Non solo il commissario governativo Costa, in perfetta sintonia con
il generale statunitense Frank Helmick comandante della Southern
European Task Force (Setaf), ha definitivamente confermato che
sull'area dell'aeroporto Dal Molin verrà costruita, sul lato
ovest, una seconda caserma Ederle per la 173ª brigata
aerotrasportata, già impiegata sia in Iraq che in Afganistan; ma
anche l'ipotesi di una possibile moratoria dell'inizio dei lavori, in
attesa della seconda Conferenza sulle servitù militari (peraltro
prevista anche nel programma elettorale dell'Unione), non ha trovato
coerenti sostenitori in parlamento, neppure tra i partiti di quella
sinistra che è andata al governo sbandierando i colori e i
simboli della pace.
In modo altrettanto inequivocabile, è stata persino negata la
consultazione referendaria dei cittadini di Vicenza. Tale richiesta di
democrazia diretta è stata infatti avversata sia dalle destre al
potere localmente che dall'esecutivo di centrosinistra, togliendo
così ogni argomento alla parte più conciliante e
filoistituzionale del fronte contrario al Dal Molin.
Nello scorso giugno 170 parlamentari si erano impegnati pubblicamente a
sostegno della moratoria, ma questa non è ancora stata discussa
dal Parlamento mentre al Dal Molin sono iniziate le bonifiche belliche
funzionali alla militarizzazione del territorio. Infatti i 170 si sono
sottratti perfino alla fatica di riproporla, demandando tutto ai
cittadini che dovrebbero anche farsi carico di una petizione nazionale.
Appare quindi confermata la verità espressa su uno striscione
esposto dai dimostranti che, lo scorso 16 gennaio, occuparono la
stazione di Vicenza all'annuncio definitivo del presidente del
consiglio da Bucarest: Governo Prodi - governo di guerra.
La politica militarista e subalterna alle direttive atlantiche, a cui
hanno dato il loro assenso quasi tutti i 170 parlamentari "pacifisti",
risulta peraltro riprovata dalla continuazione degli interventi armati
italiani in Afganistan, Libano, Iraq e Balcani, nonché
dall'incrementato bilancio militare in Finanziaria e dall'aumento della
produzione di armamenti.
Tra l'altro, proprio tra 10 e il 20 dicembre, in quanto membro e
presidente di turno del consiglio di sicurezza dell'Onu, il governo
italiano voterà formalmente a favore della continuazione
dell'occupazione militare dell'Iraq (Multinational Force - Iraq).
Ormai a Vicenza, ma non solo, è palese che non ci sono governi
amici, tanto meno pacifisti; quindi il problema del mancato consenso
popolare - come hanno ripetuto sia Costa, il generale Helmick e il
sindaco Hullweck - diviene un problema di ordine pubblico, di
competenza della polizia.
Il paventato arrivo delle ruspe è stato annunciato nella
prossima primavera (qualcuno ha parlato di giugno), ma in effetti dopo
il 15 dicembre, data in cui viene conclusa la gara d'appalto tra le
ditte in concorso per l'esecuzione del progetto, ogni giorno è a
rischio.
Da qui l'importanza della manifestazione unitaria internazionale che si
terrà a Vicenza il 15 dicembre contro il Dal Molin, la caserma
Ederle e le altre servitù militari, ma pure contro
l'interventismo tricolore.
Una manifestazione che vedrà in piazza, di nuovo, l'incontro
solidale tra la lotta in prima persona portata avanti in questi due
anni dalle diverse strutture di base (il Presidio Permanente, il
Comitato Vicenza Est, il Gruppo Presenza di Longare, i Comitati di
Arcugnano, Polegge, Dueville…), le diverse esperienze di
autorganizzazione sociale che si ritrovano nel Patto di Mutuo soccorso,
e le tante realtà dell'opposizione alla guerra e al militarismo,
anarchici compresi.
Una manifestazione che sancirà la conclusione di un ciclo di
proteste e iniziative d'informazione realizzate per due anni dal
movimento contro il Dal Molin, aprendo una nuova e necessaria fase:
quella della resistenza attiva.
Per questo, è auspicabile sia la sua riuscita in termini di
partecipazione numerica, ma pure che l'opposizione popolare sappia
esprimere e difendere con determinazione, così come ha saputo
fare il movimento delle donne il 24 novembre a Roma, la sua autonomia
politica anche nei confronti delle impunite dirigenze dei partiti di
governo, non più in condizione di rappresentare chi si batte
contro l'ulteriore militarizzazione e devastazione ambientale della
città di Vicenza, ma anche per una società libera dalle
logiche di guerra.
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