Umanità Nova, n.6 del 17 febbraio 2008, anno 88

La Strage di Erba e i suoi mandanti. Il seme dell'odio


Il 24 gennaio è stato pubblicato il rapporto Eures-Ansa sull'andamento degli omicidi volontari (dati aggiornati al 31 dicembre 2006) che ha confermato l'Italia come uno dei paesi più sicuri d'Europa. Con le sue 616 vittime, il 2006 è stato infatti l'anno della storia italiana col minor numero di omicidi, da quando nel 1862 venne compilato il primo rapporto del Ministero degli Interni e furono registrate 623 vittime di omicidio in tutto il Regno d'Italia (che allora non raggiungeva i venti milioni d'abitanti). In rapporto alla popolazione, solo in Norvegia vi è un indice di rischio inferiore (0,7 contro l'1,0 di Italia, Danimarca, Germania, Spagna; 1,3 di Gran Bretagna; 1,6 della Francia; 2,6 della Svezia; 5,6 degli Usa).
La clamorosa notizia è rimasta confinata nei dispacci delle agenzie. Solo Liberazione vi ha dedicato un articolo ed alcuni quotidiani l'hanno inserita tra le "brevi", tenendola nascosta al grande pubblico dei media per cui tutti i giorni vengono imbastiti truculenta cronaca nera ed allarmi disperati sulle torme di immigrati, drogati, pedofili, giovinastri viziosi e delinquenti appena usciti dal carcere con l'indulto che assediano le città.
Basta un po' andare in giro per le strade per scoprire che, purtroppo, gli italiani ci credono. Nei bar, sui treni, nei posti di lavoro i discorsi forcaioli flottano come nei tg e nelle dichiarazioni dei politici…
Così nelle nostre strade ci sono sempre più polizia e telecamere di sorveglianza, a neanche un anno e mezzo dall'indulto le carceri sono di nuovo piene, i reparti psichiatrici si riempiono di persone colpite da TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio = ricovero coatto) per aver girato ubriache per strada o per aver risposto male a uno sbirro, i campi rom vengono sgomberati un giorno sì e l'altro pure, le squadracce fasciste e leghiste attaccano impunemente gli immigrati, i gay e i tossici, mentre in Parlamento vengano approvate leggi che legalizzano l'omicidio (quella sulla legittima difesa: basta avere il porto d'armi e sentirsi "minacciati" per poter sparare a vista su chi osa varcare la sacra soglia della proprietà privata, anche se è disarmato), leggi che criminalizzano le scelte di vita ed i comportamenti individuali (la Legge Fini sulle droghe, che mettendo sullo stesso piano droghe leggere e droghe pesanti ha avuto come unico effetto quello di inondare la penisola di cocaina ed eroina a basso prezzo) ed anche la riedizione delle leggi razziali con il decreto anti-rumeni. E intorno cresce un clima di intolleranza sociale di cui sono solo una pallida testimonianza le fiaccolate e le marce organizzate in tutte le città d'Italia da sedicenti Comitati Cittadini (in realtà spesso "gestiti" da militanti di AN e della Lega) contro i campi-nomadi, "il degrado", le prostitute, "la droga" e tutto quanto può turbare le luride fantasie di chi pensa che la vita debba essere soltanto casa-lavoro-tv.

C'è un termine della criminologia anglosassone, "hate crimes" che letteralmente significa "delitti dell'odio" e che indica gli omicidi che hanno per vittime persone appartenenti a minoranze etniche, religiose, culturali, sessuali e politiche oggetto di discriminazione, di pregiudizi e di "odio sociale". Hate Crimes sono tanto quelli commessi da gruppi organizzati (le impiccagioni del Ku Klux Klan) quanto quelli commessi da singoli individui che però scelgono come vittime persone odiate per motivi "sociali" (uno dei casi più famosi è quello di Zodiac, il serial killer che a San Francisco negli anni Settanta uccideva gli hippy e i vagabondi).
Se i giornalisti italiani pensassero meno a raccontar balle e più a documentarsi, probabilmente scriverebbero che è un hate crime la Strage di Erba per cui è iniziato in questi giorni a Como il processo che vede come imputati Olindo Romano e sua moglie Rosa Bazzi per il quadruplice omicidio e per il tentato omicidio avvenuti nella città lombarda l'11 dicembre 2006.
Poco prima delle otto di sera in pochi minuti Raffaella Castagna, suo figlio Yousef di 2 anni, sua madre Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini accorsa assieme al marito Mario Frigerio, (rimasto gravemente ferito), alle grida delle prime vittime furono uccisi ed un incendio venne appiccato alla casa. In un primo momento venne sospettato il marito di Raffaella Castagna, Abdel Fami Marzouk di aver compiuto la strage. Marzouk, venticinquenne tunisino, "spacciatore" appena uscito dal carcere grazie all'indulto, era il colpevole perfetto per i media di regime e venne subito indicato come il responsabile dell'atroce massacro nell'appartamento in via Diaz, anche se il suocero aveva avvertito gli inquirenti che il genero era in Tunisia e che non poteva essere stato lui.
Dopo alcune settimane, però, il ritrovamento delle "tracce ematiche" di Rosa Bazzi spinse i carabinieri ad indagare su lei e il marito, mettendo delle cimici ambientali che registrarono le loro parole: «Adesso si che possiamo dormire», «Si sta proprio bene», «Senti che silenzio». Mario Frigerio, inoltre, uscì dal coma e riconobbe in Olindo il suo aggressore. Dopo essere arrestati, fu Rosa Brazzi a spiegare ai magistrati cosa avvenne quella sera, descrivendo tra l'altro i metodi usati (presi dai telefilm sulla polizia scientifica) per non lasciare tracce e dichiarando di aver fatto tutto perché i suoi vicini «facevano chiasso».
Anche se nella prima giornata del processo (nel palazzo di giustizia di Como, affollato fin dalle prime ore della mattina da un grande numero di curiosi, desiderosi di assistere dal vivo allo show), i coniugi Romano hanno ritrattato le loro confessioni, appare comunque improbabile che non siano loro i colpevoli della strage.
Olindo e Rosa, lui netturbino ligio al dovere (il giorno dell'arresto il suo caposquadra ha dichiarato ai giornali "non ha mai fatto un giorno di sciopero e neanche un giorno d'assenza per malattia"), lei casalinga perfetta famosa per la sua abilità nelle pulizie e nelle faccende domestiche, avevano più volte dichiarato la loro ostilità nei confronti dello "spacciatore" tunisino e soprattutto di sua moglie, del suo entourage familiare e perfino dei coniugi Frigerio colpevoli soltanto di non condividere il loro odio.
Olindo e Rosa, che dopo aver ucciso quattro persone, se ne vanno a cenare in un McDonald's, tornano a casa, trovano i pompieri e le ambulanze e vanno subito a farsi intervistare dalle televisioni sono gli agghiaccianti campioni di una "normalità" che esiste solo nelle menti di chi pensa che sia normale lavorare senza scioperare, cercare la felicità in una casa che assomiglia a quella della pubblicità e dove la sera si sente solo il rumore della TV. Non per niente in carcere ricevono ogni settimana (come ha scritto premurosamente il Quotidiano Nazionale qualche mese fa) "decine, se non centinaia" di persone che scrivono per dirgli che in fin dei conti hanno fatto bene. E se il criminale leghista Borghezio ha detto che la strage di Erba è "effetto dell'esasperazione per l'immigrazione clandestina", anche l'ex comico e neoguru Beppe Grillo nella sua rubrica sul mensile ecologista Aam Terranuova ha avuto parole di comprensione per Olindo e Rosa, vittime "a loro volta dell'eccesso di rumore del nostro tempo"…

Paul Carter, uno dei più noti criminologi americani ha detto che "a commettere hate crimes sono spesso persone che sentono minacciata la loro normalità dalle loro vittime, considerate devianti e pericolose in base ad una serie di pregiudizi sociali spesso determinati dai media o da gruppi politici razzisti e che predicano la tolleranza zero". Se Olindo e Rosa sono molto probabilmente gli esecutori materiali della strage di Erba, i media di regime che con la disinformazione pornografica alimentano paura, rancore, intolleranza e odio, certo sono tra i mandanti.

robertino

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