Umanità Nova, n.38 del 25 novembre 2007, anno 87

Genova. Punto a capo


Il corteo a Genova dello scorso 17 novembre è pienamente riuscito. Anche se le premesse per un flop c'erano tutte, a partire dalle polemiche sulla sua indizione, passando per il tentativo della sinistra di governo di farlo passare per un sostegno alla richiesta di una inutile commissione di inchiesta e finendo con le allarmistiche previsioni dei giornali locali che quel giorno strillavano dalle locandine di un aumento della richiesta di vigilantes. A tutto questo si potrebbero aggiungere anche le proteste di alcuni sindacatini di polizia che avevano chiesto tutte le principali piazze della città per un volantinaggio, che poi hanno (forse) fatto molto lontano dal corteo e l'attitudine vergognosa di Trenitalia che ha fatto del suo meglio per ostacolare l'arrivo dei manifestanti.
E invece no. Nonostante i media avessero ripiegato sulla discesa in massa degli ultrà, in mancanza della calata dei "black bloc", sabato 17 novembre Genova ha visto sfilare circa 50 mila persone che hanno ricordato alla città ed a tutti che quanto accaduto nel 2001 non può essere archiviato con la condanna di 25 persone, che la violenza esercitata in quei tre giorni dalle forze della repressione è ancora ben viva nella memoria di chi c'era e di chi l'ha sentita raccontare.
Il corteo è partito in anticipo sul ritardo che di solito caratterizza le manifestazioni a causa del notevole afflusso di partecipanti e intanto sono iniziate ad arrivare le notizie dai treni.
Il convoglio da Milano, per poco tempo, ma anche quello da Napoli hanno subito dei ritardi. Il peggio è toccato ai toscani, che sono stati costretti ad invadere i binari della stazione di Pisa per poter partire e poi, di nuovo, alla stazione di La Spezia, che è stata occupata per quasi due ore a causa dei responsabili delle Ferrovie che hanno preferito causare un danno (il blocco della circolazione ferroviaria) economico e di immagine alla propria azienda solo per incassare qualche centinaio di euro in più.
Aperta dallo striscione "la storia siamo noi", la manifestazione si è ingrossata durante il tragitto e gli ultimi spezzoni sono arrivati in piazza quando ormai era già buio, a concerto iniziato. C'erano davvero tutti: centri sociali e gruppi, soprattutto dal centro nord, sindacati di base e collettivi, le bandiere dei NO TAV e, in testa, lo striscione che ha ricordato il prossimo appuntamento di Vicenza contro la costruzione dell'aeroporto militare. Buona la partecipazione allo spezzone anarchico con diversi striscioni oltre a quello della Federazione Anarchica Italiana ed a quello (All'arrembaggio del futuro...) usato nel 2001, presente per marcare una continuità di impegno in una lotta che in molti vorrebbero far dimenticare. Ha chiuso la lunga sfilata, il settore dei partiti e dei movimenti della sinistra istituzionale con i loro leader intenti a farsi intervistare da chiunque, purché armato di microfono e telecamera.
Le forze del disordine hanno scelto una tattica di basso profilo, nascondendosi alla vista e lasciando a 700 agenti in borghese, coadiuvati dal servizio d'ordine dei metalmeccanici, la gestione del corteo. Qualche camionetta di poliziotti e gruppi di finanzieri in assetto antisommossa si è vista solo più tardi davanti alle stazioni.
Impossibile, quando si tratta di cortei di tali dimensioni, fare una cronaca puntuale, quello che si può dire è che l'atmosfera è stata sempre serena e rilassata, che hanno partecipato persone di ogni età, che le bandiere anarchiche hanno sventolato non solo nel nostro spezzone ma anche in altri settori del lungo serpentone e che i media hanno dovuto davvero fare i salti mortali per inventarsi (molto spesso con una certa fantasia) qualcosa di "piccante" per eccitare i loro lettori.
Adesso, però, viene la parte più difficile. Il progetto di una commissione di inchiesta, bocciato a livello di movimento, è stato riproposta dal ceto politico presente a Genova e questo non servirà, né ad impedire una eventuale pesante condanna delle vittime designate né tanto meno la prescrizione del reato per gli agenti che si sono resi responsabili delle torture di Bolzaneto e del massacro della Diaz. Davanti alla riproposizione di una via parlamentare alla verità, l'unica alternativa resta quella di mantenere alta l'attenzione e la mobilitazione sui processi in corso, a Genova come a Cosenza e, se ci saranno le condizioni, tornare ad invadere le strade.

Pepsy



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