La reazione... i reazionari... le reazionarie forze del passato... la reazione sempre in agguato!
Parole e frasi antiche, che sembravano dimenticate, messe in soffitta
una volta per tutte, non solo in forza dello sviluppo sociale e
culturale apparentemente inarrestabile di questi tempi, ma anche
perché di veri reazionari, di persone disposte a mettersi in
gioco e ad esporsi come elementi intenzionati a contrastare il
progresso - se mai questa parola possa avere ancora un senso - e
quindi fuori dal tempo e dalla storia, sembravano esserne rimasti ben
pochi. Anzi, tranne qualche Cavaliere di Cristo Re o alcuni incanutiti
reduci della Repubblica Sociale, nessuno. Neanche più gli amici
di Fini e Storace, tanto per rendere l'idea.
Questo, però, solo fino a poco tempo fa. Fintantoché,
infatti, si riteneva inevitabile (e utile) partecipare ad un'idea
generale di sviluppo sociale, ad un progetto di estensione degli spazi
di libertà, ad un riconoscimento effettivo della
inalienabilità dei diritti del singolo, di veri reazionari se ne
incontravano pochi, e pochi sembravano disposti a porre a repentaglio
la propria reputazione politica rimettendo in discussione quanto
sembrava ormai pienamente acquisito nella coscienza collettiva della
società. E questo sembrava diventato patrimonio comune, tanto
della destra (anche se un po' meno) quanto della sedicente sinistra
(forse un po' di più). Tutto al più, quelle che potevano
essere definite posizioni "reazionarie", si esprimevano in altri modi,
più subdoli, meno riconoscibili esteriormente, comunque,
sostanzialmente, sempre come comportamenti personali: ostentazione
controllata della ricchezza e del potere, razzismo allo stato puro ma
motivato in virtù della salvaguardia della tradizione,
esibizione di contenuti fortemente classisti ed escludenti. E
così via.
Ma si sa, i tempi e le situazioni cambiano. E la storia insegna che
nulla può essere dato per scontato. E infatti quello che fino a
poco fa sembrava semplicemente impensabile o per lo meno l'ipotetico
effetto di una qualche improbabile bizzarria, oggi, grazie all'azione
dei "nuovi reazionari", non solo si ripresenta sulla scena sociale, ma
diviene anche, con preoccupante velocità, patrimonio comune a
settori sempre più ampi della società.
Una fondamentale conquista civile, come il diritto alla procreazione
consapevole, rimesso in discussione con il valore aggiunto che il
grottesco promotore della cosiddetta moratoria sull'aborto è un
"laico" dichiarato e ragionante. La riproposizione delle teorie
creazioniste come espressione di un "disegno divino" che se è
davvero tale, è automaticamente legittimato a pervadere l'intera
società. La valorizzazione della famiglia come cellula primaria
sui cui princîpi, cristiani e ortodossi, definire i più
generali valori della intera società. La parossistica
repressione, nelle piazze e nei tribunali, di qualsiasi forma di
contestazione al potere, che travalica ampiamente la presunta
gravità dei fatti per farsi risposta globale e totalitaria ad
ogni forma di dissenso reale. Basti pensare alle recenti sentenze,
milanesi, genovesi, torinesi, e sicuramente altre mi sfuggono. La
strisciante svalutazione dei principi morali e civili che mossero alla
resistenza contro il nazifascismo, nel subdolo proposito di equiparare
gli oppressi agli oppressori. L'altrettanto strisciante affacciarsi
delle teorie negazioniste sulla Shoah, come gigantesca rimozione delle
responsabilità del potere e della complicità del singolo.
La religiosa ostentazione del magico e dell'irrazionale come
superstizioso cemento che lega, trasversalmente, tutti i ceti sociali.
La sostanziale indifferenza, al di là delle frasi di circostanza
e delle oscene lacrime di coccodrillo, per le regole sulla sicurezza
sul lavoro. La partecipazione, a scadenze sempre più
ravvicinate, ad operazioni militari al soldo e al servizio delle
cosiddette potenze amiche. L'affermarsi sfacciato e violento di
comportamenti dichiaratamente razzisti e fanatici, nello squallido
proposito di rincorrere, e al tempo stesso solleticare, gli umori
più bassi che albergano nell'animo umano. L'esclusione,
l'indifferenza, l'aggressione al diverso, come risposte legittime ai
cambiamenti sociali e culturali inevitabilmente prodotti dal più
generale processo di globalizzazione. E l'elenco, per quanto lungo
anche se sicuramente incompleto, è solo destinato a crescere!
Come si vede, tutte risposte, anche nella loro apparente
contraddittorietà - l'ostentato rispetto, ad esempio, per la
sacralità della vita che deve nascere a fronte dell'indifferenza
per quella che si intende offendere o sopprimere – intese a
rendere più deboli la libera volontà e capacità di
autonoma elaborazione culturale dell'individuo, ora sottoposto a
insidiose lusinghe, ora a violente azioni repressive. Il tutto per
proporre nuovamente, fermi restando i rapporti di produzione fra
sfruttati e sfruttatori, anzi, dando a questi una valenza ancora
maggiore, una concezione del rapporto fra potere e individuo legata
alla onnipotenza del primo e alla immaturità del secondo
nell'affrontare e risolvere il presunto disordine sociale. Quel
disordine, in sostanza, che legittima la soluzione reazionaria. Ed
è proprio su questa rappresentazione, che nega ogni
principio e ogni speranza di libertà, che la reazione trova le
ragioni per affermarsi.
All'erta, dunque, compagni, la reazione è sempre in agguato!
Massimo Ortalli