Umanità Nova, n.2 del 20 gennaio 2008, anno 88

Ratzinger e la mummia di Forgione (in arte padre Pio). Business e miracoli

Eppure siamo nel 2008. Nell'epoca di Internet e del wireless. Basta schiacciare un bottone e miliardi di connessioni si attivano. Siamo ad anni luce dalla scoperta dell'elettricità, del telefono, della radio, della forza vapore. A una distanza abissale dal secolo dei lumi, e poi da Kant, da Hegel, da Nietzsche, dal viaggio intorno al mondo di Darwin, dalle intuizioni di Pasteur, dalle scoperte scientifiche dell'ottocento, dalle grandi elaborazioni intellettuali di quel secolo e di quello successivo. Dall'avvento del razionalismo, dall'affermazione della piena e totale legittimità del materialismo, dalle grandi conquiste del libero pensiero, e, diciamolo pure, dalle conclusioni del Concilio Vaticano II. Eppure siamo nel 2008... e di strada se ne dovrebbe essere fatta. O no?
È di questi giorni la notizia, non saprei se definirla più grottesca o più bislacca, della prossima riesumazione delle mortali spoglie di Francesco Forgione, detto padre Pio o san Pio, attualmente riposanti nel convento di San Giovanni Rotondo e destinate, a quanto pare, a fare bella mostra di sé nel nuovo lussuosissimo santuario disegnato, niente meno, che da Renzo Piano (malvisto da molti, tra l'altro, per la struttura che sembrerebbe richiamare simbologie massoniche). Il tutto per permettere che le transumanti legioni di fedeli, abbacinati dalle capacità taumaturgiche del Forgione, possano fare una nuova indigestione di certificata santità e di ricordini forgioneschi prodotti per la ghiotta occasione. Non c'è bisogno di aggiungere che "in occasione della ricorrenza sarà organizzato un convegno internazionale con i più accreditati studiosi di discipline mediche, umanistiche e teologiche, sulle piaghe del santo". Passi per gli accreditati teologi (in fondo è la loro materia), passi un po' meno per gli accreditati umanisti (ma lasciamoli comunque parlare!), ma da uno qualsiasi degli "accreditati medici" chiamati a discettare sul carattere miracoloso delle carni di padre Pio e sulla incorruttibilità del suo corpo, nessuna persona sana di mente si farebbe curare nemmeno l'unghia incarnita del dito piccolo del piede sinistro. Accreditati o meno che siano!
Naturalmente una notizia così clamorosa, che coinvolge emotivamente milioni di fedeli aggrappati al superstizioso mito del cappuccino del Gargano (quante insopportabili gigantografie del frate sui camion e quanti santini accuratamente conservati fra la tessera della Coop e quella del Bancomat!) non poteva passare inosservata, anzi, era prevedibile che avrebbe suscitato non poche polemiche. E non tanto fra gli innocenti "credenti", ai quali, in un modo o nell'altro se ne propinano di ogni, quanto, ovviamente, fra coloro che su questo gigantesco imbroglio ci speculano. Economicamente e spiritualmente. Da un lato, dunque, la curia, intenzionata attraverso l'opera del vescovo locale, a sottrarre influenza e prebende ai frati; dall'altro i frati Cappuccini, che sul culto del prezioso sodale hanno impiantato un affare miliardario (in euro); e poi, da terzi incomodi, alcune associazioni di fedeli in cerca di protagonismo e i parenti del frate, "obbligati" a dire la loro. Un bel casino, a quanto accade di leggere, che vede rimbalzare velenosi scambi di accuse sulle speculazioni economiche imbastite dall'uno e dall'altro. Tutte accuse, per quanto velenose, alle quali non si fa comunque nessuna fatica a credere. Da qualsiasi parte vengano mosse.
Pare infatti che, nonostante il culto del frate sia patrimonio di milioni di pellegrini disposti a trasferirsi periodicamente sui monti del Gargano, e a rimpolpare così le finanze dei profittatori della credulità popolare, pare, dunque, che gli affari non vadano bene come si sperava e che, nonostante l'opportuna e tempestiva santificazione di Forgione fortemente voluta da Wojtila, "questi ultimi cinque anni sono stati fiacchi e decine e decine di iniziative economiche sorte attorno al 'business del santo' sono morte e sepolte". Così, almeno, si legge sull'autorevole «Corriere della Sera». E quindi, una buona spiegazione sul perché si sia deciso di rinverdire il culto con questa clamorosa esposizione della salma, appare più che plausibile.
Si sbaglierebbe, però, se si riconducesse questa grottesca e squallida vicenda a un fatto meramente economico. Che è importante, certo, anche importantissimo, ma non il solo motore, a mio parere, del bizzarro trasloco. Da tempo, infatti, si cerca di riportare all'interno di una comunità di fedeli troppo a lungo influenzata, e quindi indebolita, dal "razionalismo materialista" della chiesa conciliare, uno spirito irrazionale e miracolistico, fortemente intriso di elementi fideistici e sovrannaturali, necessario a ristabilire un forte senso di appartenenza e a dare più forza alla struttura clericale. Per permettere alla Chiesa, in definitiva, di affrontare con armi rinnovate - tanto più efficaci quanto più poggianti sulla superstiziosa credulità nel miracolo - le sfide che si trova ad affrontare. Opporre, insomma, alle poderose spinte dell'integralismo islamico e alle tentazioni del laicismo materialista, una spiritualità a tutto campo, apertamente rivendicata nei suoi aspetti più "medioevali", senza complessi di colpa o di inferiorità. Non so se sia un'arma vincente ma sicuramente è una delle armi di cui si sta dotando anche la rigidissima chiesa ratzingeriana e con la quale dovremo comunque misurarci, se non vorremo scontare, anche noi, i guasti inevitabili che questo greve fideismo cercherà di riversare su tutta la società.

Massimo Ortalli

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