Umanità Nova, n.39 del 2 dicembre 2007, anno 87

inform@zione


Parma: non passano le ronde padane

Le ronde padane costituite da "giustizieri della notte" fai da te, il 21 novembre volevano scendere in campo anche a Parma, per vigilare i sonni tranquilli dei parmigiani, specialmente nel quartiere dell'Oltretorrente, da loro scelto per iniziare queste passeggiate. Peccato che il quartiere è sempre stato cuore pulsante e popolare della città (basti ricordare le barricate del '22 organizzate dal quartiere contro le squadracce fasciste).
I baldi condottieri speravano per la loro prima apparizione magari una comprensione e una accoglienza del tipo: «finalmente, arrivano i nostri!». Purtroppo per quei venti "eroi" aiutati da qualche nazi-fascista, la strada era sbarrata da almeno 500 persone, che occupando la piazza dalle sette di sera, due ore prima del loro arrivo, offrendo cibo, vino e ascoltando buona musica, hanno manifestato la loro opposizione contro le ronde. Ma non solo: si era in piazza contro la politica securitaria e repressiva e contro il razzismo dilagante. Segnalo l'incongruenza curiosa che per i media locali Parma appena prima delle elezioni fosse un paradiso, mentre ora sarebbe divenuta luogo invivibile e insicuro. Il presidio ha cercato di mettere l'accento anche su questioni quali lo sfruttamento sui posti di lavoro per italiani e stranieri, la precarietà, il caporalato, la perdita del potere d'acquisto, le pensioni, le privatizzazioni, la speculazione edilizia, la devastazione ambientale, l'incessante paura di chi ti sta attorno ecc.
Arrivata l'ora decisiva i duri manifestanti della giustizia forcaiola si sono trovati davanti un muro umano che ha iniziato a riempirli di epiteti coloriti, alludendo in modo particolare alla loro vicinanza alla materia fecale. Vista la foga si sono visti costretti a deviare il percorso, incalzati dalla manifestazione in una via parallela anticipati e bloccati nuovamente. La ronda è stata così costretta ad un lungo stop e ad un'ultima deviazione finché, dopo poco, hanno preso la saggia decisione di ripiegare e concludere la loro passeggiata.
Giunta la notizia della ritirata della ronda padana, il corteo ha iniziato a sfilare per il quartiere ballando con la musica proveniente dal camion, gridando vittoria. A Parma la xenofobia e la caccia al diverso che altrove dilaga non ha spazio.
La manifestazione si è conclusa nella piazza dove era iniziato il presidio, continuando la festa al motto: Bossi et pasè al Po' mö migha la Perma (Bossi hai passato il Po' ma non la Parma).
Cisco

Roma: la piazza delle donne

Abbiamo visto quante siamo. Grande fiume di donne sabato pomeriggio ad attraversare il centro di Roma. Esiste, l'abbiamo sentito, l'alleanza dell'amicizia, della solidarietà, la risposta all'appello. Sappiamo che non è difficile convocare, passare la voce, camminare insieme. Abbiamo ammirato con orgoglio come s'infittiva e si allungava il corteo alla fine di Via Cavour, dopo l'inizio lento, tentennante, sotto la pioggia. Eravamo in tante. Abbiamo esposto le cifre: oltre 14 milioni di donne italiane sono state oggetto di violenza fisica, sessuale e psicologica nella loro vita; il 69, 7% degli stupri proviene dal partner o dall'ambito familiare; oltre il 94% delle violenze non è mai stato denunciato; un milione e 400 mila italiane ha subito uno stupro prima dei 16 anni. Urgente rovesciare il guanto, dirigere l'attenzione sulle vittime di una violenza silenziosa e ignorata, e non sulla demonizzazione degli stranieri e il richiamo funzionale alla paura e alla sicurezza. Urgente portare le grida fuori dai muri di casa, trasformare i morbosi fatti di cronaca in dati di fatto di una società che colpisce le donne.
Eppure è difficile definire l'anima di questo variegato corteo al femminile. C'erano la solidarietà e la rabbia, la gioia e l'intransigenza. Maestre, avvocate, mamme con le figlie in braccia, lesbiche, signore milanesi e ragazze rom. Donne anticlericali ed evangeliche. Centri sociali, collettivi femministi, associazioni, gruppi di amiche e donne sole. Ognuna a sfilare con le proprie esigenze, con la propria storia. A coagulare quest'umanità complessa il rifiuto del maschile sopraffacente e violento, delle ingiustizie nei posti di lavoro e dell'incuranza delle autorità in materia di denunce e condanne. È facile stupirsi delle vessazioni che subisce una donna obbligata a nascondere il proprio corpo sotto una burka. Più compromettente e scomodo scoprire che oggi, in Italia, c'è in atto una vera e propria guerra domestica che, come il lavoro, lascia migliaia di vittime. Nonostante ciò, quello di sabato non è stato soltanto un corteo di genere e tanto meno di martiri. C'era anche una chiara linea politica di contestazione del "pacchetto sicurezza" e delle posizioni familiste, omofobiche e contrarie all'autodeterminazione femminile che pullulano nel mondo istituzionale italiano. Per questo è stata inaccettabile la presenza di Prestigiacomo e Carfagna. Irritante la comparsa finale di Turco, Melandri e Pollastrini sul palco de La7, incuranti dell'appello delle organizzatrici a concludere la manifestazione senza palco e senza leader.
La forma rimane quella tradizionale e per molti versi ritualizzata del raduno in piazza. Questa volta, però, senza bandiere né partiti. E con la forza della comparsa dei più di 100.000 corpi insieme, necessari per sapersi in tante, ai propri occhi e a quelli degli altri. La sensazione è che non si tratti solo di un successo numerico. La lunga camminata fino a Piazza Navona, la conclusione in tensione sul palco della tv, i coaguli di emozione e di resistenze sono punti di partenza per una riflessione collettiva che si interroghi sulla femminilità come forza vitale e assertiva e mantenga in moto, con un'alleanza di vite messe in gioco, questo immenso fiume di donne.
V.V.

Torino: antifascisti al Film Festival

Al Torino Film Festival, una della tante vetrine della Torino Luna Park, sabato 24 novembre c'è stato un fuori programma. Non invitati sono arrivati anche un buon numero di antifascisti.
L'iniziativa è stata promossa da Torino Squatter, dalla Cub, dal Comitato Antifascista 18 giugno e dalla Federazione Anarchica di Torino.
Il 29 novembre ci sarà la sentenza al processo contro 10 antifascisti torinesi accusati di devastazione e saccheggio per aver preso parte ad un corteo antifascista il 18 giugno del 2005. Il corteo era stato indetto per denunciare la grave aggressione e il ferimento di due occupanti del Barocchio da parte di una squadraccia fascista. Partito da piazza Madama Cristina era stato caricato dalla polizia in via Po per impedire ai manifestanti di arrivare in piazza Castello.
Dopo due anni il PM Tatangelo ha chiesto cinque anni e cinque mesi per i dieci antifascisti.
Per rompere il silenzio intorno a questa vicenda in una Torino stordita dalle luci del baraccone chiampariniano una cinquantina di antifascisti hanno partecipato a modo loro a questa seconda giornata del Festival. Un gruppo ha aperto uno striscione con la scritta "l'antifascismo non si arresta" spiegando al megafono le ragioni della protesta mentre all'interno un compagno si incatenava ed altri volantinavano.
La massiccia presenza di digos e polizia in divisa non ha impedito la comunicazione con il vasto pubblico del festival. Due anarchici si sono spogliati e ricoperti di farina tracciandosi reciprocamente sul corpo una svastisca, una celtica e i simboli dell'euro e del dollaro. Un modo semplice ed immediato per ricordare che i teoremi giudiziari contro gli antifascisti non sono che l'altra faccia della repressione che si scatena contro tutti coloro che si oppongono a questa società ingiusta e violenta, dove i potenti progettano grattacieli e i fascisti bruciano a colpi di molotov le baracche dei rom.
Prima dell'inizio della proiezione serale una delegazione di manifestanti è entrata nella sala aprendo lo striscione e facendo un intervento dal palco molto applaudito dai presenti.
Nel volantino distribuito, in merito al processo agli antifascisti, era detto a chiare lettere che "se passasse questa assurdità forcaiola, dopo le condanne di Milano, e forse di Genova, la stessa libertà di manifestare cadrebbe in balia degli apparati repressivi dello Stato.
Un corteo che aveva l'ardire di denunciare la presenza in città di rigurgiti fascisti, dediti, come i loro antenati del ventennio, alle aggressioni, alle coltellate vigliacche nel cuor della notte, ai pestaggi contro gli stranieri inermi.
Vigliaccate ampiamente sfruttate da un potere politico talmente annebbiato ed interessato dalla speculazione, qualunque sia la forma in cui essa si esprima, olimpiade, festival di cinema, grattacieli e buchi nelle montagne valsusine, che ricorre a qualunque mezzo, anche un'aggressione fascista, pur di mettere a tacere, attraverso l'operato compiacente della questura, coloro che, contro la deriva totalitaria di Torino, manifestano o semplicemente con la loro presenza "disturbano" l'immagine patinata da vendere al pubblico roditore.
In questa città, che accoglie gioiosa il festival cinematografico, ci sono bande di fascisti che si dilettano ad accoltellare gli occupanti di case così come a bruciare le baracche dei rom, c'è una questura che reprime ogni esperienza ed ogni forma di espressione non conforme con cortine di sbirri che all'occorrenza sguinzaglia a pestare, c'è un potere politico che di questa forma di gestione della repressione e della violenza si fa promotore e principale artefice, fra gli applausi dei giornalisti." Nella chiusa del volantino si invitavano gli spettatori del Film Festival a non dimenticare, "dunque lo spettacolare processo agli antifascisti torinesi".
onan

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti