Volutamente abbiamo scelto di non parlare subito dell'attacco portato
alle donne da papa e politici vari, che le hanno accomunate ai boia,
mettendo sullo stesso piano pena di morte e aborto.
Infatti questo pensiero non è legato al momento contingente, ad
una decisione, più o meno a lungo termine, di mettere mano alla
revisione di una legge, ma è un attacco continuo, talvolta
strisciante talvolta conclamato, cui, purtroppo, da parte di
molte/molti si oppone un lamento balbettante.
L'attacco alla 194 è solo uno specchio dietro cui si nasconde qualcosa di più insidioso.
Papa e governo sanno bene che ogni essere che viene al mondo deve
essere accettato da una donna e non sono in alcun modo in grado di
contrastare questo primato, anche se fa paura perché diminuisce
il loro potere. Sanno anche che cambiare questa legge sarebbe oltremodo
impopolare.
Quello che vogliono è riportare la sfera della maternità
e quindi del controllo sul proprio corpo e su se stesse nel privato,
togliendo la parola pubblica che su questo le donne hanno affermata.
Meglio allora cercare di intervenire in modo molto più nascosto, ma anche efficace.
Ecco dunque questi attacchi retorici quanto inutili con grandi parole
pubbliche, ed attacchi concreti e poco sbandierati, ma molto più
efficaci.
Facciamo un esempio che pochi, appunto, conoscono. La situazione
concreta della città in cui abito, Milano, è questa. Il
numero dei medici obiettori è circa il 60%, i consultori
pubblici hanno una carenza cronica di personale, mentre quelli privati
prolificano, la regola con il forte sapore di necrofilia che impone la
sepoltura dei feti continua a sussistere e non prevede obiezione di
coscienza, i centri di aiuto alla vita sono sempre più presenti
negli ospedali tentando di colpevolizzare le donne (la regione ha
stanziato un finanziamento di 500 mila euro al Centro Aiuto per la
Vita, che insieme con i soldi del Comune fanno 700 mila euro).
Oltre tutto ciò il presidente della Regione, Formigoni, ha
annunciato l'emanazione a breve di linee guida per l'applicazione della
legge 194 in tutti ospedali lombardi.
Gli articoli 6 e 7 della 194 consentono l'aborto terapeutico fino "alla
vita autonoma del feto". Un limite quindi non chiaro. In queste nuove
linee guida il limite dovrebbe venir fissato a 20 - 21 settimane,
abbassando gli standard fino ad ora adottati. Occorre anche dire che
ora gli esami per le malformazioni vengono fatti alla ventesima
settimana, perciò non ci sarebbe il tempo materiale per
intervenire in caso di malformazione.
La seconda novità dovrebbe consistere nel fatto che il colloquio
tra la donna e la ginecologa sarà sostituito da uno tra la donna
ed una intera equipe medica, mettendo in situazione di sudditanza la
donna. Inoltre la decisione finale spetterebbe al primario. La vera
novità e che queste linee guida, pur non esistendo ancora,
vengono già, in tutto o in parte, applicate in alcuni ospedali
milanesi.
Tutto ciò significa che le condizioni in cui le donne vengono trattate si possono modificare a prescindere da una legge.
Ma se questo è vero nel peggio, come accade ora, significa anche
che i cambiamenti possono essere imposti con una mobilitazione che
travalichi la legge.
Ne deriva che le prese di posizione che si stanno moltiplicando e che
mirano a far prendere posizione ad alcuni politici, a stilare
petizioni, a cercare "l'errore giuridico" per modificare la situazione
sono perdenti.
Quando nel 1975 venne emanata la legge 405 che istituiva i consultori
pubblici alcune donne valutarono che ciò sottraeva alle donne
una pratica che avveniva nei consultori autogestiti, nei luoghi di
incontro e di auto-aiuto e che portava alla conoscenza di sé e
alla gestione autonoma dei propri problemi.
In quei luoghi e in quelle pratiche si cercava di sottrarre al
confinamento nel privato i problemi che erano pubblici: se le donne
rimangono incinte senza desiderarlo non lo hanno certo fatto da sole…
In questi giorni in varie città si sono svolte assemblee di
donne. E anche se alcune, purtroppo, hanno scelto la strada del dialogo
con le istituzioni, altre si sono invece mosse per riaffermare la
autodeterminazione. Questo è sicuramente un buon segno.
Sicuramente il discorso andrà spostato, come molte donne hanno
fatto: occorre ricominciare a parlare di famiglia, di rapporti d'amore
che diventano di potere o di sottomissione, di violenza sessuale, ma
anche di violenza delle istituzioni.
Occorre continuare a gridare che la violenza inizia nella famiglia ed
è supportata dallo stato e che vogliamo un altro mondo.
Probabilmente sarebbe anche ora di riprendere in mano la nostra vita, sottraendola alla sacralizzazione della medicina.
r.p.