Il carattere intrinsecamente distruttivo del capitalismo si esprime
nella volontà delle élite economiche e finanziarie di
mettere le mani sui beni di prima necessità per costringere la
collettività a pagare per vivere.
La privatizzazione dell'acqua è solo uno dei fronti di attacco
in cui chi detiene il potere cerca di plasmare il mondo a immagine e
somiglianza dei propri interessi e dei propri appetiti.
A livello globale, le risorse idriche costituiscono già adesso
un tesoro che gli stati, i governi e le grandi imprese multinazionali
vogliono spartirsi per costringere chi non ha potere ad avere sempre
più sete, e a pagare per potersi procurare l'acqua. Ciò
significa che la gestione dell'acqua diventerà un ulteriore
elemento di conflitto, di guerre e di devastazione per tutto il
pianeta.
Proprio perché si tratta di un elemento così essenziale
per la vita di tutti, c'è chi sta già pensando e mettere
le mani sui rubinetti dell'acqua affinché intere popolazioni
restino soggiogate e dipendano in tutto e per tutto dalle politiche
liberiste orchestrate, di volta in volta, da istituzioni nazionali e
sopranazionali o da corporation senza scrupoli che antepongono la
logica del profitto alle necessità concrete e naturali di ogni
essere umano e animale.
In Italia, questa logica si traduce, a livello locale, nella
privatizzazione dei servizi di erogazione idrica attraverso
l'istituzione degli ATO, baracconi parassitari e malavitosi che
impongono agli utenti bollette esorbitanti a fronte di una
qualità del servizio immutata o, addirittura, peggiore.
Se a ciò si aggiunge l'esistenza di reti idriche disastrate e
insufficienti, oltre all'atavica gestione mafiosa dei pozzi privati
soprattutto nel Meridione, è evidente che la tendenza alla
privatizzazione dell'acqua è una strada che i poteri forti
intendono perseguire per aumentare il controllo sociale attraverso il
controllo sui bisogni primari delle persone.
Per rispondere a questi attacchi e invertire questo processo criminale
è necessario ricorrere a una mobilitazione permanente che faccia
della difesa dell'acqua come bene pubblico e collettivo un tema
prioritario per ciascuno di noi.
Difendere il carattere pubblico dell'acqua non deve significare la
delega alle istituzioni sulla gestione di questo bene essenziale.
Pubblico non vuol dire, di per sé, statale – né per
l'acqua né per ogni altro settore del vivere comune.
È possibile costruire reti e comitati di solidarietà
affinché gli utenti siano direttamente coinvolti e
responsabilizzati nella gestione dei servizi comuni, in un processo che
dal basso verso l'alto sappia rispondere veramente ai bisogni delle
popolazioni.
Di fronte alla volontà prevaricatrice di chi vuole prenderci per
la sete, l'autogestione dell'esistente è una risposta concreta
per difendere la vita nostra e di tutto il pianeta.
Commissione di corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana – FAI
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