Umanità Nova, n.6 del 17 febbraio 2008, anno 88

Armi "non" letali. Ammazzami con dolcezza


Fucile a colla, gas irritanti, gel anti-trazione, raggio del dolore, taser, laser accecante, fasci ultrasonici… vi siete imbattuti nell'ultima serie di cartoni animati giapponesi? No, quelle che leggete sono le denominazioni di alcune delle cosiddette "Non Lethal Weapons" ossia "Armi Non Letali".
Pare di addentrarsi nella fantascienza ma è tutto vero. Gli investimenti nel campo della ricerca e sviluppo tecnologico effettuati, principalmente dai paesi NATO, durante il periodo della guerra fredda, hanno prodotto questi "significativi" risultati. Nell'ultimo decennio ne hanno inventate di nuove, si tratta di armi vere e proprie, almeno secondo la legge italiana, studiate, progettate ed impiegate con lo scopo primario di inabilitare le persone, i mezzi ed i materiali, rendendo teoricamente minima la possibilità di causare danni permanenti. Al di là della definizione e degli aggettivi utilizzati per presentarle come strumenti innocui, come evidenzieremo in seguito, non sono affatto esclusi "danni collaterali".
Due gli impieghi prioritari. Nel primo si prefigura uno scenario di guerra dove, come si legge in un editoriale dalla Rassegna dell'Arma (n. 4 /2003), è opportuno "aumentare la credibilità delle forze di pace fornendo ai Comandanti ulteriori opzioni militari per la gradualità della risposta al di sotto della soglia di letalità; - consentire al personale del contingente militare di non apparire come una forza di occupazione contribuendo alla positiva immagine del proprio Paese e/o della coalizione internazionale verso la popolazione locale, le opposte fazioni e gli operatori della pubblica informazione".
Una specie di guerra "militarily correct" dove si vuole evitare di mostrare la prevaricazione e la violenza esercitate dagli eserciti, non tanto nei confronti dei propri corrispettivi sul fronte opposto, ma verso i civili che, di fatto, sono le vittime predestinate in ogni conflitto.
Il secondo ambito d'utilizzo è quello relativo alle operazioni di ordine pubblico poiché queste armi sono adatte a "compiti di contenimento di folle di rivoltosi oltre che per l'identificazione e l'isolamento dei facinorosi resi inoffensivi".
Nessuna novità, dunque, siamo sempre nel pieno esercizio della repressione dentro e fuori i confini patri.

Uso "esterno" e uso "interno"
Alcuni di questi strumenti "inabilitanti" sono, già da tempo, in dotazione ai reparti militari statunitensi e ai reparti antisommossa di molte forze di polizia americane, altri vengono utilizzati a titolo sperimentale. Armi non letali sono state usate dall'esercito americano in Somalia durante l'operazione "Restore Hope" del 1995 e, più recentemente, in Iraq.
Non più tardi di un anno fa, un ministro della compagine Bush, Michael Wynne, proponeva di sperimentare i nuovi prototipi sui cittadini statunitensi, magari per far fronte a situazioni di scontri urbani, prima di impiegarle sul campo di battaglia oltre confine. La sua ipotesi, che non sappiamo quale seguito abbia avuto, sarebbe stata tesa ad evitare proteste internazionali nel caso in cui queste armi non letali potessero, scusate la contraddizione, uccidere qualcuno!
«Se non siamo pronti a usare questo tipo di armi contro i nostri concittadini, allora non dovremmo usarle in un contesto di guerra» aveva detto Wynne. Siamo certi, alla luce di tutte le "eroiche imprese" dell'US Army di cui siamo stati testimoni negli anni, che la sua preoccupazione fosse più volta a favorire un rapido impiego delle NLW nelle piazze, più che al rischio di sollevare le critiche della diplomazia internazionale di fronte a qualche altro "morto collaterale".
Ma non sono solo gli statunitensi a battere questa strada, altri eserciti e polizie usano e sperimentano armi non letali: i britannici, ad esempio, come i sovietici, prima, e i russi poi. Tutti ricorderanno l'intervento delle forze speciali russe in occasione del blitz nel teatro moscovita dove i ceceni avevano preso in ostaggio attori e pubblico; in quel caso, probabilmente, ci fu un errata valutazione nel dosaggio dei gas paralizzanti, almeno in relazione al numero di morti finale.

Tra guerre umanitarie e missioni di pace
Certamente nel panorama odierno è difficile orizzontarsi, i conflitti vengono gestiti in maniera diversa che in passato. Tra "guerre umanitarie" e "missioni di pace" i militari, ieri invasori, oggi paladini della libertà e della democrazia, si trovano spesso a fronteggiare manifestazioni di civili e non solo reparti militari più o meno convenzionali. Comunque, rimanga tra noi, nessuno crede che queste armi siano state studiate per l'utilizzo sul campo di battaglia di uno scontro bellico tradizionale al fine di evitare vittime inutili. Nessun militare, armato fino ai denti con armi convenzionali adatte ad uccidere, userebbe mai contro un altro militare, altrettanto armato ma con la divisa di un altro colore, una semplice scarica stordente. I nemici servono morti, i prigionieri sono utili solo in alcuni frangenti, altrimenti sono un intralcio ed una spesa. Il nemico va eliminato fisicamente e la guerra è vinta da chi infligge più danni al nemico, pozzi petroliferi esclusi.
Sono invece le proteste non funzionali al controllo del territorio, quelle contrarie all'ordine costituito, a non essere ben tollerate dal potere. Che i manifestanti siano ceceni, iracheni, afgani o somali renitenti a sottomettersi alle forze degli eserciti stranieri, oppure cittadini cileni, birmani, americani o italiani "inquieti" all'interno dei propri confini, la repressione deve essere esercitata il più elegantemente possibile.
In una fase interlocutoria, è meglio dissuadere senza lasciare morti nelle strade o segni di violenza sui corpi.
Le armi non letali sembrano rispondere perfettamente a queste esigenze, risultano "convincenti" nella loro versione soft ma, in caso di necessità, attraverso un uso più spinto ritornano ad essere strumenti di morte. La loro particolarità è quella, grazie alla filosofia con cui sono state concepite, di minimizzare a priori la responsabilità omicida di chi le usa.
Anche quando si cercasse il morto, non ci sarebbe più bisogno di sostenere l'ipotesi dell'inciampo del tutore dell'ordine per giustificare i proiettili vaganti e nemmeno quella del colpo sparato in aria che rimbalza su un palo. Per spiegare all'opinione pubblica gli eventi più tragici sarà sufficiente appellarsi all'effetto collaterale di una NLW.

Una sorta di catalogo
Pur senza scendere nei particolari, può essere utile conoscere meglio le caratteristiche dei futuri strumenti del controllo sociale.
Il catalogo delle armi non letali comprende:
- Laser a bassa energia. Hanno lo scopo di accecare gli individui in modo temporaneo. Il problema consiste nel regolare opportunamente la potenza e la frequenza del fascio, dato che la soglia che separa l'effetto temporaneo da quello permanente non è ben definita e probabilmente varia da persona a persona.
- Mina immobilizzante Quando "esplode" chiude la vittima in una rete. Tra i "miglioramenti" già sperimentati: l'aggiunta di materiale adesivo o irritante, di elettroshock o di un effetto lama di rasoio che costringe le persone colpite a rimanere completamente immobili per evitare ulteriori ferite laceranti.
- Supercolle, schiume paralizzanti. Utilizzabili con una sorta di fucile ad aria compressa che spruzza fino ad una distanza di qualche decina di metri sostanze collose che, nel giro di alcuni secondi, solidificano bloccando completamente i movimenti di chi ne venga ricoperto. Se lanciate contro il viso possono causare la morte per soffocamento, qualora vadano ad ostruire le vie respiratorie dei soggetti colpiti. La fase di rimozione dalla pelle avviene attraverso l'uso di un solvente.
- Sistemi acustici. Un fascio di vibrazioni ultrasoniche può trasportare una quantità considerevole di energia che interagisce con vari equilibri biologici del corpo umano. Fasci ultrasonici di opportuna frequenza possono mettere in risonanza gli organi dell'equilibrio, provocando vertigini o nausea, o l'intestino, provocando un'incontenibile diarrea.
A distanza ravvicinata possono causare danni permanenti agli organi interni. La pistola Vortex, ad esempio, emette onde d'urto verso il corpo umano che, a seconda della regolazione d'intensità, possono provocare un lieve fastidio oppure, raggiunti i 170 decibel, ledere organi interni, creare cavità nel tessuto umano e causare traumi potenzialmente letali.
- Il Taser è una pistola che trasmette scosse elettriche da 25 mila volt, è già in dotazione alla polizia di alcuni stati americani e alla polizia inglese. Secondo l'azienda produttrice, chi viene colpito da questa scarica sarà poi in grado di rialzarsi senza riportare conseguenze. Ma secondo Amnesty International i morti negli Stati Uniti, provocati dal taser, sarebbero stati 152 tra 2001 e il 2006.
- Munizioni di gomma e plastica. Tra le altre sono state progettate munizioni "doppio uso", che a seconda della velocità con cui vengono sparate possono essere letali o non-letali. Uno dei fattori di rischio più rilevanti è la distanza dell'individuo, colpito, da chi spara. Ovviamente, più sono vicini, più il colpo potrebbe essere fatale.
- Active Denial System, detto anche "il raggio del dolore" è un raggio di microonde irradiato da un grande riflettore, generalmente montato sopra un Humvee (veicolo militare in dotazione alle Forze Armate USA simile ad una grossa jeep). Irradia un cono di due metri di raggio fino a circa 1000 metri di distanza. Le microonde penetrano poche frazioni di millimetri sotto la pelle provocando una sensazione di forte bruciore. Qualcuno sostiene, però, che ad una maggior intensità queste onde possano cuocere le cellule proprio come accade in un forno a microonde.
- Strisce di sostanze collanti o scivolose per bloccare o impedire il passaggio lungo i confini di eventuali "zone rosse" sia alle persone che ai mezzi.
- Munizioni speciali caricate a vernice che permetterebbero di rendere facilmente distinguibili i manifestanti rendendone possibile l'identificazione ed arresto anche dopo la fine della protesta.
- Impulsi luminosi ad alta intensità e luci stroboscopiche (note anche come Dream Machine), in grado di disturbare temporaneamente la frequenza delle onde cerebrali umane, causando vertigini, disorientamento e nausea.
- Gas irritanti gas al pepe (oleoresin capsicum o OC). Il suo impiego sta rapidamente aumentando, nonostante uno studio dell'esercito statunitense evidenzi possibili "effetti mutagenici, effetti cancerogeni, ipersensività, intossicamento cardiovascolare e polmonare, intossicamento nervoso, come anche possibilità di morte".

Una violenza mascherata
Al di là delle caratteristiche, è evidente che anche la dichiarata non-letalità di queste armi non è per nulla scontata, gli effetti di un loro uso improprio, o l'utilizzo su soggetti più deboli come: persone affette da patologie, donne incinte o bambini, potrebbero risultare letali. Tutti da verificare sarebbero pure gli eventuali effetti a lungo termine.
In generale possiamo sostenere che la nuova tecnologia della repressione offra nuovi strumenti che ampliano le potenzialità del controllo sociale; prendendo di mira tanto la volontà e la mente quanto il corpo, si può ottenere l'obiettivo di demolire il dissenso mascherando il livello di violenza impiegato.
L'impiego sistematico delle NLW potrebbe determinare l'eliminazione dell'espressione pubblica di ogni forma di dissenso.
In alcuni frangenti della storia alcuni scenari prima impensabili possono materializzarsi molto velocemente, pensiamo ad un ulteriore giro di vite repressivo che, in un contesto come l'attuale, potrebbe essere giustificato grazie all'emergenza terrorismo; una situazione in cui i confini che il potere traccia tra chi manifesta la propria opposizione e chi viene automaticamente arruolato tra i fiancheggiatori dei "kamikaze" è molto tenue e flessibile, ed eccoci sotto il fuoco delle "armi buone".
Comunque, anche senza considerare ulteriori involuzioni delle presunte democrazie occidentali, per i regimi, apertamente oppressivi, tali armi costituiscono, senza ombra di dubbio, un ulteriore potente strumento per il controllo di ogni dissidenza con il duplice risultato di poter bloccare le proteste e contemporaneamente evitare scomodi massacri alla luce del sole e delle telecamere.
Senza considerare che i regimi potrebbero utilizzare le armi non-letali anche per ampliare la gamma degli strumenti di tortura o per provocare deliberatamente una risposta non pacifica dei dimostranti creando, in tal modo, un pretesto per passare da una forza che inabilita le persone a una che le uccide. La flessibilità di alcune di queste armi nel passaggio da intensità non letale a letale porrebbe, quindi, le polizie a un passo dall'eseguire esecuzioni per strada senza sollevare lo sdegno dell'opinione pubblica.

MarTa


Fonti:
Atti del Convegno "Scudo spaziale, Industria Bellica, Tecnologie Militari: quale utilità, quali interessi in campo?" Tenutosi il 24 Settembre 2001 al Politecnico di Torino
Rassegna dell'Arma n.4 /2003
http://www.ecn.org/filiarmonici/nonletali-2000.html
Le Tecnologie del controllo politico di Robin Ballantyne
web.infinito.it/utenti/i/interface/NLW.html

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