Il corteo a Genova dello scorso 17 novembre è pienamente
riuscito. Anche se le premesse per un flop c'erano tutte, a partire
dalle polemiche sulla sua indizione, passando per il tentativo della
sinistra di governo di farlo passare per un sostegno alla richiesta di
una inutile commissione di inchiesta e finendo con le allarmistiche
previsioni dei giornali locali che quel giorno strillavano dalle
locandine di un aumento della richiesta di vigilantes. A tutto questo
si potrebbero aggiungere anche le proteste di alcuni sindacatini di
polizia che avevano chiesto tutte le principali piazze della
città per un volantinaggio, che poi hanno (forse) fatto molto
lontano dal corteo e l'attitudine vergognosa di Trenitalia che ha fatto
del suo meglio per ostacolare l'arrivo dei manifestanti.
E invece no. Nonostante i media avessero ripiegato sulla discesa in
massa degli ultrà, in mancanza della calata dei "black bloc",
sabato 17 novembre Genova ha visto sfilare circa 50 mila persone che
hanno ricordato alla città ed a tutti che quanto accaduto nel
2001 non può essere archiviato con la condanna di 25 persone,
che la violenza esercitata in quei tre giorni dalle forze della
repressione è ancora ben viva nella memoria di chi c'era e di
chi l'ha sentita raccontare.
Il corteo è partito in anticipo sul ritardo che di solito
caratterizza le manifestazioni a causa del notevole afflusso di
partecipanti e intanto sono iniziate ad arrivare le notizie dai treni.
Il convoglio da Milano, per poco tempo, ma anche quello da Napoli hanno
subito dei ritardi. Il peggio è toccato ai toscani, che sono
stati costretti ad invadere i binari della stazione di Pisa per poter
partire e poi, di nuovo, alla stazione di La Spezia, che è stata
occupata per quasi due ore a causa dei responsabili delle Ferrovie che
hanno preferito causare un danno (il blocco della circolazione
ferroviaria) economico e di immagine alla propria azienda solo per
incassare qualche centinaio di euro in più.
Aperta dallo striscione "la storia siamo noi", la manifestazione si
è ingrossata durante il tragitto e gli ultimi spezzoni sono
arrivati in piazza quando ormai era già buio, a concerto
iniziato. C'erano davvero tutti: centri sociali e gruppi, soprattutto
dal centro nord, sindacati di base e collettivi, le bandiere dei NO TAV
e, in testa, lo striscione che ha ricordato il prossimo appuntamento di
Vicenza contro la costruzione dell'aeroporto militare. Buona la
partecipazione allo spezzone anarchico con diversi striscioni oltre a
quello della Federazione Anarchica Italiana ed a quello
(All'arrembaggio del futuro...) usato nel 2001, presente per marcare
una continuità di impegno in una lotta che in molti vorrebbero
far dimenticare. Ha chiuso la lunga sfilata, il settore dei partiti e
dei movimenti della sinistra istituzionale con i loro leader intenti a
farsi intervistare da chiunque, purché armato di microfono e
telecamera.
Le forze del disordine hanno scelto una tattica di basso profilo,
nascondendosi alla vista e lasciando a 700 agenti in borghese,
coadiuvati dal servizio d'ordine dei metalmeccanici, la gestione del
corteo. Qualche camionetta di poliziotti e gruppi di finanzieri in
assetto antisommossa si è vista solo più tardi davanti
alle stazioni.
Impossibile, quando si tratta di cortei di tali dimensioni, fare una
cronaca puntuale, quello che si può dire è che
l'atmosfera è stata sempre serena e rilassata, che hanno
partecipato persone di ogni età, che le bandiere anarchiche
hanno sventolato non solo nel nostro spezzone ma anche in altri settori
del lungo serpentone e che i media hanno dovuto davvero fare i salti
mortali per inventarsi (molto spesso con una certa fantasia) qualcosa
di "piccante" per eccitare i loro lettori.
Adesso, però, viene la parte più difficile. Il progetto
di una commissione di inchiesta, bocciato a livello di movimento,
è stato riproposta dal ceto politico presente a Genova e questo
non servirà, né ad impedire una eventuale pesante
condanna delle vittime designate né tanto meno la prescrizione
del reato per gli agenti che si sono resi responsabili delle torture di
Bolzaneto e del massacro della Diaz. Davanti alla riproposizione di una
via parlamentare alla verità, l'unica alternativa resta quella
di mantenere alta l'attenzione e la mobilitazione sui processi in
corso, a Genova come a Cosenza e, se ci saranno le condizioni, tornare
ad invadere le strade.
Pepsy