Umanità Nova, n.4 del 3 febbraio 2008, anno 88

Crisi di governo. Tempi bui, aria di fascismo


La fine del governo Prodi è solo un tassello di una situazione politico sociale che avanza a grandi passi verso una decisa svolta a destra del paese. Svolta a destra non solo nel senso che è altamente probabile che in caso di immediate elezioni Berlusconi torni al governo; quanto nel senso che arriva alla curva finale un percorso politico istituzionale e sociale di cui sono state protagoniste sia la "sinistra" che la "destra". Se non ci saranno elezioni anticipate, vorrà dire che si sarà trovato un accordo trasversale sul cambio di legge elettorale, ma con Berlusconi sempre a dettare tempi e regole: all'ultimo momento potrebbe saltar fuori un governo istituzionale varato solo per approvare la legge elettorale, governo per sostenere il quale Pd e Forza Italia si spalleggiano per far fuori gli alleati minori ed evitare il referendum (che comunque porterebbe ad un premio di maggioranza che nemmeno la legge elettorale fascista prevedeva). Ma tutto ciò sta accadendo perché le vene del paese sono state arate e vi si sono lasciati attecchire ed allignare i peggiori istinti nazionali. Il sistema democratico italiano ha dimostrato tutta la sua fragilità nel non impedire la resistibile ascesa di Berlusconi e nel non metterlo in condizione di non nuocere durante il primo governo Prodi. Craxismo e picconate di Cossiga avevano già lavorato; poi la caduta del Muro; il berlusconismo; la guerra infinita. Sotto questi colpi, il modello di società e di stato che la Costituzione del 1948, oggi sessantenne, aveva delineato, è stato travolto. Giorno dopo giorno è tornata in primo piano l'Italia "menefreghista" e clericale, un po' fascista e molto qualunquista: un'Italia rancorosa e pusillanime che se la piglia con i più deboli e marginali. Disattivato ogni meccanismo di difesa che conflitto sociale e laicità avevano inoculato nel corpaccione del paese a partire dal secondo dopoguerra e sopratutto dalla fine degli anni '60, il paese ricorda molto quell'Italia della peggiore Democrazia Cristiana, clericale, fascisteggiante, ladrona e affarista, dal manganello facile. Non abbiamo una società "buona" ed una politica o istituzioni "cattive": piuttosto, uno specchiarsi vicendevole ed un'autonomizzarsi della sfera politica che si autoriproduce. Del resto, il governo appena caduto aveva vinto le elezioni di strettissima misura e non ha fatto altro che assecondare le spinte più centriste al suo interno per non evitare di cadere da destra: come è puntualmente successo. I partiti della "sinistra radicale" hanno condiviso tutto, dalla guerra in Afganistan ai cpt al protocollo sul welfare al TAV alla nuova base americana al Dal Molin, indifferenti anche alla loro base sociale ed elettorale, solo con la bussola puntata sul mantenere in vita il governo Prodi. Non è chi non veda che questo paese sfrangiato e impoverito (in buona parte) è pronto a consegnarsi ad una destra che non ha mai dismesso la sua ideologia, anzi ne mena pubblico vanto, spalleggiata da una chiesa cattolica "da combattimento" in marcia per la crociata: alla faccia del tramonto delle ideologie e dei partiti "leggeri" di stampo "americano", qui contano le parrocchie, i circoli dei pensionati, la penuria di lavoro e la conseguente ricattabilità, le televisioni commerciali che bombardano 24h su 24. Occorre attrezzarsi. Negli ultimi due anni la situazione repressiva nel paese si è fatta pesantissima, con i processi per "devastazione e saccheggio" a Milano, Genova e Torino; con le tante inchieste ed il processo di Cosenza per associazione sovversiva; con le montature continue contro i gruppi più radicali del movimento. Non potrà che peggiorare. Però NO TAV, NO Dal Molin, i movimenti contro la devastazione ambientale, sono realtà popolari condivise, ampie, radicate. Colpirle per il potere non sarà facile. Qui si gioca la partita futura dell'agibilità del conflitto sociale, del suo ulteriore radicamento, del suo sviluppo.

W.B.

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