Umanità Nova, n.39 del 2 dicembre 2007, anno 87

Vicenza: verso il 15 dicembre. Non lasciamoli lavorare in pace


Il 15 dicembre si avvicina e, nonostante i reiterati tentativi di divieto e criminalizzazione preventiva, Vicenza vedrà ancora una grande mobilitazione, unitaria e internazionale, contro il Dal Molin, la caserma Ederle e le altre servitù militari Usa, Nato e dell'Unione Europea che già opprimono il territorio berico.
Nella stessa data è prevista la chiusura della gara di appalto per l'assegnazione dei lavori di costruzione della nuova base Usa alle ditte italiane prescelte che si spartiranno 325 milioni di euro.
Si è quindi giunti ad un momento cruciale dell'opposizione a tale progetto, insostenibile sia dal punto di vista ambientale che per le sue palesi e strette connessioni con le politiche di guerra.
Per quanto riguarda l'impatto sull'ecosistema di un'ulteriore base operativa per circa duemila militari della 173ª brigata aviotrasportata che devasterà un'importante area verde, ci sono innumerevoli dati: l'area interessata è di circa 500.000 mq, senza neppure considerare l'aeroporto stesso. Inoltre la megabase richiederà altissimi consumi energetici: secondo stime accreditate la richiesta di energia elettrica (9 megawatt entro il 2011) e di acqua (60 litri al secondo entro il 2011, con una punta di 250) sarà pari a quella di una città di 30 mila abitanti, con gravi ricadute sulle falde acquifere.
Per le implicazioni, invece, di carattere politico-militare sta emergendo l'importanza strategica della nuova base di Vicenza nell'ambito della nuova "guerra fredda" con la Russia, quale punto di proiezione verso l'area balcanica, oltre che nel contesto degli interventi di guerra aperti o prossimi ad aprirsi in Afganistan, Iraq, Iran, Somalia.
Di certo, il commissario Costa sa di mentire quando afferma che si tratterà soltanto di una caserma di acquartieramento, dove i soldati dormiranno, si eserciteranno e si rilasseranno (sic!).
Le ultime concessioni sono state fornite: il Comipar (Comitato misto paritetico regionale del Veneto) ha approvato il progetto del commissario governativo Paola Costa che prevede solo lo spostamento dell'insediamento militare sul lato ovest del Dal Molin, dove aveva sede una struttura dell'Aeronautica militare italiana da tempo destinata alla dismissione dal ministero della Difesa. Si tratta del lato meno urbanizzato della zona, ma la scelta più che dal dissenso degli abitanti appare determinata dall'opportunità di ottenere finanziamenti pubblici per realizzare la tangenziale nord (tutta a carico dello Stato italiano, con un primo stanziamento deciso dal governo di 20 milioni di euro) che, peraltro, è avversata da vari amministratori locali e dagli abitanti delle zone interessate.
L'avvio, seppur ritardato e contrastato dalle proteste, della bonifica dell'area dimostra che gli Stati Uniti hanno fretta e che si sentono già padroni a casa loro. Hanno commissionato e appaltato le operazioni di bonifica a due ditte italiane specializzate (l'Abc di Firenze e la Strago di Pozzuoli) per un lavoro che viene svolto su un'area appartenente tutt'ora al demanio italiano. Emblematica quindi la dichiarazione del generale Frank Helmick, comandante Setaf: "I blocchi alla bonifica del Dal Molin? La questione riguarda la polizia italiana. Noi stiamo andando avanti […] Quanto al cantiere vero e proprio contiamo di aprirlo la prossima estate. Sì, entro il 2008. Sono disposto io a guidare le ruspe".
Eppure, anche questa macchina ha i suoi punti vulnerabili, in particolare due: l'urgenza di disporre di tale struttura e la cosiddetta sicurezza.
Se ulteriori ritardi si assommeranno a quelli già registrati sulla tabella di marcia Usa (secondo cui i lavori dovevano già essere avanzati) o se crescerà una diffusa ostilità popolare alla presenza militare statunitense a Vicenza e nel resto dell'Italia, la decisione potrebbe ancora essere messa in discussione, non tanto dal compromesso governo italiano ma proprio da quello statunitense, così come avvenuto in altri paesi. Da qui l'importanza di continuare non soltanto a far crescere la resistenza attorno al Dal Molin, ma anche la mobilitazione davanti alla caserma Ederle e a tutte le basi militari Usa-Nato in territorio italiano.
Una base di guerra, infatti, ha bisogno di pace sociale.

mk

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