Umanità Nova, n.1 del 13 gennaio 2008, anno 88

Aborto, fascismo, razzismo, repressione... La reazione che avanza


La reazione... i reazionari... le reazionarie forze del passato... la reazione sempre in agguato!
Parole e frasi antiche, che sembravano dimenticate, messe in soffitta una volta per tutte, non solo in forza dello sviluppo sociale e culturale apparentemente inarrestabile di questi tempi, ma anche perché di veri reazionari, di persone disposte a mettersi in gioco e ad esporsi come elementi intenzionati a contrastare il progresso - se mai questa parola possa avere ancora un senso -  e quindi fuori dal tempo e dalla storia, sembravano esserne rimasti ben pochi. Anzi, tranne qualche Cavaliere di Cristo Re o alcuni incanutiti reduci della Repubblica Sociale, nessuno. Neanche più gli amici di Fini e Storace, tanto per rendere l'idea.
Questo, però, solo fino a poco tempo fa. Fintantoché, infatti, si riteneva inevitabile (e utile) partecipare ad un'idea generale di sviluppo sociale, ad un progetto di estensione degli spazi di libertà, ad un riconoscimento effettivo della inalienabilità dei diritti del singolo, di veri reazionari se ne incontravano pochi, e pochi sembravano disposti a porre a repentaglio la propria reputazione politica rimettendo in discussione quanto sembrava ormai pienamente acquisito nella coscienza collettiva della società. E questo sembrava diventato patrimonio comune, tanto della destra (anche se un po' meno) quanto della sedicente sinistra (forse un po' di più). Tutto al più, quelle che potevano essere definite posizioni "reazionarie", si esprimevano in altri modi, più subdoli, meno riconoscibili esteriormente, comunque, sostanzialmente, sempre come comportamenti personali: ostentazione controllata della ricchezza e del potere, razzismo allo stato puro ma motivato in virtù della salvaguardia della tradizione, esibizione di contenuti fortemente classisti ed escludenti. E così via.
Ma si sa, i tempi e le situazioni cambiano. E la storia insegna che nulla può essere dato per scontato. E infatti quello che fino a poco fa sembrava semplicemente impensabile o per lo meno l'ipotetico effetto di una qualche improbabile bizzarria, oggi, grazie all'azione dei "nuovi reazionari", non solo si ripresenta sulla scena sociale, ma diviene anche, con preoccupante velocità, patrimonio comune a settori sempre più ampi della società.
Una fondamentale conquista civile, come il diritto alla procreazione consapevole, rimesso in discussione con il valore aggiunto che il grottesco promotore della cosiddetta moratoria sull'aborto è un "laico" dichiarato e ragionante. La riproposizione delle teorie creazioniste come espressione di un "disegno divino" che se è davvero tale, è automaticamente legittimato a pervadere l'intera società. La valorizzazione della famiglia come cellula primaria sui cui princîpi, cristiani e ortodossi, definire i più generali valori della intera società. La parossistica repressione, nelle piazze e nei tribunali, di qualsiasi forma di contestazione al potere, che travalica ampiamente la presunta gravità dei fatti per farsi risposta globale e totalitaria ad ogni forma di dissenso reale. Basti pensare alle recenti sentenze, milanesi, genovesi, torinesi, e sicuramente altre mi sfuggono. La strisciante svalutazione dei principi morali e civili che mossero alla resistenza contro il nazifascismo, nel subdolo proposito di equiparare gli oppressi agli oppressori. L'altrettanto strisciante affacciarsi delle teorie negazioniste sulla Shoah, come gigantesca rimozione delle responsabilità del potere e della complicità del singolo. La religiosa ostentazione del magico e dell'irrazionale come superstizioso cemento che lega, trasversalmente, tutti i ceti sociali. La sostanziale indifferenza, al di là delle frasi di circostanza e delle oscene lacrime di coccodrillo, per le regole sulla sicurezza sul lavoro. La partecipazione, a scadenze sempre più ravvicinate, ad operazioni militari al soldo e al servizio delle cosiddette potenze amiche. L'affermarsi sfacciato e violento di comportamenti dichiaratamente razzisti e fanatici, nello squallido proposito di rincorrere, e al tempo stesso solleticare, gli umori più bassi che albergano nell'animo umano. L'esclusione, l'indifferenza, l'aggressione al diverso, come risposte legittime ai cambiamenti sociali e culturali inevitabilmente prodotti dal più generale processo di globalizzazione. E l'elenco, per quanto lungo anche se sicuramente incompleto, è solo destinato a crescere!
Come si vede, tutte risposte, anche nella loro apparente contraddittorietà - l'ostentato rispetto, ad esempio, per la sacralità della vita che deve nascere a fronte dell'indifferenza per quella che si intende offendere o sopprimere – intese a rendere più deboli la libera volontà e capacità di autonoma elaborazione culturale dell'individuo, ora sottoposto a insidiose lusinghe, ora a violente azioni repressive. Il tutto per proporre nuovamente, fermi restando i rapporti di produzione fra sfruttati e sfruttatori, anzi, dando a questi una valenza ancora maggiore, una concezione del rapporto fra potere e individuo legata alla onnipotenza del primo e alla immaturità del secondo nell'affrontare e risolvere il presunto disordine sociale. Quel disordine, in sostanza, che legittima la soluzione reazionaria. Ed è proprio su questa  rappresentazione, che nega ogni principio e ogni speranza di libertà, che la reazione trova le ragioni per affermarsi.
All'erta, dunque, compagni, la reazione è sempre in agguato!

Massimo Ortalli

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