Umanità Nova, n.38 del 25 novembre 2007, anno 87

Sullo stato dell'università in Italia. Aria grama


Uno dei vantaggi della nostra specie è la possibilità di tramandare alle nostre generazioni future informazioni ed esperienze acquisite. Questo si traduce in un potenziale vantaggio in termini di coscienza e memoria. E su questo piano che l'università è chiamata a svolgere il suo ruolo. Oltre la capacità di conservare la memoria della conoscenza acquisita l'università dovrebbe lavorare per aumentare, tramite la ricerca ed il sapere critico-libero, il grado di conoscenza disponibile per chiunque e condivisibile con la società tutta.
L'Università nasce nel medio evo, i monaci benedettini e poi i tipografi hanno il compito di costruire le prime grandi biblioteche e poi moltiplicate dalle università.
Federico II è un interessante esempio laico e positivo di trasmissione del sapere alle nuove generazioni. Con Galileo prima, e poi con l'illuminismo la ricerca scientifica, il sapere critico diviene la parte incontrollata e fertile dell' università e portatrice di nuovi saperi.
Con Federico II si ha anche un altro evento che segnerà la storia del sapere moderno: lo scontro con la chiesa ed il papato, che va letto come scontro tra il sapere relativo dell'università contro il sapere dogmatico del vaticano: una lotta ancora aperta ed estremamente attuale (creazionisti verso evoluzionisti atei).
Purtroppo, limiti finanziari, mancanza di volontà, scelte "strategiche" decise lontano da chi l'università la fa: studenti, docenti, personale amministrativo, servizi, indotto vario, impediscono che lo studio, la ricerca e l'accademia siano strumenti di arricchimento sociale.

I fatti.
Ricomincia l'anno accademico ed una parte importante della società riprende la sua magra e grama vita accademica.
Negli ultimi 10 anni tre riforme hanno cambiato il volto dell'università italiana: la riforma del 1993 sull'autonomia universitaria, quella del 1998 sul decentramento dei concorsi, ed infine il 3+2 del 1999 che significa laurea breve di 3 anni più 2 anni di laurea specialistica.
Nonostante lo sforzo riformatore i risultati non sono incoraggianti:
1) La percentuale di studenti fuori corso è aumentata dall'a.a. 1994/95 all'a.a. 2000/01 fino a raggiungere circa il 42%; negli anni successivi all'avvio della riforma si è verificata una discreta riduzione (i fuori corso erano il 36,2% nel 2003/04), ma già dallo scorso anno si è registrata un'inversione di tendenza, che si ripresenta per il 2005/06: se i dati venissero confermati, la percentuale di fuori corso raggiungerebbe il 45,9% al di sopra delle percentuali pre-riforme.
2) Da una parte i docenti sempre più mal pagati e privi di sostegno per la loro attività di ricerca. I sempre più pesanti carichi didattici per coprire una platea di studenti sempre più vasta (lauree triennali, master, dottorati, lauree specialistiche) si è passati da 2.444 corsi attivi nel 2000-2001 ai 5.434 (+122,3%) attivi nell'a.a. appena iniziato (fonte CRUI). Il proliferare dei corsi svincolati a qualsiasi necessità territoriale ha danneggiato la già sinistrata ricerca ed abbassato il livello qualitativo della didattica (dal Libro Verde spesa pubblica Ministero delle finanze http://www.mef.gov.it/).

Anche quest'anno non mancano ragioni per protestare contro la gestione dell'Università. Manca un piano reale di sviluppo della ricerca e dell'alta formazione. Il rapporto docenti/studenti è il più basso in assoluto tra le nazioni occidentali. Mancano mense e servizi per gli studenti. Il numero di borse di studio per gli studenti è quasi simbolico e la loro consistenza ridicola e anche in questo caso allinea l'università italiana con i paesi più poveri del pianeta. Esiste uno squilibrio tra i fondi dati agli atenei e quelli dati per gli studenti. Inoltre non è mai entrato a regime in tutte le università il meccanismo di valutazione studentesco sulle attività didattiche, di ricerca e la qualità della vita nell'ateneo. In sintesi lo stato italiano spende 5.650 dollari per studente mentre la media OCSE e circa il doppio 8.093 dollari.
È da notare che in base alla riforma sull'autonomia delle università queste dovrebbero provvedere al loro bilancio autonomamente eccetto per i fondi di finanziamento ordinari (FFO) che dovrebbero coprire solo le retribuzioni dei docenti. Oggi i FFO sono il 90% del budget delle università, il resto viene recuperato dalle tasse pagate degli studenti. E qui viene il bello (o meglio il brutto). Il tetto massimo della tassazione non può superare il 20% del budget totale dell'Ateneo, e della somma recuperata dal pagamento delle tasse universitarie il 50% deve essere per legge utilizzato per gli studenti (alloggi, borse di studio, trasporti, mense, biblioteche, sport, pub autogestiti etc.) (patto Governo-Università del 2 agosto 2007).
Sarebbe interessante avere accesso ai budget degli ultimi anni del proprio ateneo e verificare se queste cifre sono state rispettate, dall'altro lato l'aumento delle tasse previste anche quest'anno dovrebbero essere accompagnate da misure che ne garantiscono il loro impiego per il miglioramento della qualità della vita degli studenti ed il miglioramento della didattica e ricerca. Quindi un passo importante è chiedere la pubblicazione dei bilanci universitari dettagliati per voci di spesa dal 1993 ad oggi e fare il conto dei soldi che gli studenti debbono avere dalle loro amministrazioni.
Altra nota dolente è l'edilizia universitaria per alloggi studenteschi. Qui bisogna tener conto che l'interlocutore istituzionale cambia non è più il rettore o il MIUR ma piuttosto l'assessorato per l'università e ricerca scientifica della regione. Una pratica che potrebbe accelerare la soluzione di questo problema potrebbe essere l'occupazione organizzata di immobili universitari non utilizzati o di proprietà regionale.

Precarietà: l'esempio dell'Orientale di Napoli
Altra caratteristica importante dell'università, questa volta a livello globale e non solo italiano, è di essere un luogo di lavoro dominato dalla figura del precario. I ricercatori sono precari nel 90% dei casi e fino alla venerabile età di 40 anni, gli amministrativi e tecnici lo sono altrettanto ed il loro turn over si svolge su periodi di tempo che vanno dai 6 mesi all'anno. Gli studenti non sono precari perché fuori dal mercato del lavoro ma in alcune università come ad esempio l'Orientale di Napoli (collettivorientale.noblogs.org) si hanno buoni esempi su come il mercato utilizzi gli studenti come forza lavoro a basso costo, non tutelata e disposta a lavori precari. La storia è interessante e credo che rappresenti un quadro più generale del rapporto tra università e mercato. In breve il rettore dell'Università Orientale di Napoli stipula un contratto con la Synergie Europa e dal volantino degli studenti in lotta si legge: "È stata stipulata una vergognosa convenzione tra l'Orientale e un'azienda dall'ambiguo profilo societario (Synergia en Europe), e non con l'IBM, come millantato per mesi sui giornali - e sui verbali del CDA e del Senato Accademico d'Ateneo - dall'Orientale.
Secondo la Convenzione, il CAOT dell'Ateneo (Centro orientamento e tutorato) avrebbe dovuto selezionare gli studenti con competenze in lingue straniere - si parlava in prospettiva di 250-350 studenti - per lavorare nel "Competence Center Multilingue" dell'IBM (garantire assistenza tecnica via call-center per i clienti IBM).
Gli studenti hanno firmato con la Synergia en Europe s.p.a. un famigerato co.co.pro e, come migliaia di lavoratori, sono stati costretti a lavorare con vincoli gerarchici, di orario e di presenza. Insomma hanno lavorato 8 ore al giorno, 5 giorni a settimana... la solita truffa del lavoro "a progetto".
Il salario percepito e stato di 241,00 euro al mese! (otto ore al giorno, 5 giorni a settimana!)"
Inoltre lo stabile che ospita la ditta è l'edificio polifunzionale dell' università che invece di essere dato per le esigenze studentesche e stato dato in comodato d'uso a privati.
Al dilagare del precariato nell'università il patto governo-università del 2 agosto prevede l'assunzione in ruolo di 2000 giovani ricercatori nei prossimi 4 anni, mentre nel pacchetto welfare e lavoro dovrebbero esserci norme per l'assunzione a tempo definito di precari (tecnici ed amministrativi) in servizio con co-co-pro da più di 3 anni. Tuttavia queste sono delle misure che se pur intercettano le necessità più acute della società in pratica risultano gocce nel deserto, e anestetico per una ferita quella dell'università che richiede una revisione radicale del suo ruolo all'interno della società.

Il ruolo dell'università può essere strategico non solo per l'innovazione ed il progresso scientifico ma anche per combattere, in regioni a rischio, la cultura mafiosa criminale che pervade la gioventù in maniera indipendente alla classe sociale di appartenenza. Non solo ma l'università potrebbe giocare un ruolo importante anche come strumento di solidarietà e dialogo internazionale al disopra e contro i pregiudizi religiosi. La scienza, la conoscenza è universale e non riconosce frontiere, come l'anarchia.

MollyMcguire



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