Pochi sanno che in Italia gli inceneritori sono finanziati dallo Stato.
I moderni inceneritori, che con un maquillage mediatico vengono
definiti dai loro costruttori e dai politici che danno le
autorizzazioni "termovalorizzatori" (1), producono energia che dal 1992
è stata assimilata a quella delle fonti rinnovabili e quindi
incentivata con finanziamenti pubblici.
Il perverso meccanismo dell'incentivo alle fonti rinnovabili che finisce agli inceneritori
Cosa c'entrino gli inceneritori di rifiuti con le fonti rinnovabili di
energia non è dato saperlo, però con la circolare del
Comitato interministeriale prezzi n. 6/1992 (da qui il nome di Cip 6)
il governo di quel tempo parificò l'elettricità prodotta
da fonti "rinnovabili" (eolica, solare, geotermica, maree e idraulica)
a quella prodotta con biomasse e rifiuti, aggiungendo poi una serie di
fonti "assimilate" cioè centrali elettriche a ciclo combinato
alimentate con il metano oppure con il gas ottenuto dalla
gassificazione dei residui di raffineria. Insomma in nome
dell'incentivazione alle fonti rinnovabili, cioè dell'energia
pulita, tutti i governi che si sono succeduti in questi sedici anni
hanno finanziato la produzione di energia elettrica con l'incenerimento
dei rifiuti urbani e industriali, oltre che con il gas (ciclo
combinato), fonti non rinnovabili e inquinanti! (2)
Col Cip 6 il proprietario di un inceneritore può vendere al GSE,
Gestore dei Servizi Elettrici la società pubblica che gestisce
la fornitura di energia elettrica, la propria produzione elettrica ad
un costo triplo di quello di mercato, cioè di quello praticato
alle centrali convenzionali. L'importo di questo incentivo è
stabilito dal GSE trimestralmente (3) e il suo costo ricade sulle
bollette degli utenti che prevedono una quota per il sostegno… alle
fonti rinnovabili (4). Lo scandalo del Cip 6 è che il 90% dei
fondi vengono rastrellati da inceneritori di rifiuti urbani o
industriali e da centrali a gas (5).
Il meccanismo escogitato nel 1992 ha permesso allo Stato di finanziare
i grandi gruppi energetici che si sono tuffati nel business delle
turbogas aziendali (la ENI, per esempio, ha creato la EniPower per
gestire gli impianti di incenerimento dei rifiuti delle proprie
raffinerie che però producono anche elettricità
incentivata col Cip6) ma ha soprattutto creato il business
dell'incenerimento di rifiuti con produzione di energia elettrica.
Negli ultimi anni sono stati presentati decine e decine di nuovi
progetti mentre un gran numero di proprietari degli impianti esistenti
si sono affrettati a chiederne il raddoppio. Grazie al Cip 6 il
guadagno per i proprietari di inceneritori è doppio: in una
prima fase si guadagna perché le pubbliche amministrazioni
pagano per liberarsi dei rifiuti prodotti in grande quantità
nelle nostre città e paesi, nella seconda fase si guadagna
vendendo a prezzo maggiorato l'energia elettrica prodotta (6).
L'offensiva dei comitati popolari
Gli inceneritori sono degli altiforni che trasformano la spazzatura in
gas, concentrando su un dato territorio il potenziale danno ambientale
prodotto da un'area ben maggiore. Come ha ben sintetizzato Stefano
Montanari, direttore del laboratorio "Nanodiagnostics" di Modena, "se
noi bruciamo l'immondizia, altro non facciamo che trasformarla in
particelle tanto piccole da farle scomparire alla vista e la
trasformazione produce particelle ancora più minute e, quindi,
tossiche". Gli inceneritori producono, oltre a ceneri tossiche e scorie
di lavorazione pari a circa il 25% della massa di rifiuti bruciata che
devono essere conferite in discariche speciali, anche diossine, furani,
metalli pesanti che solo in parte sono intercettati dai sofisticati e
costosissimi filtri. Gli inceneritori producono anche le cosiddette
"polveri sottili" PM10 e PM2,5, talmente piccole da non poter essere
"acchiappate" da nessun filtro. Disperdendosi nell'ambiente circostante
queste polveri hanno effetti devastanti sulla salute generando le
cosiddette nanopatologie, causa di malformazioni fetali, tumori
infantili, malattie allergiche, infiammatorie e neurologiche.
Visti questi presupposti ovunque si progetta un nuovo inceneritore la
popolazione si è mobilitata creando centinaia di comitati
popolari, animati da singoli cittadini che si sono trasformati in
attivisti ecologisti (7) in grado di mettere in difficoltà le
ex-municipalizzate e i gruppi industriali che vorrebbero far fiorire
nuovi inceneritori su tutto il già provato territorio italiano.
Negli ultimi anni una delle parole d'ordine del movimento di
opposizione alla velenosa politica governativa è stato quello
lanciato dalla "Rete rifiuti zero": basta con la truffa del Cip 6! Gli
ecologisti hanno capito benissimo che togliendo i finanziamenti statali
si colpirebbe a morte la scelta di costruire inceneritori. Con il
sostegno di Greenpeace, l'unica grande organizzazione che ha appoggiato
la campagna, è stata lanciata la mobilitazione contro lo
scandalo del Cip 6. Fin dall'estate 2006 alcuni parlamentari di Verdi e
Rifondazione comunista avevano assicurato il loro sostegno e il
ministro dell'ambiente Pecoraro Scanio si era detto convinto che
finalmente gli inceneritori avrebbero smesso di avere finanziamenti
statali.
La poltiglia parlamentare entra in azione
Insomma molti si erano illusi che fosse fatta: già la
finanziaria 2007 avrebbe dovuto contenere la modifica visto che il
governo, pressato dalla Comunità europea che nel luglio 2005
aveva avviato una procedura di infrazione contro l'Italia, si era
impegnato ad eliminare ogni tipo di finanziamento a fonti di energia
non rinnovabile. Ma la lobby inceneritorista aveva reagito
violentemente … "convincendo" il governo che non si potevano disdire i
contratti operativi da anni. Rapida marcia indietro, dunque, ma
rimaneva l'impegno governativo di non concedere l'incentivo ai nuovi
inceneritori, quelli non ancora realizzati. Non sarebbe stata una
grande vittoria ma almeno un punto di partenza. Invece, neppure quello
si è riusciti ad ottenere perché nella poltiglia
parlamentare il testo ufficialmente concordato venne stravolto da una
ignota (!?!) "manina" che sostituì la parola "realizzati" con
quella "autorizzati". Quindi incentivi non solo agli impianti che
funzionavano ma anche a quelli non operativi che però avessero
ricevuto una autorizzazione, di qualsiasi tipo visto che il testo
approvato non faceva alcuna specificazione in tal senso.
Grandi polemiche in seno alla maggioranza e figuraccia dei parlamentari
verdi e rifondati, ancora una volta uccellati (si fa per dire
perché nessuno pensa che gente avvezza alla fanghiglia
parlamentare sia così scema da farsi fregare in modo tanto
clamoroso). A fine dicembre il consiglio dei ministri decide
però di riparare all'errore (si, perché qualcuno aveva
avuto la faccia tosta di dire che si era trattato "solo" di un errore
di battitura) promettendo di rimettere le cose al loro posto entro la
fine di febbraio. Non se n'è mai fatto di nulla, né a
febbraio né dopo. Non era stato un "errore di battitura".
La forza della lobby petrolifera
Intanto, lontano dai clamori della finanziaria, nel novembre 2006
l'Autorità per l'energia elettrica e il gas aveva rivisto i
criteri con cui calcolare il contributo Cip 6 ridimensionando la voce
relativa al "costo evitato di combustibile", fin'ora sovrastimato da un
vecchio accordo SNAM-Confindustria. Nulla di eccezionale ma un
risparmio per l'erario di qualche centinaio di milioni di euro. Meglio
che niente. Le reazioni dei gruppi energetici non si fanno attendere:
Edison, Erg e Moratti ricorrono al TAR che il 9 maggio 2007 annulla la
delibera dell'Autorità. Così a cantare vittoria non sono
solo gli inceneritoristi ma anche i petrolieri (8).
Finanziaria 2008: gli inceneritori escono dalla porta ma rientrano dalla finestra!
Con la discussione della nuova finanziaria il movimento contro gli
inceneritori torna all'attacco. Scende in campo senza intermediari
anche il ministro Bersani, naturalmente dalla parte dei suoi amici
petrolieri e inceneritoristi. Questo personaggio era stato più
volte accusato di essere la "manina" che aveva cambiato il testo
concordato nel 2006 (9).
Il risultato del lavorio parlamentare è un testo, approvato
prima dal Senato e poi rivisto dalla Camera, estremamente complesso e
confuso. Da una parte si sancisce che i finanziamenti e gli incentivi
detti "cip 6/92" sono concessi ai soli impianti "realizzati ed
operativi" ma però si prevede che una procedura di deroga sia
completata dal Ministero dello sviluppo economico (Bersani)
"inderogabilmente" entro tre mesi dall'entrata in vigore della
finanziaria. Ma non è finita qui: la finanziaria 2008 prevede
che sia incentivata la quota di produzione di energia elettrica
ricavata da energie rinnovabili anche se realizzata in impianti che
impiegano fonti energetiche non rinnovabili. In pratica: verrà
incentivata la quota di energia riferibile ai rifiuti biodegradabili e
alle biomasse prodotta dagli inceneritori. Tale quota
riguarderà, tutti gli inceneritori che verranno costruiti, anche
quelli a tutt'oggi non "operativi e realizzati". Le modalità di
calcolo della parte biodegradabile dei rifiuti saranno definite dal
Ministero dello sviluppo economico, di concerto con quello
dell'ambiente, ancora una volta entro novanta giorni dall'entrata in
vigore della finanziaria.
Insomma: alla fine del giro si scopre che alcuni inceneritori, quelli
"realizzati ed operativi" ma anche altri che in "deroga" verranno
individuati da Bersani e quindi dalla lobby degli inceneritori che
tanto sta a cuore a questo personaggio, godranno pienamente degli
incentivi Cip 6 (10). Gli altri inceneritori, quelli che vedranno la
luce nel futuro e che non saranno inseriti nella "deroga" redatta da
Bersani, potranno comunque godere di una fetta di incentivi e
finanziamenti, quella relativa alla quota di rifiuti inceneriti
biodegradabile e da biomasse. Anche qui il ruolo di Bersani è
centrale visto che sarà il ministro dello sviluppo a decidere il
peso di tale quota, sia pure di concerto col ministro dell'ambiente
(11).
La fiducia nel parlamentarismo porta alla sconfitta
La battaglia contro lo scandalo dei CIP 6 è giusta. Averla fatta
partire dalla mobilitazione popolare è stata indiscutibilmente
una mossa altrettanto giusta. L'errore è stato però
quello di non aver fatto crescere la mobilitazione dal basso, finendo
con il delegare il successo della battaglia a pochi parlamentari
"amici" che però non sono disposti a mettere in gioco una cosa:
il loro strapuntino politico. A costo di fare figuracce. L'illusione
del parlamentarismo ha portato alla sconfitta.
Occorre invece fare un "salto di qualità" nella lotta
ecologista. Dire chiaramente che il potere, nel suo insieme e nelle sue
varie articolazioni così come lo definiamo noi anarchici,
cioè lo Stato, che è composto anche da coloro che vi
fanno la parte dell'"opposizione di sinistra", non fa altro che evitare
sistematicamente di contrastare le nocività sanitarie quando
queste siano conseguenti o collegate alla sfera produttiva, perseguendo
una politica sempre favorevole agli interessi padronali. Si
depotenziano i sistemi di controllo, si elevano i valori limite, si
fanno provvedimenti truffa, come quello della finta "riforma" di cip 6
e certificati verdi, sempre al fine di non disturbare il sistema
economico. Questa politica, che non è un'esclusiva italiana ma
attraversa più o meno tutto il "villaggio globale", si
concretizza nel sostegno ad impianti inquinanti, come gli inceneritori,
i rigassificatori, le centrali a gas o a carbone ma fra qualche anno,
se non sapremo invertire la rotta, anche le centrali nucleari.
Occorre fare un "salto di qualità", dicevamo, per contrastare la
retorica ambientalista di tanti governanti o aspiranti tali e delle
organizzazioni a loro collaterali, ponendo al centro dell'attenzione il
principio della difesa dell'uomo e dell'ambiente dalle nocività
provocate dalle attività umane.
Maurizio Zicanu
(1) Questi impianti, in realtà, valorizzano soprattutto le
malattie, i cancri e l'inquinamento dell'ambiente circostante.
Andrebbero quindi chiamati "cancrovolarizzatori" o
"tossicovalorizzatori".
(2) La storia dei Cip 6 meriterebbe un articolo a parte. In questa sede
ci limitiamo a ricordare come la scandalosa delibera sia stata il
frutto di una complicità fra la classe politica di quegli anni
(governo Amato) e alcuni fra i più grandi gruppi industriali del
nord (gruppo Montedison, gruppo Falk, l'ENI, petrolieri come Moratti e
Garrone) che "inventarono" un modo per trasformare un costo – lo
smaltimento degli scarti di raffineria – in un enorme utile.
3) Per esempio: il prezzo di assegnazione è stato fissato a 54
euro/MWh nel terzo trimestre 2007 passato a 62,60 euro/MWh nel quarto
(fonte: GSE).
4) Secondo varie stime questa tassa incentivante alle fonti rinnovabili
pesa dal 6 al 10% degli importi pagati dagli italiani con le loro
bollette.
5) Nel 2006 gli inceneritori hanno ricevuto dal GSE 1.135,9 milioni di
euro contro i 223,8 del geotermico, i 202,6 dell'idroelettrico, i 195,8
dell'eolico, e gli 0,04 del solare. La vergogna è completata
dagli incentivi forniti alle fonti "assimilate": 2179,8 milioni ai
rifiuti dei cicli industriali e 2181,7 ai combustibili fossili. In
totale su 6119,8 milioni di euro versati dallo Stato come "contributo
alle fonti rinnovabili di energia", solo 622 milioni sono andati a
solare, eolico, geotermico e idroelettrico. Poco più del 10%!
Fonte GSE FISE Assoambiente, 31/3/2007. È interessante notare
che il GSE ha come unico azionista il ministero dell'economia che lo
gestisce di concerto col ministero dello sviluppo economico. Secondo
quanto riferito nel rapporto annuale dell'Autorità per energia
elettrica e gas (5 luglio 2007) la quota delle fonti "assimilate"
è in continuo aumento. I maggiori beneficiari sono stati l'ENEL,
l'Edison, l'ENI, l'ASM di Brescia (ora A2A dopo la fusione con la AEM),
l'ACEA Electrabel, l'EGL Italia, la Sorgenia e la Modula.
6) Nel 1999 con il "Decreto Bersani" il sistema del Cip 6 è
stato sostituito da quello dei certificati verdi, ma la gran parte dei
vecchi contratti è rimasta attiva. Il sistema dei certificati
verdi prevede che se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di
un impianto tradizionale il gestore ottiene dei certificati verdi che
può rivendere ad industrie o attività che sono obbligate
a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo
fanno autonomamente. Questa novità non migliora la situazione.
Infatti sia il sistema Cip 6 che quello dei certificati verdi di fatto
hanno esteso i benefici economici anche alle fonti assimilate
più inquinanti, finendo per indirizzare gran parte dei fondi
verso fonti, come i rifiuti, che rinnovabili non sono. Il prezzo dei
certificati verdi nel 2007 era di circa 137 euro al MWh. (fonte, GSE)
7) Meglio parlare di ecologisti poiché il termine
"ambientalisti" è stato ormai completamente sputtanato dalle
associazioni filoistituzionali che in nome di un "capitalismo
sostenibile" si sono vendute ai grandi gruppi industriali che le
finanziano e ai partiti del centro-sinistra di cui fanno parte i loro
dirigenti sia di livello nazionale che locale. Le poche eccezioni,
specie a livello locale, non fanno che confermare la regola.
8) Della vicenda parla Altraeconomia del maggio 2007 e la si può
trovare a
http://www.altreconomia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=270,
assieme ad altre utili informazioni sull'argomento.
9) Poco prima di chiudere questo articolo abbiamo letto sul "Corriere
della Sera" che il governo Prodi aveva previsto di inserire nella
finanziaria 2008 il provvedimento che delega l'Autorità per
l'energia a determinare il valore medio dei prezzi del metano,
superando il vecchio accordo del 1992. L'articolo, pubblicato il 19
gennaio, riferisce però di un blitz di due deputati PD che
avrebbero cercato, per ora senza successo, di rinviare tutto di un anno
facendo risparmiare alla "Edison 200-250 milioni di aiuti, a Moratti
60-75, a Garrone idem, a British gas e Endesa 40, a Brachetti 30 a
Enipower 20 e così via".
10) Lo scorso ottobre questo avvilente personaggio, con un atto
talmente intimidatorio da far impallidire quelli compiuti dal governo
Berlusconi, aveva chiesto provvedimenti disciplinari contro l'Ordine
dei medici dell'Emilia Romagna che aveva "osato" sostenere che gli
inceneritori costituiscono una fonte di rischio per la salute.
11) In che cosa consisteranno le "deroghe" lo si sta comprendendo
benissimo in questi giorni di "emergenza rifiuti" in Campania: "Anche a
nome del Ministro Pecoraro Scanio vi posso assicurare che il problema
degli stanziamenti per gli inceneritori in Sicilia si
sbloccherà" (Prodi rivolto al presidente della Regione Sicilia,
Cuffaro, 9 gennaio 2008).
La Federambiente, associazione che riunisce le società che
gestiscono i rifiuti, ha già fatto sapere che la parte
biodegradabile dei rifiuti è pari al 50% del totale. Se dovesse
passare quest'interpretazione la rimessa per i gestori di inceneritori
rimasti fuori da ogni "deroga" sarebbe pari a circa il 15/20%.