Il comando militare italiano di Herat non ha perso tempo per smentire
sia il governatore della provincia di Farah, Ghulam Mohaidun Balouch,
che le notizie diffuse da PeaceReporter riguardanti un attacco delle
forze Isaf-Nato nel distretto di Bakwa, a cui avrebbero partecipato
anche reparti italiani, compiuto nella notte dello scorso 3 febbraio.
Il governatore, in una dichiarazione raccolta dall'agenzia France Press
aveva esplicitamente affermato che "L'esercito afgano e gli italiani
della Forza internazionale d'assistenza alla sicurezza della Nato hanno
condotto un'operazione contro una presunta cellula di talebani".
Secondo Khialbaz Sherzai, comandante provinciale della polizia, "nel
raid sono stati uccisi sette civili, tutti membri di una stessa
famiglia, tra cui una donna e due bambini".
Mentre in Italia la cosiddetta informazione oscurava totalmente
quest'ultima azione bellica (paradossalmente, aveva avuto più
rilievo la notizia che su alcuni mezzi dei reparti speciali italiani in
Afganistan era stato fotografato il simbolo pressoché uguale a
quello dell'Afrika Korps), per il ministero della difesa italiano si
trattava solo di disinformazione e il sottosegretario Forcieri (DS)
è giunto ad accusare PeaceReporter di voler "condizionare la
discussione sul decreto di rifinanziamento delle missioni che inizia
domani in Commissione Difesa".
D'altra parte non è certo un segreto che nel distretto di Bakwa,
nel sud della provincia di Farah, operino le forze speciali italiane
della Task Force 45 impegnate nell'Operazione Sarissa e, in situazioni
di emergenza, i bersaglieri italiani della Forza di Reazione Rapida,
dotati di carri armati Dardo e appoggiati da elicotteri da
combattimento Mangusta.
L'Operazione Sarissa è stata definita come la missione
più delicata e segreta condotta dalle forze armate italiane
negli ultimi anni. Sia per la zona d'operazione: la regione a ridosso
col confine iraniano, sia per le tattiche molto aggressive impiegate
dai circa duecento appartenenti ai reparti speciali antiguerriglia
(Incursori del Comsubin, parà del 9° Col Moschin, ranger del
4° Alpini Monte Cervino, 185° Rgt della Folgore), supportati
per spostamenti rapidi da elicotteri Sh3D della Marina e dagli
elicotteri da trasporto Ch47 di Herat, dove sono dislocati anche i
Mangusta.
Ignote persino le regole d'ingaggio che, seppure in linea con
l'orientamento della Nato, sono coperte dal segreto militare tanto che
neppure il Parlamento e la magistratura possono conoscerle
completamente.
Già un anno fa, nel febbraio 2007, reparti italiani avevano
preso parte a un'offensiva per la riconquista del distretto di Bakwa;
mentre nel novembre scorso, sempre nella provincia di Farah, forze
italiane furono impegnate per tre settimane nelle operazioni di guerra
contro i talebani che avevano conquistato i distretti di Bakwa e
Gulistan.
Ma di queste vere e proprie azioni di guerra (ignorando peraltro quelle
neppure menzionate), evidentemente, non bisogna sapere, anche se la
dotazione di mortai pesanti, veicoli corazzati da combattimento ed
elicotteri d'attacco Mangusta in dotazione ai circa 2.400 (2.500
secondo alcune fonti) militari italiani in Afganistan, dovrebbe far
intendere a chiunque che si tratta di una ben strana missione di pace.
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