Con 110 anni di reclusione comminati a ventiquattro dei venticinque
imputati al processo sui fatti di Genova, lo stato italiano è
riuscito nell'intento di consumare la propria vendetta per quanto
accaduto nelle terribili giornate del luglio 2001 quando, in occasione
del vertice dei G8, centinaia di migliaia di persone scesero in piazza
per manifestare la propria opposizione alle politiche devastatrici dei
governi e degli stati più industrializzati del mondo.
Con questa sentenza, le istituzioni chiudono un cerchio aperto sette
anni fa, sancendo definitivamente la politica del "divide et impera"
che è servita in tutti questi anni a indebolire e controllare il
movimento antiglobalizzazione in Italia a partire dalla mattanza di
Genova.
Operando un'ulteriore distinzione tra imputati condannati per
"devastazione e saccheggio" e imputati condannati per furti e
danneggiamenti, i giudici hanno utilizzato questi capri espiatori per
dividere ancora una volta il movimento in "buoni" e "cattivi",
legittimando così in maniera speculare il concetto secondo cui
anche tra le forze dell'ordine ci fu chi, nelle giornate di Genova,
commise degli errori e si lasciò andare a violenze giustificate
da una situazione emergenziale.
Ma chi era presente a Genova sa bene che l'assassinio di Carlo
Giuliani, i pestaggi brutali perpetrati dalle forze dell'ordine, i loro
colpi di arma da fuoco, le cariche e i lanci di lacrimogeni furono
tutti elementi di una precisa e voluta strategia di repressione del
dissenso con cui trasformare le strade e le piazze di Genova in un
mattatoio a cielo aperto per stroncare il movimento in Italia.
Non è un caso, infatti, che tale disegno criminale e autoritario
aveva già avuto il suo prologo a Napoli (con un governo di
centrosinistra in carica) e a Goteborg, dove un manifestante fu preso a
pistolettate da un agente di polizia.
Ci sembrano davvero intollerabili i commenti scandalizzati di alcuni
rappresentanti della maggioranza di centrosinistra che stigmatizzano le
condanne del tribunale di Genova, perché tutti quelli che oggi
si indignano e strepitano per questa ingiustizia sono sempre stati in
prima linea nel sostenere la divisione tra manifestanti "violenti" e
manifestanti "pacifici", una divisione del tutto funzionale alle mire
egemoniche e politiciste di chi ha fatto carriera speculando sulle
energie di chi, in tutta buona fede, ha lottato e ancora lotta per un
altro mondo possibile.
Esprimiamo solidarietà a tutti i condannati e rinnoviamo il
nostro impegno affinché la verità politica e morale sui
fatti di Genova non venga mai occultata né dalla repressione
dello stato né dall'ipocrisia dei suoi servi.
Commissione di Corrispondenza della Federazione Anarchica Italiana - FAI
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