Umanità Nova, n.5 del 10 febbraio 2008, anno 88

Armi e soldati della banda Prodi. I cannoni arcobaleno


Non capita certo sovente di leggere su una testata apertamente militarista le lodi ad un governo eppure, sull'ultimo numero di Rivista Italiana Difesa, nell'editoriale sono stati tessuti gli elogi di Prodi e dell'ex-ministro della difesa Parisi che, dopo i tagli subiti dai bilanci della Difesa negli anni precedenti sotto il governo Berlusconi, avrebbero risposto positivamente alle aspettative dei generali.
Affermazione certo non casuale se si considera che la Difesa per il 2008 avrà a disposizione oltre 5 miliardi di euro: con un aumento di risorse del 25% rispetto alla Finanziaria del 2007, che già aveva aumentato il bilancio militare del 12% per un ammontare di circa 4 miliardi (fonte: Il Sole-24 Ore del 17 gennaio).
Ma il bilancio complessivo della "funzione difesa", comprese le spese per il personale e le infrastrutture, sale a 15 miliardi e 408 milioni di euro. In particolare, quasi 5 miliardi e mezzo di euro sono stati destinati ai carabinieri - che dall'ottobre del 2000 sono la quarta forza armata italiana, soprattutto per volere dell'ex premier D'Alema - mentre 3 miliardi, tolte alcune spese "secondarie", risultano destinati al finanziamento delle missioni militari all'estero, per i sistemi d'arma e per l'industria della Difesa.
Per quanto riguarda i sistemi d'arma vanno menzionati i due progetti aeronautici internazionali: quello per il nuovo cacciabombardiere F35 (costo unitario: circa 110 milioni di euro) e quello per il futuro caccia europeo Eurofighter 2000 per i quali sono stati stanziati 3.904 milioni di euro fino al 2012. Poi ci sono 155 milioni di euro per le navi da guerra Fremm (Fregata europea multisessione) costruite dalla Fincantieri e 20 milioni di euro per altri sistemi di difesa, tra cui gli Aermacchi M.346 e i blindati Vbm.
Per quanto riguarda le missioni di guerra all'estero (attualmente 27 in 19 paesi, con un investimento base di circa 1 miliardo di euro) le principali risultano quelle in Afganistan (circa 2.500 effettivi), Libano (2.400), Balcani (2.600, più ulteriori 560 alpini in partenza per il Kosovo) e in Iraq dove, quasi all'insaputa di tutti, continua ad operare un'ottantina di militari italiani con compiti di addestramento.
Evidentemente, anche per quanto riguarda questo ambito, l'impegno "a sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per armamenti" contenuto nel programma di governo dell'Unione si è rivelata semplice propaganda elettorale, nonostante che anche di recente l'ex-ministro degli Esteri D'Alema abbia avuto ancora la sfrontatezza di parlare di "disarmo".
L'evidenza di questi dati relativi alle spese militari sommata alla sudditanza nei confronti della Nato e della politica bellicista degli Stati Uniti - sudditanza svelatisi in modo plateale dalla concessione dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza per una nuova base militare Usa - sembra aver tardivamente riportato alla realtà anche quei settori pacifisti che avevano illusoriamente sostenuto i partiti che oggi ritroviamo nel cartello della Sinistra-Arcobaleno e votato per quei politici che si erano candidati a rappresentare in parlamento le istanze del movimento contro la guerra.
Eppure, a nostro avviso, non era necessario attendere due anni per aver chiaro il quadro e le linee della politica internazionale del governo di centrosinistra; tanto è vero che, proprio sulle pagine di Umanità Nova del 19 marzo 2006, era possibile leggere un articolo che si concludeva con queste parole: "La scelta anarchica dell'astensionismo è solitamente accusata di essere un'inconsistente forma di rifiuto eppure, guardando proprio ai contratti e ai programmi elettorali delle due coalizioni, disertare le urne appare l'unica scelta coerente per disertare la guerra".
Un promemoria antimilitarista più che mai attuale.

Anti

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