Umanità Nova, n.39 del 2 dicembre 2007, anno 87

Uomini che uccidono le donne. La mela e la pietra


Gli uomini amano le donne da morire. Nel senso che le uccidono per amore. Fidanzati, mariti, amanti, vicini di casa, passanti, ex fidanzati, ex mariti, separati, divorziati, colleghi di lavoro, fate voi, non possono fare a meno di loro e quindi giù botte, teste sbattute a terra o contro i muri, calci in faccia, nello stomaco, al basso ventre. Oppure coltello, pistola, fucile, a massacrare, tagliare, spappolare membra. E poi, sovrano gesto di possesso, di spregio, di vendetta, lo stupro. Tutti i discorsi sulla violenza sulle donne suonano vuoti, se non aggettivati. La violenza sulle donne è maschile e sessuata. Non è casuale, non è frutto di un momento di accecamento: è strutturale, congenita, quotidiana. La sua radice va scavata in profondità, la sua manifestazione non è solo nel gesto brutale che annichilisce un corpo di donna cui vanno spregio, violenza ed ebeti frasi di amore. Se non il "Ho fatto quel che dovevo" dell'ennesimo ex fidanzato mollato, stupratore sul luogo di lavoro, nel bagno nell'ora di pausa: la frase gettata in faccia a sigillo del compimento di chissà quale dovere, in nome di quale bieco onore: certo segno di irrecuperabile frattura fra realtà e universo maschile: gli uomini sono fuori dalla realtà e fanno strage di corpi. Il paradosso primo è numerico, misurabile, "democratico": le donne sono la maggioranza, eppure stanno all'opposizione, sono minoranza. Già solo questo dovrebbe farci fermare un attimo a riflettere quanto potere sia in gioco nella differenza di genere. Tanto più che l'essere una maggioranza non governante è lo specchio della mancanza di uguali diritti, cioè di un deficit radicale di "democrazia". La differenza dei corpi e dei generi si tematizza in gerarchia famigliare e da qui sale fino ai cieli della teologia in cui solo un padre può essere dio, unico ed eterno, capace solo di fecondare in spirito una vergine, madre, ma figlia del proprio figlio: una cosa un po' perversa dove il sesso non c'entra per niente. Se questa è la "cultura di fondo" dei paesi cattolici, non certo migliore è la vita sotto il cielo di un dio che si dice "clemente e misericordioso", ma che pare abbia ordinato di punire l'adultera con la pietra della lapidazione a morte e l'uomo che con lei ha giaciuto con qualche frustata. La mela e la pietra ci dicon che di colpa si macchiò la donna "ab eterno". Sarà quella ferita che sanguina che attrae e repelle; sarà quella vita che da sola intesse, porta e sopporta; sarà che pare insopportabile un altro piacere che resta sconosciuto, inafferrabile, davvero totalmente altro. Fatto sta che il nodo gordiano della relazione viene più facilmente reciso che sciolto: è non può essere che una "spada" a fare a pezzi ciò che non è manipolabile e comprensibile. Molto si chiede alle donne, di essere al tempo stesso mogli madri lavoratrici, brave in ufficio, a casa e a letto; sempre magre e allegre, sempre pronte e responsabili, "bone" ed informate, a seconda del momento, del tempo, del luogo, dello status sociale. Sovraesposizione pornografica di un corpo per non vedere i dettagli, per non lasciare che sia, fuori, nella o contro la relazione. Libero, indifferente, presente, se vuole, qui, non a disposizione. Che ciascuno parta da sé e vada dove un poco gli pare, senza ruoli stabiliti da genere, , famiglia, chiesa, società, stato. Che ciascuno scelga e si scelga, senza lacci e lacciuoli, senza voler dei due fare uno. Che ciascuno non scelga e non sia scelto, posseduto, amato, odiato, abusato, gettato, violato, ucciso, negato. Se solo si provasse domani ad essere come oggi, liberi di cacciare i politici tromboni, il perbenismo della stampa nazionale, la violenza dei maschi della porta accanto e della propria, sempre impegnati nella loro guerra permanente alla libertà altrui. Se solo si provasse domani ad essere come loro oggi, a Roma, il 24 novembre 2007.

W.B.

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