Non capita certo sovente di leggere su una testata apertamente
militarista le lodi ad un governo eppure, sull'ultimo numero di Rivista
Italiana Difesa, nell'editoriale sono stati tessuti gli elogi di Prodi
e dell'ex-ministro della difesa Parisi che, dopo i tagli subiti dai
bilanci della Difesa negli anni precedenti sotto il governo Berlusconi,
avrebbero risposto positivamente alle aspettative dei generali.
Affermazione certo non casuale se si considera che la Difesa per il
2008 avrà a disposizione oltre 5 miliardi di euro: con un
aumento di risorse del 25% rispetto alla Finanziaria del 2007, che
già aveva aumentato il bilancio militare del 12% per un
ammontare di circa 4 miliardi (fonte: Il Sole-24 Ore del 17 gennaio).
Ma il bilancio complessivo della "funzione difesa", comprese le spese
per il personale e le infrastrutture, sale a 15 miliardi e 408 milioni
di euro. In particolare, quasi 5 miliardi e mezzo di euro sono stati
destinati ai carabinieri - che dall'ottobre del 2000 sono la quarta
forza armata italiana, soprattutto per volere dell'ex premier D'Alema -
mentre 3 miliardi, tolte alcune spese "secondarie", risultano destinati
al finanziamento delle missioni militari all'estero, per i sistemi
d'arma e per l'industria della Difesa.
Per quanto riguarda i sistemi d'arma vanno menzionati i due progetti
aeronautici internazionali: quello per il nuovo cacciabombardiere F35
(costo unitario: circa 110 milioni di euro) e quello per il futuro
caccia europeo Eurofighter 2000 per i quali sono stati stanziati 3.904
milioni di euro fino al 2012. Poi ci sono 155 milioni di euro per le
navi da guerra Fremm (Fregata europea multisessione) costruite dalla
Fincantieri e 20 milioni di euro per altri sistemi di difesa, tra cui
gli Aermacchi M.346 e i blindati Vbm.
Per quanto riguarda le missioni di guerra all'estero (attualmente 27 in
19 paesi, con un investimento base di circa 1 miliardo di euro) le
principali risultano quelle in Afganistan (circa 2.500 effettivi),
Libano (2.400), Balcani (2.600, più ulteriori 560 alpini in
partenza per il Kosovo) e in Iraq dove, quasi all'insaputa di tutti,
continua ad operare un'ottantina di militari italiani con compiti di
addestramento.
Evidentemente, anche per quanto riguarda questo ambito, l'impegno "a
sostenere una politica che consenta la riduzione delle spese per
armamenti" contenuto nel programma di governo dell'Unione si è
rivelata semplice propaganda elettorale, nonostante che anche di
recente l'ex-ministro degli Esteri D'Alema abbia avuto ancora la
sfrontatezza di parlare di "disarmo".
L'evidenza di questi dati relativi alle spese militari sommata alla
sudditanza nei confronti della Nato e della politica bellicista degli
Stati Uniti - sudditanza svelatisi in modo plateale dalla concessione
dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza per una nuova base militare Usa -
sembra aver tardivamente riportato alla realtà anche quei
settori pacifisti che avevano illusoriamente sostenuto i partiti che
oggi ritroviamo nel cartello della Sinistra-Arcobaleno e votato per
quei politici che si erano candidati a rappresentare in parlamento le
istanze del movimento contro la guerra.
Eppure, a nostro avviso, non era necessario attendere due anni per aver
chiaro il quadro e le linee della politica internazionale del governo
di centrosinistra; tanto è vero che, proprio sulle pagine di
Umanità Nova del 19 marzo 2006, era possibile leggere un
articolo che si concludeva con queste parole: "La scelta anarchica
dell'astensionismo è solitamente accusata di essere
un'inconsistente forma di rifiuto eppure, guardando proprio ai
contratti e ai programmi elettorali delle due coalizioni, disertare le
urne appare l'unica scelta coerente per disertare la guerra".
Un promemoria antimilitarista più che mai attuale.
Anti