Umanità Nova, n.41 del 16 dicembre 2007, anno 87

Le basi della guerra-1 Le servitù militari


Questo è il primo di una serie di tre articoli dedicati alle basi della guerra. Il prossimo tratterà delle basi USA e NATO in Italia, quello successivo delle installazioni militari italiane.

Cosa sono le servitù militari
"In vicinanza delle opere ed installazioni militari permanenti o semipermanenti e degli aeroporti, il diritto di proprietà può essere soggetto alle limitazioni stabilite dalla legge, della durata massima di cinque anni, salvo proroga stabilita con decreto del Comandante territoriale, sentito il Comitato Misto Paritetico. Tali limitazioni possono essere ridotte o revocate nello stesso modo anche prima dello scadere del quinquennio (art.1 e 10 L. 898/76). Il decreto del Comandante territoriale, che adotta il provvedimento impositivo sulle zone soggette alle limitazioni di cui all'art.1 e nel quale devono essere individuate le singole proprietà assoggettate, è custodito nell'archivio comunale. Diviene esecutivo dopo 90 gg. dalla data del deposito e chiunque può prenderne visione fino a che l'imposizione ha effetto (artt. 4 e 5 L. 898/76).
Ai proprietari degli immobili (ed in parte al conduttore, ove l'immobile sia stato dato in conduzione prima dell'imposizione delle limitazioni) è dovuto un indennizzo annuo (art. 7 L. 898/76)."
La legge citata, in un testo successivamente modificato (legge 104 del 2 maggio 1990), precisa inoltre che: "in ciascuna regione è costituito un Comitato Misto Paritetico di reciproca consultazione per l'esame, anche con proposte alternative della regione e dell'autorità militare, dei problemi connessi all'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale e di sviluppo economico e sociale della regione e delle aree sub-regionali ed i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni."
- Comitato Misto, perché è formato da militari e da civili, cioè da componenti designati dal Ministero della Difesa e, per ogni regione, eletti dal Consiglio Regionale;
- Paritetico, perché questi componenti sono in numero pari nei due settori.
Il comma 4 del citato articolo 1 precisa che "Ciascun comitato, sentiti gli enti locali e gli altri organismi interessati, definisce" la propria competenza in relazione ai problemi che abbiamo elencato, cioè allo sviluppo economico, sociale, territoriale della regione.
I pareri che il CoMiPar esprime sono obbligatori ma non vincolanti (perciò il Ministero della Difesa, prima di assumere determinate decisioni in relazione al complesso delle servitù militari deve sentire il Comitato) ma, se quel parere è stato espresso a maggioranza, prima di prendere una decisione difforme deve sentire la Giunta Regionale competente per territorio.
Il Ministero della Difesa può quindi disattendere completamente il parere espresso.
Questo complesso di disposizioni non costituisce una formalità più o meno interessante, ma significa che i governi della regione e dei comuni e gli enti che vengono obbligatoriamente interpellati, hanno una responsabilità precisa nella conduzione delle opere che attengono alla difesa, evidentemente non nelle decisioni strettamente militari, ma in tutte quelle operazioni di gestione territoriale che al sistema militare sono connesse.
Le servitù militari, sulla base della legge 898 del 1976 e le successive modifiche della legge 104 del 1990, consistono principalmente in divieti e limitazioni della proprietà privata (tramite indennizzo), nelle vicinanze di installazioni militari di varia sorta e tipologia, a carattere sia nazionale (interamente gestite dall'Esercito italiano), sia misto (basi americane e basi Nato). Le servitù militari quindi attengono ad una ulteriore confisca rispetto a quella specificatamente militare: l'espropriazione militare definisce in termini stretti il sequestro di intere aree (di cielo, di terra, di mare…) ai fini di installazioni reali di impianti a carattere bellico. Le servitù militari impongono ulteriori restrizioni territoriali nelle vicinanze delle installazioni militari; insomma allargano a piacimento la destinazione militare di un territorio. Quando si parla, ad esempio, del raddoppio della base di Vicenza, in realtà non si tiene conto della parte ulteriore che verrà ulteriormente espropriata ed è quella nei dintorni presso i quali non si potrà costruire nulla a "detrimento" della base stessa.
Il militare è talmente potente che va contro anche ai diritti di proprietà sanciti dal capitalismo: la "sicurezza" e l'apparato belligeno sia di controllo che di attacco posso eliminare diritti di proprietà, o meglio, sottoporre i diritti di proprietà ad un altro ordinamento, con altre regole, altre leggi, altri controlli extraterritoriali. In fondo, nel piccolo è ciò che avviene per le guerre, dove proprietà di capitali e di produzione sottopongono i loro diritti all'esercizio "temporaneo" del comando militare. Ed è in questo senso che le lobby militari acquistano un peso specifico sempre più considerevole, perché possono arrivare laddove il capitale, le multinazionali ed il sistema di mercato non possono arrivare, cioè ad imporre la proprietà territoriale, manu militari, a salvaguardia o ad estensione del loro potere di produzione e commercio. Sempre di più vedremo formarsi oligopoli mercantilistico-militari in grado di realizzare jointventure extraterritoriali, funzionali non solo all'apparato di dominio degli stati di cui fanno parte, ma anche di quei gruppi di potere interni agli stessi stati che traggono il maggior beneficio da queste operazioni. Non è un caso, infatti, che nei grandi stati imperialistici (USA, CSI, CINA…) gli apparati di governo coincidano sostanzialmente con quelli militari e, non è un caso, che in democrazie formali come la nostra, i politici si facciano da agenti e promotori territoriali degli apparati militari. E questo a partire dai piccoli comuni con relativi benefit, alle province, alle regioni, agli stati nazionali. Ogni piccolo organismo di governo territoriale deve essere strumento di disegni più ampi, pena la perdita effettuale di potere decisionale locale: ecco perché in queste lotte, come avviene già sul TAV, è fondamentale l'autonomia totale dei movimenti dagli apparati istituzionali ed ancora in misura maggiore da quei partiti che si prestano, a sinistra, a fare da sponda alle scelte governative, cioè alle loro scelte. La seconda cosa fondamentale è il rivendicare l'esercizio della collettività sul territorio come bene comune e non come bene privatistico, e quindi contro ogni tipologia di servitù, compresa quella nazionale: in questo senso la differenza rispetto ai nazionalismi di ogni sorta e natura deve essere molto netta e chiara. Non vogliamo espropriare chicchessia per metterci i "nostri militari", ma per togliere tutti i militari da ogni territorio. Altrimenti il rischio sarebbe quello di scivolare in un sciovinismo nazionalistico di tipo fascistoide lontano milioni di anni luce dalla nostra cultura politica e credo anche da quella di molti pacifisti ed antimilitaristi che anarchici non sono.

Pietro Stara

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