Umanità Nova, n.2 del 20 gennaio 2008, anno 88

Tempi terribili

Non si esagera affatto quando si dice che quelli in cui viviamo sono tempi terribili. La sensazione è quella di vivere in un romanzo di fantapolitica in cui tutti gli ingredienti dell'inquietudine letteraria diventano ogni giorno drammaticamente veri e palpabili, come se intuizioni e profezie pessimistiche si stessero avverando una dopo l'altra.
Il problema ambientale, ad esempio. Su larga scala il cambiamento climatico, che per anni era stato negato e minimizzato da certa letteratura scientifica assoldata dalle grandi multinazionali, è diventato un argomento del dibattito politico e culturale mondiale rivestendo, non a caso, i caratteri di un'emergenzialità che poteva essere affrontata prima e per tempo ma che adesso non può tollerare ulteriori rinvii in termini di soluzioni. Stesso discorso per quanto riguarda il delirio tutto italiano dello smaltimento dei rifiuti in Campania: decenni di abusi, di affari mafiosi nella gestione delle discariche non autorizzate, di insipienza di una classe dirigente corrotta e ignava hanno portato l'attuale governo ad affrontare la cosiddetta emergenza col piglio autoritario di chi militarizza il territorio e impone scelte con il solito ricatto del commissariamento e del conferimento di poteri speciali a superpoliziotti che sanno solo reprimere ed esercitare l'ingiustizia.
E poi c'è il lavoro che uccide, implacabile e puntuale, da Nord a Sud, nelle fabbriche e nei cantieri. Perché la sicurezza non è garantita, non è assicurata né controllata, e l'unico criterio imprenditoriale dei padroni risponde a logiche di accumulazione e profitto, contro ogni diritto residuale. Non si tratta solo di abusi o di omissioni ma del semplice e rigoroso sfruttamento da parte di chi detiene i mezzi di produzione in un sistema che a livello strutturale consente di poter sorvolare sui diritti dei lavoratori perché il lavoro è, di per sé, in balia della precarietà, della flessibilità, delle norme che hanno demolito diritti e doveri spazzando via ogni parvenza di reciprocità. E poi c'è la repressione, il controllo sociale, l'allarmismo ingiustificato che morde ogni giorno, nelle urla della televisione e nella genericità di titoli cubitali che raccontano solo quello che serve ai padroni e ai politici per tenere in pugno le vite di tutti. Così, se tutto va storto è colpa degli immigrati, che spacciano o si prostituiscono, che rubano e violentano, che non si integrano e vivono ai margini. Ma nessuno racconta che per ogni spacciatore straniero c'è un drogato italiano, o che per ogni prostituta nera c'è un cliente bianco, o che gli stupri e le violenze si consumano per la maggior parte tra le mura di casa, con mariti che ammazzano le moglie e figli che massacrano i genitori. Basterebbe partire da queste considerazioni per comprendere che i comportamenti criminali non sono esercizi di stile ma il prodotto sciagurato di una società in cui c'è chi ha troppo e chi ha troppo poco, in cui i soldi girano male e finiscono sempre nelle stesse tasche, in cui l'incertezza del futuro è scandita dal produci-consuma-crepa che è ormai arrivato allo stadio finale di quest'infame
tripletta. La criminalità del potere, invece, non la racconta nessuno perché non c'è alcun interesse a far sapere in giro che i fascisti esistono e picchiano ancora, sempre di più e sempre più spesso, ovunque. Né è opportuno che i media raccontino le storie di carabinieri e poliziotti in borghese che si divertono a pestare immigrati il sabato sera nel bergamasco. E se un giorno, nel Canale di Sicilia, il comandante di un peschereccio ributta a mare un naufrago dalla pelle nera, la notizia non susciterà troppo scandalo o riprovazione perché, dopotutto, quel tizio avrebbe rischiato il sequestro della barca se si fosse messo in testa di salvare la vita di un uomo.
Il mondo gira al contrario e non ci sarebbe neanche bisogno di essere anarchici per accorgersene. Occorre quindi recuperare il buon senso e tirare il freno, guardarsi negli occhi e riprendere fiato. Le emergenze ci sono, ma non sono quelle che vorrebbero imporci i potenti che predicano male e razzolano peggio. È di vitale importanza tornare a prenderci cura di noi stessi e delle nostre vite, uniti e in piedi, senza paura. Gli stati, i governi, le classi dirigenti, i poteri economici hanno demolito a poco a poco le esistenze di tutti, violentando l'ambiente e facendo della vita di ciascuno un calvario di privazioni e rinunce, una giungla in cui scannarci gli uni con gli altri, una pattumiera sociale in cui nessuno parla più con nessuno e la mercificazione è quotidiana palestra di gerarchia e oppressione. Anche se siamo convinti che solo l'anarchia potrà salvarci da questi tempi terribili, ci basta che - nel frattempo - le donne e gli uomini comincino almeno a rimboccarsi le maniche per tornare a riprendersi il mondo, insieme e contro ogni potere e ogni ingiustizia. La strada è in salita ma è senz'altro migliore della ripida discesa in cui ci stanno spingendo.

TAZ laboratorio di comunicazione libertaria

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