Il rettore della più grande università d'Europa non
è soltanto, come sempre capita in questi casi, il rappresentante
di una casta di baroni universitari, ma anche un padre di famiglia
scrupoloso e preoccupato.
Tanto preoccupato e scrupoloso da far assumere le due figlie, una come
bibliotecaria e l'altra come segretaria presso la stessa
università.
Una delle due figlie (la maggiore, Maria Rosaria) ha, successivamente,
vinto un concorso come ricercatrice (il primo gradino della carriera
universitaria) presso la cattedra di Estimo, sempre
nell'università di cui il papà è Rettore. Le
malelingue, la Guardia di Finanza e la Procura di Roma insinuano che,
visto che il professor Leonardo Di Paola, il docente di Estimo che ha
svolto la selezione, è anche il presidente della CPC, la
società che si è preso l'appalto da 8,8 milioni di Euro
per il parcheggio interrato dell'università, magari ci sia stato
qualche accordo tra i due.
Il fatto che l'esame della Guarini si sia tenuto (a differenza di
quello di tutti gli altri candidati) nello studio privato del Professor
Di Paola, che, casualmente, è anche la sede della CPC,
sicuramente non c'entra nulla con i chiari titoli esibiti dalla figlia
del cattolicissimo Rettore, a differenza degli altri candidati che
hanno tutti presentato una documentazione carente o incompleta, tanto
da consentire l'accesso alle prove alla sola candidata poi risultata
vincitrice.
Evidentemente le malelingue non considerano che anche il Professor Di
Paola è un fervente cattolico, con a cuore i valori della
famiglia, tanto da far fare al figlio Marco (che, en passant, è
anche amministratore delegato della CPC) il professore a contratto ad
Architettura, dove, ma pensa tu le coincidenze, lavora l'altra figlia
di Guarini, Paola, che, stancatasi di fare l'impiegata, è
riuscita a diventare insegnante di Architettura degli interni.
Siccome la famiglia viene prima di tutto, anche il genero di Guarini,
Luigi Stedile, ha trovato lavoro nei ruoli tecnici della Sapienza.
Il quadretto familiare-universitario è completato dal Prorettore
vicario Luigi Frati, preside di Medicina, che è riuscito ad
avere vicino a sé, durante la dura giornata di lavoro, la moglie
e i due figli, tutti professori.
Il 6 ottobre scorso l'inchiesta della Procura su parentopoli ed appalti
all'Università di Roma è finita sui giornali. Un paio di
settimane dopo, il 23 ottobre il Magnifico Rettore Guarini ha
comunicato al Senato accademico che avrebbe fatto inaugurare l'anno
accademico 2008 nientepopodimeno che dal Papa in persona!
Non meraviglia che il rappresentante di una piccola casta, quella
baronale, abbia chiamato in sua difesa il massimo rappresentante di
un'altra casta, molto più potente, quella clericale.
Non meraviglia neanche che il papa si sia schierato a favore di
Guarini, visto che sono solo pochi anni che la casta clericale è
riuscita, con la necessaria complicità della casta politica, a
far finta che non esistesse il divieto costituzionale di finanziamento
delle scuole cattoliche e a farsi dare un po' di pecunia anche nel
settore dell'istruzione. Alle scuole cattoliche vengono dati 258
milioni di Euro l'anno, oltre a 20 milioni di Euro l'anno per
l'università dell'Opus Dei a Roma (Trigoria) e 44 milioni di
Euro l'anno per le altre cinque università cattoliche
(ovviamente nessuna di queste sante istituzioni tira fuori un euro di
ICI). Questo è ancora troppo poco per la casta clericale che
punta a tutte le occasioni per aumentare la cifra. È per questo
che è riuscita a convincere lo stato italiano a spendere 460
milioni di Euro l'anno per dare lo stipendio a degli insegnanti di
religione assolutamente inutili, che oltretutto sono nominati dal
vescovo.
Nulla di strano quindi che il papa si sia avventato sulla preda,
convinto di riuscire a spillare quattrini anche dall'università
pubblica e desideroso di utilizzare un'altra platea per imporre le
proprie idee a chi non ne vuole proprio sapere.
Era previsto che la lectio magistralis, che tradizionalmente apre
l'anno accademico, fosse sulla pena di morte in ossequio all'ipocrisia
dello stato italiano che si batte contro le condanne a morte all'ONU e
poi condanna a morte 5 lavoratori al giorno in Italia.
L'ennesima tappa di questa ipocrisia sarebbe stato far parlare il papa
sull'argomento, visto che la chiesa cattolica e questo papa stanno
conducendo una battaglia per condannare a morte le donne con l'aborto
clandestino, un'altra battaglia per condannare a morte 10.000 di
persone al giorno (tanti sono i morti quotidiani di AIDS) con la
proibizione all'uso dei profilattici e per condannare alla morte e alla
sofferenza milioni di malati di malattie degenerative con la
proibizione alla ricerca scientifica. Non si capisce a che titolo
avrebbe potuto dare lezione il massimo esponente dei portatori di una
cultura di morte, che hanno esercitato la pena capitale fino all'ultimo
giorno del loro potere temporale.
Certo che ce ne vuole di incoscienza a far tenere una lezione
universitaria al Papa: l'ultima volta che l'aveva fatto, a Ratisbona,
aveva suscitato l'ira di tutto il mondo islamico per aver, citando un
imperatore bizantino, affermato che Maometto ha portato soltanto delle
cose cattive e disumane.
Nulla di strano, quindi, che la presenza papale abbia determinato
malcontento in molti ambiti del mondo universitario, consapevoli della
pervasività della chiesa cattolica, e timorosi di vedersi
imporre una visione dogmatica della scienza (che "deve essere
subordinata alla fede" secondo questo papa).
Per cercare di limitare le polemiche, il rettore ha allora aggiustato
il tiro, evitando di far tenere la lectio magistralis al papa, ma
mantenendo invariato l'obiettivo mediatico della presenza papale
all'inaugurazione dell'anno accademico.
Con molta dignità un professore, Marcello Cini, ha pubblicato
sul "Manifesto", il 14 novembre, una lettera aperta al rettore
ricordando che l'insegnamento della teologia, da Cartesio in poi, non
appartiene al bagaglio culturale delle università pubbliche
degli stati non confessionali e contestando le reiterate posizioni
papali sulla subordinazione della scienza alla fede e chiedendosi come
avrebbero dovuto reagire gli studenti ed i docenti di biologia di
fronte all'attacco più o meno mascherato, alla teoria darwiniana
che è alla base, in tutto il mondo, della moderna biologia
evolutiva.
Immediatamente dopo (il 23 novembre) 67 professori, perlopiù di
fisica e matematica, hanno scritto al Rettore una lettera di sostegno
all'iniziativa di Cini, in cui ricordavano una citazione fatta da
Ratzinger in un discorso a Parma il 15 marzo 1990 in cui, citando
Feyerabend, affermava: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto
più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro
Galileo fu ragionevole e giusto".
Visto che Feyrabend è un epistemologo che si considera
anarchico, una breve digressione è d'obbligo. L'opera da cui
Ratzinger ha preso la citazione è Contro il metodo. Abbozzo di
una teoria anarchica della conoscenza. Secondo Feyrabend non devono
esistere dogmi di alcun tipo quando si fa ricerca scientifica.
L'evoluzione della scienza avviene con la violazione delle regole
metodologiche e dei condizionamenti culturali ed ideologici
preesistenti alle scoperte. La frase su Galileo, avulsa dal contesto,
sembra esaltare la chiesa, ma se Ratzinger l'avesse compresa sul serio
e letta per intero, avrebbe dovuto fare mea culpa su tutto quello che
va sostenendo da sempre. L'ex prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede (già Sant'Uffizio) combatte contro il
relativismo (cioè il rispetto per le culture e le tesi diverse
dalla propria) in nome dell'assolutismo cattolico. Feyrabend è
contrario a qualsiasi tipo di dogma e conformismo. La contestazione a
Galileo si basa sul fatto che neanche Galileo si attenne al proprio
metodo scientifico quando affermò l'eliocentrismo.
Insomma, nella sua ansia di attaccare Galileo, Ratzinger ha dimostrato
scarsa capacità anche come professore, che si suppone dovrebbe
controllare il senso di quello che cita.
Tutta questa vicenda è passata, a novembre e dicembre scorsi nel
silenzio quasi generale della stampa e della televisione, preoccupate
di incrinare quel coro unanime di consenso che accompagna qualsiasi
uscita papale.
La storia è, improvvisamente, esplosa sui giornali ai primi di
gennaio quando, dopo un paio di riunioni dei collettivi universitari,
degli anticlericali e degli spiriti liberi si è deciso di dare
vita ad una contestazione gioiosa dell'ennesimo atto di invadenza
papale convocando un pacifico sit-in davanti al rettorato nel giorno
previsto per l'inaugurazione dell'anno accademico.
A nulla è servito il tentativo del rettore di provare a
criminalizzare il tutto, vietando un corteo all'interno
dell'Università e cercando di blindare la presenza in piazza.
Non sono servite neanche le minacce nei confronti dei professori: dagli
insulti di Cacciari alle minacce di licenziamento del solito Gasparri,
in questo dimostratosi coerente con la visione che il papa e la chiesa
cattolica hanno della libertà
La determinazione degli studenti (che avevano anche occupato il
Rettorato) e dei professori facevano configurare un'inaugurazione
dell'anno accademico con una cerimonia ufficiale al Rettorato, con il
papa che arringava i presenti e salvava dalla sfiducia del Senato
accademico un Rettore travolto dagli scandali, alcuni professori in un
aula di Fisica a rivendicare il proprio ruolo di scienziati liberi dai
dogmi clericali e qualche migliaio di persone a manifestare dentro la
città universitaria in maniera divertita ed irridente contro le
posizioni della chiesa in tema di scienza, soldi e morale.
Il papa ha deciso, a quel punto, di non intervenire all'inaugurazione dell'anno accademico.
Il motivo per cui non è venuto è evidente a tutti: non ci
sarebbe stata una folla osannante dentro e fuori l'Università ad
accoglierlo.
La scelta è tutta legata alla politica italiana. Quando questo
papa andò in Turchia ci furono contestazioni, annunciate, ad
accoglierlo senza che questo comportasse alcun cambio di programma
nella visita papale. Il problema è che in Italia, su tutti i
mezzi di comunicazione vige la "lesa maestà": non è
possibile esprimere posizioni diverse da quelle della chiesa cattolica
e che non siano di ossequio al papa. Dare conto di qualche
contestazione avrebbe incrinato il disegno egemonico della chiesa
cattolica che cerca di contrastare il suo declino imponendo con la
legge, in quei paesi dove riesce a farlo come l'Italia, il rispetto
delle proprie, antistoriche, regole morali.
In Italia la casta politica si appiattisce sulla casta clericale ed, in
generale, tutte le caste di titolari di qualche privilegio si
sostengono a vicenda consapevoli che il crollo di uno di loro
può comportare la rovinosa caduta di tutti.
Solo così si spiegano le parossistiche reazioni di stampa e
politici, che tra l'insulto e la minaccia hanno fatto affermazioni
talmente apocalittiche da apparire ridicole.
Tra le tante cavolate dette rileviamo quella secondo la quale
all'estero erano sconcertati per quanto succedeva al "santo padre". In
realtà, all'estero, quello che è successo al Papa
è comparso, al massimo, in una breve di cronaca e solo nei paesi
cattolici. All'estero, da settimane, si parla dell'immondizia di
Napoli, ma questo argomento non interessa né i politici,
né la chiesa.
Fricche