ragionieri e che, per l'altro, sarebbero stati
pubblicati pochi e compunti articoli sugli incidenti che capitano ai
ragazzi in blu nell'esercizio delle loro funzioni e su quelli,
decisamente più gravi, che occorrono a chi ha la malaccortezza
di porsi sulla linea del fuoco.
È, a questo punto, evidente che la pretesa di separare
l'uccisione dall'oggetto dell'uccisione stessa non regge. Non ricordo,
infatti, prima della vicenda della quale ragioniamo alcun caso di
magistrato che spiegava in televisione che l'abbattimento in diretta di
bravi giovani è deplorevole ed ingiustificabile anzi, per dirla
tutta, non ricordo esibizioni del genere nemmeno in occasione, per fare
un esempio classico, di morti sul lavoro.
Ne consegue che la vera colpa del nostro tutore dell'ordine è
stata proprio l'eliminazione di un supporter della Lazio o, a rigore,
di un ultrà.
Viene, di conseguenza, da chiedersi perché l'abbattimento di ultrà sia così particolarmente deplorevole.
Proverò a formulare un'ipotesi, suscettibile come ogni ipotesi di verifica o di smentita.
Nel mare di carta dedicata all'evento mi è capitato di notare un
trafiletto che ci informava che vi sono quasi quattromila ultrà
sottoposti a provvedimenti di divieto di andare allo stadio e che di
costoro il 60% non è incensurato.
Non è necessaria una grande capacità analitica per
comprendere che siamo di fronte ad un universo sociale, in senso
stretto, di alcune decine di migliaia con un'area di influenza di
diverse centinaia di migliaia di persone. Un vero e proprio partito di
massa, organizzato, strutturato sul territorio, capace di agire sul
terreno pratico sensibile.
Se incrociamo questo dato con la presenza, all'interno dell'universo
ultrà, di una robusta rete di gruppi fascisti capaci di
affrontare scontri di piazza e di dare un senso più generale
alla militanza calcistica scopriamo che stiamo parlando, ma guarda un
po', di politica.
È ovvio che non tutte le tifoserie sono fasciste, ve ne sono
alcune di sinistra, che la militanza politica di questo universo
sociale è alquanto diversa da quella dei ragazzi dell'Azione
Cattolica ecc. ma detto ciò, è chiaro che stiamo
ragionando di un soggetto politico in grado, ad esempio, di determinare
dei risultati elettorali laddove gliene pungesse vaghezza.
Se torniamo, ma la cosa non mi appassiona, al morto ed al suo milieu
familiare e sociale, appare evidente che non siamo di fronte a degli
emarginati che sfogano allo stadio la loro frustrazione sociale.
È ovvio che emarginati vi saranno ma molti, probabilmente i
più, sono persone assolutamente "normali" ammesso che esista la
normalità.
Per chiudere su questo punto, è chiaro che la militanza
calcistica è oggi una delle occasioni per fare comunità,
per costruire legame sociale, per definire in maniera sensibile la
linea dell'amicizia e dell'inimicizia. E con questo mondo la politica
si misura e come.
Colpisce, in prima battuta, una destra che prende, e non è un
caso, le distanze da un robusto segmento della sua gente, ed accusa il
governo di non coprire a sufficienza il poliziotto improvvido. Vale per
gli ultrà il vecchio motto secondo il quale non si è
traditi che dai propri.
Colpisce, poi, una sinistra di governo che non approfitta
dell'incidente per mettere in imbarazzo la destra proprio sul suo
terreno preferito quello della legge e dell'ordine.
Visto che i cortei della destra sono, lo sappiamo bene, adornati da
moltissime bandiere naziste e che altrettanto avviene per le curve
degli stadio sarebbe stato abbastanza facile mettere in imbarazzo Forza
Italia e, ancora di più, Alleanza Nazionale.
La timidezza della sinistra d'ordine è effettivamente
suggestiva. Un'ipotesi ulteriore è sin banale, Veltroni è
il sindaco buono di Roma e non ha alcun interesse ad inimicarsi le
tifoserie.
Una considerazione meno contingente è comunque possibile, ove vi
sia la forza e la disponibilità ad usarla il partito dell'ordine
si fa singolarmente timido. Non voglio affatto dire che è
esportabile alla lotta sociale la metodologia ultrà ma certo
alcune riflessioni nel merito sono possibili.
Cosimo Scarinzi