Fucile a colla, gas irritanti, gel anti-trazione, raggio del dolore,
taser, laser accecante, fasci ultrasonici… vi siete imbattuti
nell'ultima serie di cartoni animati giapponesi? No, quelle che leggete
sono le denominazioni di alcune delle cosiddette "Non Lethal Weapons"
ossia "Armi Non Letali".
Pare di addentrarsi nella fantascienza ma è tutto vero. Gli
investimenti nel campo della ricerca e sviluppo tecnologico effettuati,
principalmente dai paesi NATO, durante il periodo della guerra fredda,
hanno prodotto questi "significativi" risultati. Nell'ultimo decennio
ne hanno inventate di nuove, si tratta di armi vere e proprie, almeno
secondo la legge italiana, studiate, progettate ed impiegate con lo
scopo primario di inabilitare le persone, i mezzi ed i materiali,
rendendo teoricamente minima la possibilità di causare danni
permanenti. Al di là della definizione e degli aggettivi
utilizzati per presentarle come strumenti innocui, come evidenzieremo
in seguito, non sono affatto esclusi "danni collaterali".
Due gli impieghi prioritari. Nel primo si prefigura uno scenario di
guerra dove, come si legge in un editoriale dalla Rassegna dell'Arma
(n. 4 /2003), è opportuno "aumentare la credibilità delle
forze di pace fornendo ai Comandanti ulteriori opzioni militari per la
gradualità della risposta al di sotto della soglia di
letalità; - consentire al personale del contingente militare di
non apparire come una forza di occupazione contribuendo alla positiva
immagine del proprio Paese e/o della coalizione internazionale verso la
popolazione locale, le opposte fazioni e gli operatori della pubblica
informazione".
Una specie di guerra "militarily correct" dove si vuole evitare di
mostrare la prevaricazione e la violenza esercitate dagli eserciti, non
tanto nei confronti dei propri corrispettivi sul fronte opposto, ma
verso i civili che, di fatto, sono le vittime predestinate in ogni
conflitto.
Il secondo ambito d'utilizzo è quello relativo alle operazioni
di ordine pubblico poiché queste armi sono adatte a "compiti di
contenimento di folle di rivoltosi oltre che per l'identificazione e
l'isolamento dei facinorosi resi inoffensivi".
Nessuna novità, dunque, siamo sempre nel pieno esercizio della repressione dentro e fuori i confini patri.
Uso "esterno" e uso "interno"
Alcuni di questi strumenti "inabilitanti" sono, già da tempo, in
dotazione ai reparti militari statunitensi e ai reparti antisommossa di
molte forze di polizia americane, altri vengono utilizzati a titolo
sperimentale. Armi non letali sono state usate dall'esercito americano
in Somalia durante l'operazione "Restore Hope" del 1995 e, più
recentemente, in Iraq.
Non più tardi di un anno fa, un ministro della compagine Bush,
Michael Wynne, proponeva di sperimentare i nuovi prototipi sui
cittadini statunitensi, magari per far fronte a situazioni di scontri
urbani, prima di impiegarle sul campo di battaglia oltre confine. La
sua ipotesi, che non sappiamo quale seguito abbia avuto, sarebbe stata
tesa ad evitare proteste internazionali nel caso in cui queste armi non
letali potessero, scusate la contraddizione, uccidere qualcuno!
«Se non siamo pronti a usare questo tipo di armi contro i nostri
concittadini, allora non dovremmo usarle in un contesto di
guerra» aveva detto Wynne. Siamo certi, alla luce di tutte le
"eroiche imprese" dell'US Army di cui siamo stati testimoni negli anni,
che la sua preoccupazione fosse più volta a favorire un rapido
impiego delle NLW nelle piazze, più che al rischio di sollevare
le critiche della diplomazia internazionale di fronte a qualche altro
"morto collaterale".
Ma non sono solo gli statunitensi a battere questa strada, altri
eserciti e polizie usano e sperimentano armi non letali: i britannici,
ad esempio, come i sovietici, prima, e i russi poi. Tutti ricorderanno
l'intervento delle forze speciali russe in occasione del blitz nel
teatro moscovita dove i ceceni avevano preso in ostaggio attori e
pubblico; in quel caso, probabilmente, ci fu un errata valutazione nel
dosaggio dei gas paralizzanti, almeno in relazione al numero di morti
finale.
Tra guerre umanitarie e missioni di pace
Certamente nel panorama odierno è difficile orizzontarsi, i
conflitti vengono gestiti in maniera diversa che in passato. Tra
"guerre umanitarie" e "missioni di pace" i militari, ieri invasori,
oggi paladini della libertà e della democrazia, si trovano
spesso a fronteggiare manifestazioni di civili e non solo reparti
militari più o meno convenzionali. Comunque, rimanga tra noi,
nessuno crede che queste armi siano state studiate per l'utilizzo sul
campo di battaglia di uno scontro bellico tradizionale al fine di
evitare vittime inutili. Nessun militare, armato fino ai denti con armi
convenzionali adatte ad uccidere, userebbe mai contro un altro
militare, altrettanto armato ma con la divisa di un altro colore, una
semplice scarica stordente. I nemici servono morti, i prigionieri sono
utili solo in alcuni frangenti, altrimenti sono un intralcio ed una
spesa. Il nemico va eliminato fisicamente e la guerra è vinta da
chi infligge più danni al nemico, pozzi petroliferi esclusi.
Sono invece le proteste non funzionali al controllo del territorio,
quelle contrarie all'ordine costituito, a non essere ben tollerate dal
potere. Che i manifestanti siano ceceni, iracheni, afgani o somali
renitenti a sottomettersi alle forze degli eserciti stranieri, oppure
cittadini cileni, birmani, americani o italiani "inquieti" all'interno
dei propri confini, la repressione deve essere esercitata il più
elegantemente possibile.
In una fase interlocutoria, è meglio dissuadere senza lasciare morti nelle strade o segni di violenza sui corpi.
Le armi non letali sembrano rispondere perfettamente a queste esigenze,
risultano "convincenti" nella loro versione soft ma, in caso di
necessità, attraverso un uso più spinto ritornano ad
essere strumenti di morte. La loro particolarità è
quella, grazie alla filosofia con cui sono state concepite, di
minimizzare a priori la responsabilità omicida di chi le usa.
Anche quando si cercasse il morto, non ci sarebbe più bisogno di
sostenere l'ipotesi dell'inciampo del tutore dell'ordine per
giustificare i proiettili vaganti e nemmeno quella del colpo sparato in
aria che rimbalza su un palo. Per spiegare all'opinione pubblica gli
eventi più tragici sarà sufficiente appellarsi
all'effetto collaterale di una NLW.
Una sorta di catalogo
Pur senza scendere nei particolari, può essere utile conoscere
meglio le caratteristiche dei futuri strumenti del controllo sociale.
Il catalogo delle armi non letali comprende:
- Laser a bassa energia. Hanno lo scopo di accecare gli individui in
modo temporaneo. Il problema consiste nel regolare opportunamente la
potenza e la frequenza del fascio, dato che la soglia che separa
l'effetto temporaneo da quello permanente non è ben definita e
probabilmente varia da persona a persona.
- Mina immobilizzante Quando "esplode" chiude la vittima in una rete.
Tra i "miglioramenti" già sperimentati: l'aggiunta di materiale
adesivo o irritante, di elettroshock o di un effetto lama di rasoio che
costringe le persone colpite a rimanere completamente immobili per
evitare ulteriori ferite laceranti.
- Supercolle, schiume paralizzanti. Utilizzabili con una sorta di
fucile ad aria compressa che spruzza fino ad una distanza di qualche
decina di metri sostanze collose che, nel giro di alcuni secondi,
solidificano bloccando completamente i movimenti di chi ne venga
ricoperto. Se lanciate contro il viso possono causare la morte per
soffocamento, qualora vadano ad ostruire le vie respiratorie dei
soggetti colpiti. La fase di rimozione dalla pelle avviene attraverso
l'uso di un solvente.
- Sistemi acustici. Un fascio di vibrazioni ultrasoniche può
trasportare una quantità considerevole di energia che
interagisce con vari equilibri biologici del corpo umano. Fasci
ultrasonici di opportuna frequenza possono mettere in risonanza gli
organi dell'equilibrio, provocando vertigini o nausea, o l'intestino,
provocando un'incontenibile diarrea.
A distanza ravvicinata possono causare danni permanenti agli organi
interni. La pistola Vortex, ad esempio, emette onde d'urto verso il
corpo umano che, a seconda della regolazione d'intensità,
possono provocare un lieve fastidio oppure, raggiunti i 170 decibel,
ledere organi interni, creare cavità nel tessuto umano e causare
traumi potenzialmente letali.
- Il Taser è una pistola che trasmette scosse elettriche da 25
mila volt, è già in dotazione alla polizia di alcuni
stati americani e alla polizia inglese. Secondo l'azienda produttrice,
chi viene colpito da questa scarica sarà poi in grado di
rialzarsi senza riportare conseguenze. Ma secondo Amnesty International
i morti negli Stati Uniti, provocati dal taser, sarebbero stati 152 tra
2001 e il 2006.
- Munizioni di gomma e plastica. Tra le altre sono state progettate
munizioni "doppio uso", che a seconda della velocità con cui
vengono sparate possono essere letali o non-letali. Uno dei fattori di
rischio più rilevanti è la distanza dell'individuo,
colpito, da chi spara. Ovviamente, più sono vicini, più
il colpo potrebbe essere fatale.
- Active Denial System, detto anche "il raggio del dolore" è un
raggio di microonde irradiato da un grande riflettore, generalmente
montato sopra un Humvee (veicolo militare in dotazione alle Forze
Armate USA simile ad una grossa jeep). Irradia un cono di due metri di
raggio fino a circa 1000 metri di distanza. Le microonde penetrano
poche frazioni di millimetri sotto la pelle provocando una sensazione
di forte bruciore. Qualcuno sostiene, però, che ad una maggior
intensità queste onde possano cuocere le cellule proprio come
accade in un forno a microonde.
- Strisce di sostanze collanti o scivolose per bloccare o impedire il
passaggio lungo i confini di eventuali "zone rosse" sia alle persone
che ai mezzi.
- Munizioni speciali caricate a vernice che permetterebbero di rendere
facilmente distinguibili i manifestanti rendendone possibile
l'identificazione ed arresto anche dopo la fine della protesta.
- Impulsi luminosi ad alta intensità e luci stroboscopiche (note
anche come Dream Machine), in grado di disturbare temporaneamente la
frequenza delle onde cerebrali umane, causando vertigini,
disorientamento e nausea.
- Gas irritanti gas al pepe (oleoresin capsicum o OC). Il suo impiego
sta rapidamente aumentando, nonostante uno studio dell'esercito
statunitense evidenzi possibili "effetti mutagenici, effetti
cancerogeni, ipersensività, intossicamento cardiovascolare e
polmonare, intossicamento nervoso, come anche possibilità di
morte".
Una violenza mascherata
Al di là delle caratteristiche, è evidente che anche la
dichiarata non-letalità di queste armi non è per nulla
scontata, gli effetti di un loro uso improprio, o l'utilizzo su
soggetti più deboli come: persone affette da patologie, donne
incinte o bambini, potrebbero risultare letali. Tutti da verificare
sarebbero pure gli eventuali effetti a lungo termine.
In generale possiamo sostenere che la nuova tecnologia della
repressione offra nuovi strumenti che ampliano le potenzialità
del controllo sociale; prendendo di mira tanto la volontà e la
mente quanto il corpo, si può ottenere l'obiettivo di demolire
il dissenso mascherando il livello di violenza impiegato.
L'impiego sistematico delle NLW potrebbe determinare l'eliminazione dell'espressione pubblica di ogni forma di dissenso.
In alcuni frangenti della storia alcuni scenari prima impensabili
possono materializzarsi molto velocemente, pensiamo ad un ulteriore
giro di vite repressivo che, in un contesto come l'attuale, potrebbe
essere giustificato grazie all'emergenza terrorismo; una situazione in
cui i confini che il potere traccia tra chi manifesta la propria
opposizione e chi viene automaticamente arruolato tra i fiancheggiatori
dei "kamikaze" è molto tenue e flessibile, ed eccoci sotto il
fuoco delle "armi buone".
Comunque, anche senza considerare ulteriori involuzioni delle presunte
democrazie occidentali, per i regimi, apertamente oppressivi, tali armi
costituiscono, senza ombra di dubbio, un ulteriore potente strumento
per il controllo di ogni dissidenza con il duplice risultato di poter
bloccare le proteste e contemporaneamente evitare scomodi massacri alla
luce del sole e delle telecamere.
Senza considerare che i regimi potrebbero utilizzare le armi non-letali
anche per ampliare la gamma degli strumenti di tortura o per provocare
deliberatamente una risposta non pacifica dei dimostranti creando, in
tal modo, un pretesto per passare da una forza che inabilita le persone
a una che le uccide. La flessibilità di alcune di queste armi
nel passaggio da intensità non letale a letale porrebbe, quindi,
le polizie a un passo dall'eseguire esecuzioni per strada senza
sollevare lo sdegno dell'opinione pubblica.
MarTa
Fonti:
Atti del Convegno "Scudo spaziale, Industria Bellica, Tecnologie
Militari: quale utilità, quali interessi in campo?" Tenutosi il
24 Settembre 2001 al Politecnico di Torino
Rassegna dell'Arma n.4 /2003
http://www.ecn.org/filiarmonici/nonletali-2000.html
Le Tecnologie del controllo politico di Robin Ballantyne
web.infinito.it/utenti/i/interface/NLW.html