Umanità Nova, n.40 del 9 dicembre 2007, anno 87

Proibizionismo. Il ministro fa 203


Una decina di giorni fa' è stato presentato alla stampa il Rapporto annuale dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze di Lisbona. Nell'articolato e lungo documento prodotto da un team di esperti delle maggiori università viene fotografata la situazione della diffusione delle sostanze illegali nel Vecchio Continente e l'inefficacia delle politiche repressive adottate dalla maggior parte dei paesi europei. Mentre nell'Olanda dei coffee shop il consumo di cannabis tra gli adolescenti è molto al di sotto della media Ue, nell'ultraproibizionista Svezia la più frequente causa di morte è l'overdose da solventi (visto che anche se la polizia svedese riesce a bloccare le "droghe" dirette verso il paese, nella patria di Ikea colle e vernici da falegname non possono certo essere proibite...). Al di là delle stesse intenzioni dei suoi curatori, il Rapporto si rivela così un efficace strumento per sostenere le tesi di chi afferma che le politiche proibizioniste sulle droghe servono soltanto a produrre controllo poliziesco e a garantire i guadagni delle narcomafie che fanno le proprie fortune economiche sul commercio di sostanze vietate dalle leggi e che possono essere pertanto vendute a prezzi enormemente superiori al loro costo di produzione. Per quanto riguarda l'Italia, in particolare viene registrato il forte aumento della diffusione della cocaina, diretta conseguenza della Legge Fini-Giovannardi che mettendo sullo piano droghe leggere e droghe pesanti ha di fatto favorito la diffusione delle droghe pesanti (ed in particolare della cocaina che dal 2005 al 2007 ha visto dimezzare il suo prezzo da 100-120 euro al grammo a 40-60).
Come i lettori di UN si ricorderanno bene, la legge Fini-Giovanardi, una delle più repressive nel mondo occidentale, fu approvata dal Governo Berlusconi all'interno di un decreto legge urgente sulla sicurezza alle Olimpiadi invernali di Torino. All'epoca i partiti del centro-sinistra (allora in campagna elettorale) promisero battaglia e giurarono che sarebbe stata abrogata subito dopo che si fosse insediato un nuovo governo. A quasi due anni dall'insediamento del Governo Prodi, nonostante i continui e settimanali annunci del pusillanime socialdemocratico Ministro delle Parole Vuote Paolo Ferrero, su una imminente abrogazione della legge Fini-Giovanardi, questa è sempre lì, immodificata, perenne.
L'ha promesso per la duecentotreesima volta (203 esatte, contate..) in occasione della presentazione del Piano italiano di azione sulle droghe, che ha scritto in collaborazione con alcuni colleghi di governo e che l'Unione Europea stava chiedendo da anni visto che l'Italia, insieme a Malta, è l'unico Paese europeo a non esserne dotato. Il "Piano" è poco più di una dichiarazione d'intenti che comunque dopo l'ok del Consiglio dei ministri dovrà affrontare il vaglio della Conferenza Stato-Regioni ed enti locali. Per quanto Ferrero lo presenti come una sorta di svolta che dovrebbe rappresentare il primo passo per l'abolizione della Fini-Giovannardi, in effetti il documento è poco più che un adempimento burocratico di carattere internazionale, "il segno che nel centrosinistra si è riusciti a portare a compimento un atto dovuto", come hanno commentato laconicamente quelli del Forum Droghe (che rappresenta l'ala più filogovernativa dei movimenti antiproibizionisti). Anche la stessa modifica della legge attuale sulla droga (309/90) per consentire la coltivazione della canapa sativa (la pianta da fibra, con pochissimo THC) "a fini leciti" non è altro che un modo per adeguare le leggi italiane alle politiche agricole della Ue che promuovono la diffusione della canapa industriale. Per il resto, nulla, ma veramente nulla di nuovo sotto il sole, a parte la pittoresca proposta di istituire una sorta di bollino di qualità, una certificazione di "locale libero da gioco patologico", che dovrebbe segnalare i bar che hanno videogame e slot-machine che "non danno dipendenza" (non si sa bene in base a quali criteri) e l'ipotesi di seguire lo stesso percorso anche per le palestre con accordi con le associazioni di categoria per sensibilizzare i gestori alle problematiche del doping e rilascio finale della certificazione di "palestra sicura". Da segnalare, invece, come particolarmente inquietanti i propositi di "lotta al traffico di droghe via Internet, anche attraverso una mirata revisione normativa". Considerato che il traffico di droghe via Internet semplicemente non esiste (provateci voi a infilare un pezzetto di fumo dentro un messaggio di posta elettronica...), è probabile che i nuovi strumenti legali non saranno altro che la censura di quei siti che in materia di droghe continuano a contrastare le verità ufficiali, iniziando magari da quelli che danno consigli per la coltivazione, per proseguire poi con quelli degli appassionati e finire facendo piazza pulita di quelli antiproibizionisti e più politici.
Non vale comunque la pena di preoccuparsi troppo. Del "Piano" di Ferrero se ne sono accorte solo le agenzie di stampa e anche i giornali amicissimi del ministro (tipo il Manifesto e Liberazione) non hanno dato spazio a questa sua ultima impresa. D'altra parte, come ha commentato uno scafato cronista parlamentare, "quando un Governo vuole veramente fare, lo fa tramite decreto legge o ponendo la fiducia. Quando invece dovrebbe farlo ma non può, emana un disegno di legge e poi se ne dimentica. Quando proprio non ha alcuna intenzione di farlo, approva i piani d'azione".
Intanto, mentre Ferrero continua a promettere a destra e a manca cambiamenti che non ci saranno mai, il 18 novembre è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l'intesa della conferenza unificata Stato Regioni che rende obbligatori i test antidroga ai lavoratori del settore dei trasporti, conducenti di autobus, treni, navi, piloti di aerei, controllori di volo, addetti alla guida di macchine di movimentazione terra e merci,ecc, o per quanti si trovano a maneggiare sostanze pericolose come gas tossici, esplosivi e fuochi d'artificio. Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale entro 90 giorni dovranno essere emanate le norme sulle procedure dei test (compresa la garanzia di privacy), ma nel frattempo le imprese, di fronte al dubbio che un proprio dipendente possa usare droghe, possono già rivolgersi da ora ad un medico competente (quelli per la sicurezza sul lavoro) e chiedere un controllo. È inoltre previsto l'arresto da due a quattro mesi o un ammenda fino a quasi 26 mila euro per il datore di lavoro che non rimuove il lavoratore dalle mansioni pericolose in caso di accertata tossicodipendenza. Il lavoratore che rifiuta il controllo rischia l'arresto fino a 15 giorni e l'ammenda da 103 euro fino a 309 oltre al licenziamento I controlli, i cui costi sono a carico del datore di lavoro, prevedono visite mediche ed esami di laboratorio.
Coloro che risulteranno positivi ai controlli potranno essere "adibiti a mansioni diverse" o essere costretti a seguire "programmi di riabilitazione", dopo i quali potranno tornare alle sue mansioni. L'intesa non prevede il licenziamento se si accetta il percorso di riabilitazione. Qualora sia accertato un uso solo occasionale, il medico competente può riconsiderare l'inidoneità del lavoratore, dopo parere favorevole in tal senso del Sert, ma saranno previsti ulteriori controlli.
Di fatto, in questo modo milioni di lavoratori saranno costretti all'umiliante verifica delle proprie abitudini di vita attraverso l'analisi del loro sangue e delle loro urine, mentre aumenterà il potere di ricatto dei loro padroni e dei loro superiori a cui spetta la decisione di sottoporli o meno al controllo chimico delle loro scelte di vita. Ed è probabile che i controlli obbligatori verranno estesi anche ad altre categorie di lavoratori.

Mentre il proibizionismo continua a produrre repressione, c'è anche chi continua ad organizzarsi contro questa mostruosità crudele e insensata. La manifestazione del 9 novembre a Perugia per protestare contro la morte assurda di Aldo Branzino (morto in circostanze oscure in carcere nel capoluogo umbro dopo essere stato arrestato per la coltivazione di alcune piante di marijuana) ha visto la partecipazione di diverse persone da tutta l'Italia ed ha dimostrato quanto siano radicati e diffusi i gruppi antiproibizionisti, nonostante la loro lontananza dalle dinamiche della politica "di palazzo" ed il puntuale silenzio dei media sulle loro iniziative...

robertino

home | sommario | comunicati | archivio | link | contatti