La strage della fabbrica Thyssenkrupp di Torino del 6 dicembre 2007
è l'ultimo atto della guerra infinita tra capitale e lavoro, una
guerra in cui gli operai vengono massacrati quotidianamente in nome del
profitto e degli interessi padronali.
Questo stabilimento, non nuovo a infortuni e incidenti sul lavoro, era
appartenuto alla Fiat, poi alla Teksid – sempre gruppo Fiat
– e successivamente passò di mano fino agli attuali
proprietari della Thyssenkrupp. Che questo stabilimento decisero di
chiudere, assieme a quello di Terni, per delocalizzare in Cina e
altrove. Per il momento, Terni si è salvato e Torino doveva
chiudere entro il giugno prossimo, mentre la chiusura del reparto in
cui si è consumata la strage di operai era prevista per il
febbraio 2008. Ma fino all'ultimo bisognava produrre, in qualsiasi
condizione, sotto il ricatto del licenziamento, della mobilità,
di non riuscire più a dare alla propria famiglia una vita
decorosa. Tutti coloro che hanno lasciato che quegli uomini lavorassero
nelle condizioni che ora sono sulle prime pagine dei giornali nazionali
(misure di sicurezza inesistenti, turni di lavoro di 12 ore) sapevano
perfettamente quello che facevano: accettavano come normale la
possibilità che quegli uomini morissero, voce messa a bilancio,
costo certamente compensato dall'immane sforzo di quei duecento operai
che negli ultimi mesi hanno lavorato in Thyssenkrupp facendo quello che
prima si faceva in più di trecento.
Le fredde statistiche continuano a raccontare di un'Italia in cui la
sicurezza sul lavoro è ancora un traguardo lontanissimo: non
c'è di che stupirsi, dal momento che negli ultimi anni la classe
lavoratrice ha subito continui attacchi attraverso la ridefinizione del
sistema produttivo, lo smantellamento dello stato sociale, la creazione
di leggi volte a precarizzare il lavoro, la delocalizzazione e la
globalizzazione dei mercati. Le tutele e i diritti dei lavoratori sono
stati calpestati inesorabilmente e scientificamente dalla classe
dirigente del paese sempre pronta, insieme ai sindacati concertativi, a
garantire massima protezione agli interessi del capitalismo italiano.
In questa Italia sempre più devastata dall'insipienza della
classe politica e da un generale arretramento civile, economico e
culturale, tutti i giorni i lavoratori sono mandati al macello sotto il
ricatto del "prendere o lasciare", tanto fuori c'è la fila per
prendere il tuo posto.
Nell'esprimere il nostro profondo cordoglio per le vittime del rogo
della Thyssenkrupp, facciamo appello a tutte le lavoratrici e tutti i
lavoratori affinché si uniscano in una mobilitazione diretta e
permanente contro gli infortuni sul lavoro: un primo ma necessario
passo verso la ripresa di una più generale
conflittualità, della doverosa lotta per dimostrare ai padroni e
ai politici che non possono e non devono più permettersi di
sfruttare le vite di chi lavora e produce materialmente il benessere e
la ricchezza di questo paese.
Commissione di corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana - FAI
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