Sicuramente non avranno fatto tutti un percorso miserevole come quello
di Aldo Brandirali, già grande e illuminato timoniere
dell'Unione dei comunisti marxisti-leninisti, e oggi, dopo la
folgorazione sulla via di Damasco, o meglio, di Arcore, marinaio
semplice della ciurma ciellina. Resta il fatto, però, che i
protagonisti della politica italiana, appartenenti tanto alla
cosiddetta destra quanto, e forse più, alla cosiddetta sinistra,
sono ormai soliti, quando a parlare è il prete, ad affollarsi
devotamente davanti all'acquasantiera, spintonandosi come beghine alla
festa del paese, pur di occupare le prime panche della navata centrale.
Faceva impressione scorrere i nomi dei presenti alla recente
celebrazione dei quarant'anni della comunità di Sant'Egidio:
decine di politici di tutti gli schieramenti, ad ascoltare in umile
silenzio, presumibilmente a capo chino, la filippica del Segretario di
Stato vaticano Bertone, concionante, stravolto nei lineamenti, sulle
"nefandezze" del Sessantotto.
La pervasività della presenza clericale è sotto gli occhi
di tutti. Che i preti esercitino il mestiere del ficcanaso, con
abilità professionale millenaria, è cosa risaputa e
scontata. Impicciarsi delle vite private altrui, intrufolarsi nelle
case per dettare il rispetto dei loro comandamenti (non sempre per
tutti, però, dio ce ne scampi!), pretendere che la loro morale
debba valere per l'intera collettività senza essere messa in
discussione, è per loro una vocazione, fa parte insopprimibile
della loro natura. E pertanto dobbiamo rassegnarci ad assistere a tale
invadente presenza.
Questo loro attivismo frenetico, accelerato dalla forte spinta impressa
tanto da Wojtila quanto, e ancor più, da Ratzinger, sta
lentamente ma inesorabilmente portando al raggiungimento del loro
obiettivo primario: riportare la parola e l'influenza della chiesa al
centro della riflessione, del dibattito, e soprattutto delle decisioni
della classe politica italiana. E bisogna dire che ci stanno riuscendo
molto bene, vista anche l'insopprimibile vocazione, tutta loro, di
accorrere in soccorso del vincitore.
In questi ultimi anni, infatti, segnati come si suol dire dalla crisi
delle ideologie, quella della Chiesa cattolica sembra essere rimasta,
fatta salva l'ideologia mercantilistica del capitalismo, l'unica
presenza forte sulla piazza. L'unica in grado di contrastare tanto le
presunte degenerazioni del materialismo, inteso in tutte le sue
manifestazioni, quanto l'avanzata dell'orda mussulmana, e quindi
funzionare come il provvidenziale carrozzone sul quale saltare per
conservare e rafforzare legittimamente la propria funzione pubblica:
quella del deputato, quella del sindaco, quella del manager pubblico e
così via…
Le frequenti sparate di Ratzinger sulla lotta alla povertà e
allo sfruttamento e le altrettanto frequenti sbavature, scivoloni solo
apparenti, sulla immoralità dell'Islam, solleticano ovviamente i
bassi istinti della classe politica. Che con occhio allenato scorge
opportunisticamente in queste crociate del ventunesimo secolo, il
miglior viatico per acquisire nuove aree di consenso e di
legittimazione. E poco importa se tutto questo, in molti casi, va a
cozzare contro le singole storie personali o, peggio ancora, contro
quelle ai cui valori si pretenderebbe ancora di richiamarsi.
Del resto lo vediamo continuamente e in forme sempre più vistose
e paradossali. Da una parte la nuova categoria degli atei devoti, che
se non fosse che sta producendo danni sempre più grossi -
proporzionalmente al loro capostipite - in quello che ancora resta del
campo laico, potrebbe sembrare solo una divertente barzelletta: la sai
l'ultima sugli atei devoti? oppure In treno ci sono un francese, un
tedesco e un ateo devoto… Poi i neoconvertiti, ex sindaci romani e
attuali presidenti della Camera, che hanno finalmente trovato, nella
parola del signore, un senso nuovo per la loro vita e le loro azioni.
Che poi queste ultime non siano del tutto commendevoli, è cosa
assolutamente trascurabile. Poi quelli che io non credo però,
che sarà anche vero che non credono ma è come se lo
fosse, vista la loro prontezza nell'adattarsi alla parola del prete e
allo spirito dei tempi. Poi i laici-laici, quelli che ancora ostentano
orgogliosamente la loro distanza dalla Chiesa, ma che quando è
davvero il momento di dimostrarlo se la fanno vergognosamente nelle
brache: le loro geremiadi per "l'intollerabile offesa al santo padre"
nel recente caso della Sapienza, sta lì a dimostrarlo.
Orbene, se mettiamo a fianco di tutta questa congerie anche i bigotti
tradizionali e quelli di nuova acquisizione, i bigami e i trigami, i
teo-con, i teo-dem, i con-dem, i teo-teo e compagnia cantante,
cioè l'altra metà del cielo della politica, vediamo che
resta ben poco, diciamo pure quasi niente, su cui confidare per
contrastare l'offensiva del prete. Ma questo, in fin dei conti,
l'abbiamo sempre saputo. Noi, comunque, se ci si permette la citazione
delle famose parole di un tal Pio, non possiamo, non vogliamo, non
dobbiamo rassegnarci. Anzi!
MoM