Una decina di giorni fa' è stato presentato alla stampa il
Rapporto annuale dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle
tossicodipendenze di Lisbona. Nell'articolato e lungo documento
prodotto da un team di esperti delle maggiori università viene
fotografata la situazione della diffusione delle sostanze illegali nel
Vecchio Continente e l'inefficacia delle politiche repressive adottate
dalla maggior parte dei paesi europei. Mentre nell'Olanda dei coffee
shop il consumo di cannabis tra gli adolescenti è molto al di
sotto della media Ue, nell'ultraproibizionista Svezia la più
frequente causa di morte è l'overdose da solventi (visto che
anche se la polizia svedese riesce a bloccare le "droghe" dirette verso
il paese, nella patria di Ikea colle e vernici da falegname non possono
certo essere proibite...). Al di là delle stesse intenzioni dei
suoi curatori, il Rapporto si rivela così un efficace strumento
per sostenere le tesi di chi afferma che le politiche proibizioniste
sulle droghe servono soltanto a produrre controllo poliziesco e a
garantire i guadagni delle narcomafie che fanno le proprie fortune
economiche sul commercio di sostanze vietate dalle leggi e che possono
essere pertanto vendute a prezzi enormemente superiori al loro costo di
produzione. Per quanto riguarda l'Italia, in particolare viene
registrato il forte aumento della diffusione della cocaina, diretta
conseguenza della Legge Fini-Giovannardi che mettendo sullo piano
droghe leggere e droghe pesanti ha di fatto favorito la diffusione
delle droghe pesanti (ed in particolare della cocaina che dal 2005 al
2007 ha visto dimezzare il suo prezzo da 100-120 euro al grammo a
40-60).
Come i lettori di UN si ricorderanno bene, la legge Fini-Giovanardi,
una delle più repressive nel mondo occidentale, fu approvata dal
Governo Berlusconi all'interno di un decreto legge urgente sulla
sicurezza alle Olimpiadi invernali di Torino. All'epoca i partiti del
centro-sinistra (allora in campagna elettorale) promisero battaglia e
giurarono che sarebbe stata abrogata subito dopo che si fosse insediato
un nuovo governo. A quasi due anni dall'insediamento del Governo Prodi,
nonostante i continui e settimanali annunci del pusillanime
socialdemocratico Ministro delle Parole Vuote Paolo Ferrero, su una
imminente abrogazione della legge Fini-Giovanardi, questa è
sempre lì, immodificata, perenne.
L'ha promesso per la duecentotreesima volta (203 esatte, contate..) in
occasione della presentazione del Piano italiano di azione sulle
droghe, che ha scritto in collaborazione con alcuni colleghi di governo
e che l'Unione Europea stava chiedendo da anni visto che l'Italia,
insieme a Malta, è l'unico Paese europeo a non esserne dotato.
Il "Piano" è poco più di una dichiarazione d'intenti che
comunque dopo l'ok del Consiglio dei ministri dovrà affrontare
il vaglio della Conferenza Stato-Regioni ed enti locali. Per quanto
Ferrero lo presenti come una sorta di svolta che dovrebbe rappresentare
il primo passo per l'abolizione della Fini-Giovannardi, in effetti il
documento è poco più che un adempimento burocratico di
carattere internazionale, "il segno che nel centrosinistra si è
riusciti a portare a compimento un atto dovuto", come hanno commentato
laconicamente quelli del Forum Droghe (che rappresenta l'ala più
filogovernativa dei movimenti antiproibizionisti). Anche la stessa
modifica della legge attuale sulla droga (309/90) per consentire la
coltivazione della canapa sativa (la pianta da fibra, con pochissimo
THC) "a fini leciti" non è altro che un modo per adeguare le
leggi italiane alle politiche agricole della Ue che promuovono la
diffusione della canapa industriale. Per il resto, nulla, ma veramente
nulla di nuovo sotto il sole, a parte la pittoresca proposta di
istituire una sorta di bollino di qualità, una certificazione di
"locale libero da gioco patologico", che dovrebbe segnalare i bar che
hanno videogame e slot-machine che "non danno dipendenza" (non si sa
bene in base a quali criteri) e l'ipotesi di seguire lo stesso percorso
anche per le palestre con accordi con le associazioni di categoria per
sensibilizzare i gestori alle problematiche del doping e rilascio
finale della certificazione di "palestra sicura". Da segnalare, invece,
come particolarmente inquietanti i propositi di "lotta al traffico di
droghe via Internet, anche attraverso una mirata revisione normativa".
Considerato che il traffico di droghe via Internet semplicemente non
esiste (provateci voi a infilare un pezzetto di fumo dentro un
messaggio di posta elettronica...), è probabile che i nuovi
strumenti legali non saranno altro che la censura di quei siti che in
materia di droghe continuano a contrastare le verità ufficiali,
iniziando magari da quelli che danno consigli per la coltivazione, per
proseguire poi con quelli degli appassionati e finire facendo piazza
pulita di quelli antiproibizionisti e più politici.
Non vale comunque la pena di preoccuparsi troppo. Del "Piano" di
Ferrero se ne sono accorte solo le agenzie di stampa e anche i giornali
amicissimi del ministro (tipo il Manifesto e Liberazione) non hanno
dato spazio a questa sua ultima impresa. D'altra parte, come ha
commentato uno scafato cronista parlamentare, "quando un Governo vuole
veramente fare, lo fa tramite decreto legge o ponendo la fiducia.
Quando invece dovrebbe farlo ma non può, emana un disegno di
legge e poi se ne dimentica. Quando proprio non ha alcuna intenzione di
farlo, approva i piani d'azione".
Intanto, mentre Ferrero continua a promettere a destra e a manca
cambiamenti che non ci saranno mai, il 18 novembre è stata
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l'intesa della conferenza unificata
Stato Regioni che rende obbligatori i test antidroga ai lavoratori del
settore dei trasporti, conducenti di autobus, treni, navi, piloti di
aerei, controllori di volo, addetti alla guida di macchine di
movimentazione terra e merci,ecc, o per quanti si trovano a maneggiare
sostanze pericolose come gas tossici, esplosivi e fuochi d'artificio.
Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale entro 90 giorni dovranno
essere emanate le norme sulle procedure dei test (compresa la garanzia
di privacy), ma nel frattempo le imprese, di fronte al dubbio che un
proprio dipendente possa usare droghe, possono già rivolgersi da
ora ad un medico competente (quelli per la sicurezza sul lavoro) e
chiedere un controllo. È inoltre previsto l'arresto da due a
quattro mesi o un ammenda fino a quasi 26 mila euro per il datore di
lavoro che non rimuove il lavoratore dalle mansioni pericolose in caso
di accertata tossicodipendenza. Il lavoratore che rifiuta il controllo
rischia l'arresto fino a 15 giorni e l'ammenda da 103 euro fino a 309
oltre al licenziamento I controlli, i cui costi sono a carico del
datore di lavoro, prevedono visite mediche ed esami di laboratorio.
Coloro che risulteranno positivi ai controlli potranno essere "adibiti
a mansioni diverse" o essere costretti a seguire "programmi di
riabilitazione", dopo i quali potranno tornare alle sue mansioni.
L'intesa non prevede il licenziamento se si accetta il percorso di
riabilitazione. Qualora sia accertato un uso solo occasionale, il
medico competente può riconsiderare l'inidoneità del
lavoratore, dopo parere favorevole in tal senso del Sert, ma saranno
previsti ulteriori controlli.
Di fatto, in questo modo milioni di lavoratori saranno costretti
all'umiliante verifica delle proprie abitudini di vita attraverso
l'analisi del loro sangue e delle loro urine, mentre aumenterà
il potere di ricatto dei loro padroni e dei loro superiori a cui spetta
la decisione di sottoporli o meno al controllo chimico delle loro
scelte di vita. Ed è probabile che i controlli obbligatori
verranno estesi anche ad altre categorie di lavoratori.
Mentre il proibizionismo continua a produrre repressione, c'è
anche chi continua ad organizzarsi contro questa mostruosità
crudele e insensata. La manifestazione del 9 novembre a Perugia per
protestare contro la morte assurda di Aldo Branzino (morto in
circostanze oscure in carcere nel capoluogo umbro dopo essere stato
arrestato per la coltivazione di alcune piante di marijuana) ha visto
la partecipazione di diverse persone da tutta l'Italia ed ha dimostrato
quanto siano radicati e diffusi i gruppi antiproibizionisti, nonostante
la loro lontananza dalle dinamiche della politica "di palazzo" ed il
puntuale silenzio dei media sulle loro iniziative...
robertino