Umanità Nova, n.38 del 25 novembre 2007, anno 87

Oltre la cronaca. L'ultrà e il politico


È, a mio avviso, ragionevole supporre che i lettori di "Umanità Nova" siano farciti ben oltre i loro/nostri desideri di informazioni sull'uccisione di un tifoso della Lazio ad opera di un poliziotto, sulla seguente rivolta degli ultrà di diverse squadre, sull'attitudine assunta da magistratura, governo, politici, giornalisti.
Questa ipertrofia dell'informazione su di un fatto rilevante ma, di per sé, non così straordinario è, a mio avviso, il vero evento sul quale vale la pena di ragionare.
Quando, aprendo "La Repubblica" del giorno dopo si trovano 11 pagine di articoli, commenti, valutazioni sul fatto in questione non si può fare a meno di rilevare che, se è vero che i giornali non dicono di norma molto di importante, è anche vero che c'è qualcosa di strano.
Se, per ipotesi, un poliziotto avesse abbattuto, nel corso di una caccia ai rumeni, la maestra di scuola di infanzia Filomena Quattrociocchi o il ragionier Eugenio Rebaudengo, sono ragionevolmente certo che, per un verso, nessuna caserma avrebbe subito l'assalto di falangi di maestre o di ragionieri e che, per l'altro, sarebbero stati pubblicati pochi e compunti articoli sugli incidenti che capitano ai ragazzi in blu nell'esercizio delle loro funzioni e su quelli, decisamente più gravi, che occorrono a chi ha la malaccortezza di porsi sulla linea del fuoco.
È, a questo punto, evidente che la pretesa di separare l'uccisione dall'oggetto dell'uccisione stessa non regge. Non ricordo, infatti, prima della vicenda della quale ragioniamo alcun caso di magistrato che spiegava in televisione che l'abbattimento in diretta di bravi giovani è deplorevole ed ingiustificabile anzi, per dirla tutta, non ricordo esibizioni del genere nemmeno in occasione, per fare un esempio classico, di morti sul lavoro.
Ne consegue che la vera colpa del nostro tutore dell'ordine è stata proprio l'eliminazione di un supporter della Lazio o, a rigore, di un ultrà.
Viene, di conseguenza, da chiedersi perché l'abbattimento di ultrà sia così particolarmente deplorevole.
Proverò a formulare un'ipotesi, suscettibile come ogni ipotesi di verifica o di smentita.
Nel mare di carta dedicata all'evento mi è capitato di notare un trafiletto che ci informava che vi sono quasi quattromila ultrà sottoposti a provvedimenti di divieto di andare allo stadio e che di costoro il 60% non è incensurato.
Non è necessaria una grande capacità analitica per comprendere che siamo di fronte ad un universo sociale, in senso stretto, di alcune decine di migliaia con un'area di influenza di diverse centinaia di migliaia di persone. Un vero e proprio partito di massa, organizzato, strutturato sul territorio, capace di agire sul terreno pratico sensibile.
Se incrociamo questo dato con la presenza, all'interno dell'universo ultrà, di una robusta rete di gruppi fascisti capaci di affrontare scontri di piazza e di dare un senso più generale alla militanza calcistica scopriamo che stiamo parlando, ma guarda un po', di politica.
È ovvio che non tutte le tifoserie sono fasciste, ve ne sono alcune di sinistra, che la militanza politica di questo universo sociale è alquanto diversa da quella dei ragazzi dell'Azione Cattolica ecc. ma detto ciò, è chiaro che stiamo ragionando di un soggetto politico in grado, ad esempio, di determinare dei risultati elettorali laddove gliene pungesse vaghezza.
Se torniamo, ma la cosa non mi appassiona, al morto ed al suo milieu familiare e sociale, appare evidente che non siamo di fronte a degli emarginati che sfogano allo stadio la loro frustrazione sociale. È ovvio che emarginati vi saranno ma molti, probabilmente i più, sono persone assolutamente "normali" ammesso che esista la normalità.
Per chiudere su questo punto, è chiaro che la militanza calcistica è oggi una delle occasioni per fare comunità, per costruire legame sociale, per definire in maniera sensibile la linea dell'amicizia e dell'inimicizia. E con questo mondo la politica si misura e come.
Colpisce, in prima battuta, una destra che prende, e non è un caso, le distanze da un robusto segmento della sua gente, ed accusa il governo di non coprire a sufficienza il poliziotto improvvido. Vale per gli ultrà il vecchio motto secondo il quale non si è traditi che dai propri.
Colpisce, poi, una sinistra di governo che non approfitta dell'incidente per mettere in imbarazzo la destra proprio sul suo terreno preferito quello della legge e dell'ordine.
Visto che i cortei della destra sono, lo sappiamo bene, adornati da moltissime bandiere naziste e che altrettanto avviene per le curve degli stadio sarebbe stato abbastanza facile mettere in imbarazzo Forza Italia e, ancora di più, Alleanza Nazionale.
La timidezza della sinistra d'ordine è effettivamente suggestiva. Un'ipotesi ulteriore è sin banale, Veltroni è il sindaco buono di Roma e non ha alcun interesse ad inimicarsi le tifoserie.

Una considerazione meno contingente è comunque possibile, ove vi sia la forza e la disponibilità ad usarla il partito dell'ordine si fa singolarmente timido. Non voglio affatto dire che è esportabile alla lotta sociale la metodologia ultrà ma certo alcune riflessioni nel merito sono possibili.

Cosimo Scarinzi



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