Quanta paura e quanto odio verso le donne trasuda dalla presa di
posizione dei ginecologi romani, resa nota, guarda caso, proprio nella
giornata "dedicata alla vita" dal papa e i suoi amici . Viene da
chiedersi che cosa sia loro successo. Perché hanno così
tanta paura di perdere il loro potere e perché, per tenersene
strette le briciole che hanno conquistato, non esitano a torturare le
donne. Sia quelle a cui capiterà realmente di avere a che fare
con un feto in bilico tra vita e morte, sia quelle a cui non
capiterà mai, ma, per il solo fatto di essere donne, sono
bollate continuamente come assassine.
La posizione assunta da alcuni ginecologi romani è nota: se, in
seguito ad un aborto spontaneo o volontario il feto nascesse vitale,
andrà rianimato. Di fatto non dicono nulla di nuovo. Anche la
194 prevede l'obbligo di cure per il feto nato vitale: in caso di
possibile sopravvivenza "il medico che esegue l'intervento deve
adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto." Quello
che è nuovo, e che aggiunge orrore all'orrore, è che
queste cure saranno imposte a tutti, anche ad un feto piccolissimo con
nessuna possibilità di sopravvivere con una vita normale e,
soprattutto, senza richiedere il parere né alla madre né
al padre.
Di fatto la rianimazione di un feto è una cura sperimentale e
queste andrebbero accettate solo dopo un consenso informato. In tal
caso, però, né il feto (ovviamente) né i genitori
dovranno esserne informati, perchè il medico opera la
rianimazione anche, si legge nel documento, contro il volere della
madre. Le conseguenze però cui poi andrà incontro il
bambino "salvato" (che potrebbero essere dei gravi handicap) saranno a
carico delle persone che non hanno avuto nessuna possibilità di
decidere.
Il diritto al rifiuto delle cure diventa così una parola senza alcun significato.
Viene affermato un astratto diritto individualista del feto (che nulla
sa della vita cui andrà incontro e su cui non può
decidere), contro una pratica relazionale (il figlio che porto con me
è una parte di me e io sono l'unica persona in grado di intuire
cosa possa essere un bene per lui e di prendere delle decisioni).
È, come accade sempre più di frequente, una campagna di
controllo delle coscienze, un tentativo di diminuire la
responsabilità personale con due finalità: abituare
all'idea che tutto debba essere delegato a chi ne sa di più e
rafforzare l'idea di una "morale" che trascende dall'individuo, dettata
dall'alto e a cui occorre inchinarsi.
La vita vera viene dimenticata e si toglie la parola sia alla madre,
sia al padre. Un astratto diritto alla vita, si contrappone al diritto
ad una vita degna di essere vissuta.
Del resto la pista era già stata segnata con l'approvazione delle legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita.
Nella nostra società con la scusa del "prevenire le malattie" si
impone la delega di ogni scelta alla classe medica che si pone
come detentrice di un sapere troppo alto per essere posseduto da tutti:
la prevenzione e la cura stanno diventando un'altra forma di controllo
sociale.
E mentre il papa e i suoi sostengono che la vita vale, noi ci
chiediamo, come fa il rapporto Unicef appena divulgato, quanto vale una
vita, e soprattutto quale vita vale, perché alcune vite hanno
più valore di altre, perchè a qualcuno debba essere
garantita la vita a tutti i costi e ad altri invece siano negate
condizioni di vita degne.
Il papa sostiene la necessità di tutelare la vita soprattutto
quando è più debole: lo vada a dire ai 26.000 bambini
sotto i 5 anni che muoiono ogni giorno (non ogni mese o ogni anno, o in
caso di calamità) per cause che potrebbero essere facilmente
rimosse.
Certo, dirà qualcuno, quelli sono bambini lontani, che muoiono
per la guerra, per le difficoltà del parto, per le indegne
condizioni igieniche. Da noi non succede…
E i bambini di Milano che, solo per il fatto di non avere ancora un
pezzo di carta, un permesso di soggiorno che li renda persone reali e
non fantasmi, non saranno più accolti negli asili? Chi mente
quando dice di voler difendere la vita?
R.P.