Il 10 gennaio scorso, i direttori delle principali testate
giornalistiche televisive (pubbliche e private) sono stati convocati
davanti alla Commissione Affari Costituzionali della Camera per essere
sentiti a proposito della "percezione di insicurezza generata dal
sistema informativo". L'iniziativa ha sollevato le proteste dei
giornalisti che l'hanno giudicata come un tentativo di "imbavagliare"
l'informazione. Al termine dell'audizione, invece, il presidente della
Commissione avrebbe affermato che l'informazione non è uno dei
fattori che genera la percezione di insicurezza [1]. In realtà i
media, con le loro scelte editoriali, svolgono un ruolo primario nella
costruzione dell'immaginario sociale e quindi anche nella "percezione"
di insicurezza della quale tanto si parla.
Ma non è solo il potere legislativo ad interessarsi a questi
temi, in una recente sentenza della V Sezione penale, la Cassazione, ha
invitato i conduttori dei talk-show a evitare gli inviti alle persone
che "prevedibilmente" approfitteranno della trasmissione per commettere
"reati" di tipo diffamatorio [2]. Un esempio di quanto la
"psicopolizia" della fantascienza, quella che ti arresta prima che tu
compia un reato, sia ormai una realtà molto prossima.
Apparentemente ci sarebbe uno scontro tra mass-media e poteri statali,
mentre in realtà esiste una sinistra sinergia che li lega, e lo
si è visto chiaramente in occasione della (mancata) visita di J.
Ratzinger alla Sapienza di Roma, quando si è potuto toccare con
mano quanto ancora gravi sulla società italiana il peso
opprimente del papato. In risposta a chi accusava i telegiornali di
dare uno spazio eccessivo alla religione [3], sono stati contrapposti i
risultati di una indagine che riducevano miserevolmente questo spazio
[4]. In entrambi i casi si è fatta una cattiva informazione, in
quanto i messaggi del fanatismo religioso passano non tanto e non solo
attraverso i servizi dei tg ma tramite tutte le altre occasioni
(salotti tv, sceneggiati, programmi di intrattenimento, ecc...) nelle
quali si propagandano continuamente quelle secolari superstizioni.
Da tempo, il sistema dei media della parte ricca del mondo è un
indispensabile puntello del potere, come dimostra il fatto che appena
ci si sposta in zone più povere, chi vuole fare informazione si
scontra immediatamente e direttamente con interessi forti e con rischi
mortali. È recente una notizia che ha trovato poco spazio,
quella della condanna a morte per "blasfemia" di uno studente cronista
di un giornale locale, accusato di aver diffuso fotocopie di un testo
critico riguardo la posizione dell'Islam riguardo alle donne [5]. A
questo proposito, il Ministro dell'Informazione e della Cultura afgano
ha emesso un comunicato nel quale si afferma che il caso non riguarda
la libertà di stampa. Da quando il paese è stato
"liberato" dai taleban questa è la sesta condanna a morte
comminata per motivi religiosi.
Ma l'arma più forte in possesso dei media è certamente
quella che permette di far "sparire" le notizie. Si veda, ad esempio,
la serie di servizi giornalistici sulle operazioni delle truppe
italiane in Afganistan e, in particolare, l'operazione "Sarissa" [6] e
si paragonino alle veline che passano su giornali e tv a proposito
delle missioni militari all'estero. Oppure, per tornare a cose
più vicine, si veda l'ampio spazio dato dai mass-media a chi
protesta contro la protervia dei magistrati, quando ad essere inquisiti
sono i potenti di turno, e come invece venga fatto calare un velo di
silenzio se ad essere vittima dei giudici sono cinque giovani di
Spoleto [7] che da ottobre sono privati della libertà.
Pepsy
Note
[1] Vedi uno qualsiasi dei più diffusi quotidiani dell'11/01/2008.
[2] Vedi "il messaggero", 24/01/08.
[3] Vedi http://www.articolo21.info/notizia.php?id=6026
[4] Vedi "il giornale", 21/01/2008.
[5] Vedi http://kabulpress.org/my/spip.php?rubrique60
[6] Maggiori informazioni sul sito http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=&idart=9833
[7] Vedi "Umanità Nova" n.1 del 2008 e, per aggiornamenti, http://toscana.indymedia.org/index.php